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giovedì 3 marzo 2011

In un giro di Rolex. O poco più.

Ho scoperto che il sogno di ogni Milanese, il giro Milano-Santa-Courma, misura 466 km. E mi sono fatto una risata.
Ho scoperto che farsela di corsa tra Parigi e Londra, a parte il problema di chi deve dare la precedenza a chi tra me e il treno sotto al tunnel della Manica, sarebbe una passeggiata di 456 km. Ridicolo.
Ho scoperto anche che se scappi dai tori a Pamplona e già che ci sei, spinto dall'adrenalina, decidi di proseguire verso Barcellona per andare a fare serata, devi correre appena 481 km. Robetta.

Mi sono dato al gioco delle distanze perché l'altro giorno ho fatto ordine nella mia tabella. Ho deciso di impilare uno sull'altro tutti i km che ho corso in queste sedici settimane di preparazione verso Roma. Così, tanto per ribaltare la mia prospettiva e vedere che effetto facevano messi tutti lì, in fila. Li ho sommati, calcolatrice alla mano.
Beh, fanno effetto. Sono 558.

Poi memore dei miei trascorsi da pendolare tra Roma e Milano mi si è accesa una lucina, che è diventata curiosità impellente e presagio astrale. E ho fatto un'altra scoperta.
Sono andato su Google Maps per misurare la distanza esatta tra casa mia a Milano e via dei Fori Imperiali a Roma, luogo di partenza della gara.
Sono 584 km.

Come (quasi) coincidenza non è male, dovete ammetterlo. Alla fine del mio programma di allenamento avrò corso più o meno gli stessi chilometri che avrei dovuto percorrere per andare a piedi da casa mia alla linea di partenza della Maratona di Roma.
C'è una specie di predestinazione in questa congiunzione chilometrica.

Non lo sapevo, ma a partire dal primo allenamento di fine novembre avevo di fatto lasciato Ticinese, mi ero avviato verso Assago e poi, un po' per volta, ero arrivato a Melegnano, avevo fatto a tappe l'Emilia, a Bologna avevo svoltato verso l'Appenino, Firenze, poi giù verso la Maremma. Da poco ho passato Viterbo, ora sono più o meno dalle parti dei Castelli e il Grande Raccordo Anulare è ormai in vista.

Roma, ti ho quasi raggiunto.



lunedì 28 febbraio 2011

Triplete!

Ci siamo lasciati che avevo corso 20 minutini leggeri leggeri su un tapiro urlante.

Il motivo? Una contrattura all'adduttore della coscia destra che mi aveva spaventato e reso irritabile come non mai. A 20 giorni dalla Maratona, con l'unico allenamento lunghissimo (30 chilometri) ancora da fare, avrebbe potuto essere il coup de grace ai miei sogni di gloria.

Venerdì ho lasciato le gambe a riposo. Il mio umore, tuttavia, ha iniziato a migliorare sin dalla mattina. Non avevo indolenzimenti particolari, nè gonfiori nè indurimenti muscolari. La notizia non era scontata, perché mercoledì mattina, dopo soli dieci minuti di ciclette, avevo un bozzo durissimo che protundeva minaccioso e dolente.

Sabato, approfittando della bellissima giornata, ho corso. Corsa vera. Se pur a ritmi molto blandi. Con la collega di Studio abbiamo fatto volta verso il Parco Sempione, dove una decina di chilometri sono volati insieme all'amico Cristiano che, tra la vecchia Biblioteca del Parco e Piazza del Cannone, cercava stimoli e motivazioni per portare a termine il suo ennesimo lungo da trenta e passa chilometri. Mi ha rifilato, as usual, una pasticca di integratori da mandare giù.

Poi abbiamo incontrato un runner che indossava, con scarsissima disinvoltura, un paio di pantaloni che, e cito letteralmente, "Anche Freddy Mercury si sarebbe rifiutato di indossare". Tra l'altro il tipo ci supera sprezzante mentre attendiamo il verde a un semaforo.
Abbiamo lavato l'affronto nel sudore.
Raggiunto l'inguardabile, gli abbiamo fatto mangiare la nostra polvere. Addio ritmi blandi, e tanti saluti a quella che avrebbe dovuto essere solo una breve e rilassante corsetta di riavvicinamento.
Torno a casa con circa 15 chilometri nelle gambe. Gli ultimi 3 ho sentito fastidio, ma appena smetto di correre passa tutto e non ho postumi di alcun tipo.

Arrivato nell'antro domestico, preparo veloce una valigia e parto alla volta dei Monti. Destinazione Courmayeur.

Domenica mattina ore otto e trenta prendo una funivia e tra un fiocco di neve e l'altro provo a fare una discesa in snowboard. Circa otto ore dopo, alle quattro e quaranta del pomeriggio inizio a sentire i primi sintomi della soddisfazione e, in un trionfo di sole e cielo blu cobalto, affronto l'ultima discesa. Le gambe sono rigide, ma l'adduttore sta bene. L'umore è a mille e le paure dell'ultima settimana sono un lontano ricordo.

Questa mattina la sveglia suona alle sette. Mi alzo e inizio a prepararmi per andare in Studio. Poi, improvviso, un lampo. Perché non correre? Cerco qualche obiezione, ma non ne trovo. E allora scarpette, pantaloncini e maglietta magicamente mi appaiono indosso. Esco a bagnarmi il viso di una pioggerellina sterile che nulla può contro il desiderio ritrovato.

L'asfalto scompare sotto la suola delle mie Asics e altri dieci chilometri finiscono nel carniere.

Tre giorni, tre uscite, tre successi. E questo week end, finalmente, salvo ulteriori imprevisti, i trenta chilometri.