Vi eravate convinti che stessimo sonnecchiando compiaciuti.
Cullati dagli allori delle nostre imprese di marzo e aprile.
Coinvolti nello scandalo del Corsa Scommesse (per inciso, ci sono alcuni sospetti che coinvolgono Piovono Runners e in specie la mancata partecipazione all'ultimo momento di Nizza alla staffetta di Milano)
Fiaccati dall'ira degli dei che hanno scaricato sulla terra piogge tropicali per punire i milanesi dell'empia scelta elettorale (ma prima di spaventarci seriamente aspettiamo ancora l'invasione delle cavallette di luglio e la moria delle vacche, prevista per agosto).
Invece no.
Eravamo impegnati a tessere trame per portare Piovono Runners sempre più in là.
Il nostro reparto marketing ci ha fatto notare che eravamo ancora deboli sul mercato siciliano, nonostante le mie incursioni catanesi. Per rafforzare il nostro appeal sull'isola ( e vendere più magliette) abbiamo acquistato il più grande podista emigrante milazzese sulla piazza. Uno che corre. Corre tanto. Corre bene. Corre anche all'indietro.
Si chiama Valerio e corre sul serio (questa l'ha studiata il marketing e apparirà sul davanti delle magliette)
Sempre la nostra attivissima direzione marketing ritiene che in due anni saremo riusciti a venderlo come l'Haile Gebreselassie bianco della Sicilia Orientale. La proiezione dei ricavi attesi, provenienti dai premi che vincerà e dalle magliette che venderemo, dice che entro tre anni io, Carlo e Nizza potremo ritirarci a vita privata a St. Barth, bevendo Pinacolada dentro noci di cocco placcate oro, mentre lui continuerà a correre e a produrre profitti.
Che poi era l'obiettivo per cui avevamo creato Piovono Runners, fin dall'inizio.
Ma ci stiamo muovendo anche su un altro fronte. Più serio dello sfruttamento di Valerio (questa rima mi piace un sacco).
E' tutto vero, giuro.
Siamo stati contattati da alcune persone che stanno per lanciare sul mercato creme e prodotti per la corsa. Mi sono state consegnate, in gran segreto, due confezioni anonime che riportavano semplicemente, e rispettivamente, le scritte PRE e POST, a pennarello.
Ok, non sono proprio degli sconosciuti e non è stata una scena tipo uomo di mezza età che regala caramelle fuori dalle scuole elementari.
Mi sono fidato.
Prima le ho testate su Carlo e Nizza, ovviamente a loro insaputa. Ho diluito la crema PRE nello Spritz di Carlo e quella POST nel Montenegro di Nizza.
Entrambi hanno digerito senza problemi. La fidanzata di Nizza mi ha anche detto che misteriosamente quella sera lui aveva russato meno del solito.
Ho quindi deciso che potevo provarle su di me, in occasione della Mezza di Asti.
La prova spalmaggio era molto più delicata di quella ingestione.
A dispetto del mio fisico statuario e della mia imbarazzante bellezza virile, ho una pelle molto sensibile. In occasione della mia laurea venni goliardicamente spalmato di miele e trenta secondi dopo ero ricoperto di pustole come un lebbroso. Tanto per dire.
Ho proceduto all'applicazione del misterioso unguento PRE poco prima della gara. Con i tempi e con le quantità sono andato totalmente a caso, visto che, come scrivevo lassù, la confezione era anonima, priva di nome come di indicazioni di utilizzo.
Bella sensazione, ha aiutato i muscoli ad entrare in temperatura e, credo, mi abbia anche supportato nel gestire il risentimento al polpaccio con il quale ero arrivato alla gara (insomma, diciamo che non l'ho mai sentito durante tutta la corsa).
Alla fine mi sono spalmato pure la POST. Fresca, tonificante, sempre misteriosamente bianchiccia. Non ho avuto nessun postumo, nè dolore e ho recuperato le fatiche muscolari molto velocemente.
Sicuramente molto è merito del mio fisico fuori dalla norma, come scrivevo prima, ma anche le misteriose creme credo che abbiano fatto il loro dovere.
Superato l'auto beta testing, sono tornato tornare dal nostro oberatissimo reparto marketing, li ho distolti per un attimo dalle strategie di lancio dei nuovi slip da corsa Scollati (il nome evidenzia il fatto che fanno parte della linea dedicata a Valerio), e ho discusso con loro l'eventuale prosecuzione di una collaborazione con i misteriosi produttori di creme.
Si sono detti favorevoli, ma vogliono un ulteriore riprova dell'efficacia del prodotto.
Immergeremo Nizza con una carrucola in un bidone pieno della crema PRE.
Se, una volta estratto dopo qualche ora di marinatura, ricomincerà ad aver voglia di correre, il deal verrà chiuso.
E chiameremo anche il Vaticano, per annunciare il miracolo.
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Per contattarci:
piovonorunners@gmail.com
venerdì 17 giugno 2011
mercoledì 15 giugno 2011
Io tornai, io tornASTI (con FOTO)
Ci ho messo solo due settimane a pubblicare questo resoconto sulla Mezza di Asti.
Quindi saprete già tutto sulla mia gara. La copertura mediatica è stata ingente, in effetti.
Il paginone centrale della Gazzetta con la foto del mio arrivo, l'intervista su Vanity Fair nella quale rivelavo i segreti del mio glamouroso stile di corsa e quelle dichiarazioni al Tg4 con le quali ho portato alla luce il problema delle infiltrazioni bolsceviche nel podismo astigiano.
Ecco un ritaglio di giornale che mi ritrae alla fine della gara. Ho lasciato la gazza sul parabrezza dell'auto e s'è ingiallita.
Solo questo blog, ormai dominato dall'invidia oscurantista di Carlo, non ha dedicato il giusto spazio alla mia impresa.
Ma adesso ve la racconto io, tranquilli.
Non è stata una gara. Mi vergognerei a definirla tale dopo tutto l'impegno che nell'ultimo anno ho messo nel preparare i vari appuntamenti.
E' stato un bellissimo weekend enogastronomico in campagna, condito dalla partecipazione alla Mezza di Asti.
Coerentemente con questa definizione, la mia preparazione delle settimane precedenti era stata molto più focalizzata sull'arrivare preparato alla parte enogastronomica che alla parte podistica.
Mangiate, bevute. E qualche corsa, quando proprio non trovavo scuse migliori per ingrassare.
La sera prima della gara ho seccato due bottiglie di Ruchè (vino memorabile: se non lo sapevate, sapevatelo d'ora in poi) e ingurgitato una cena luculliana.
Il mattino della gara, alle 7, ho mangiato un quarto intero di una tarte tatin da urlo. Poi ho preso la macchina e sono andato ad Asti.
Ad Asti avevo già corso l'anno scorso. E' una piccola mezza maratona, organizzata benissimo. Ha un percorso misto città-campagna abbastanza probante e un pacco gara che include una bottiglia di vino. Geni.
Vi partecipano una media di 400 persone e io per il secondo anno consecutivo ero una di loro.
Ho corso soft, consapevole dei miei limiti attuali. Per la prima volta sapevo che non avrei abbassato il mio personale. Era sempre stato quello il motore delle mie partecipazioni alle precedenti gare: migliorarmi. Correre senza questo obiettivo mi ha regalato prospettive nuove. Da un lato toglie un po' di sapore alla sfida, dall'altro però libera la mente all'ossessione del cronometro e permette di godersi di più l'esperienza.
Nella prima metà di gara ho posato gli occhi sulle schiene di due runners di Alba che correvano appaiati e ho deciso di pedinarli. Avevano il ritmo giusto per me, mi sono sincronizzato con loro e ho smesso di pensare all'andatura.
Poi verso metà gara l'accoppiata s'è spezzata: uno è partito, l'altro s'è inchiodato. Il divorzio della coppia a cui mi ero aggrappato per tutta la prima parte di gara ha scosso le mie certezze. Indeciso se stare con la mamma o con il papà, alla fine ho optato per la terza via: ho superato lo scoppiato e ho guardato serenamente quello veloce mentre spariva all'orizzonte.
La seconda metà di gara riservava soprattutto due stimoli: il salitone del 18esimo chilometro e la bagarre dell'arrivo. Insomma, vero che non avevo ambizioni in questa gara, ma senza qualche iniezione di adrenalina competitiva il tutto sarebbe diventato troppo simile a un picnic agreste.
Il salitone è letale, un lungo rettilineo con una pendenza importante che si palesa strafottente e merdaiolo a pochi minuti dall'arrivo, dopo un'intera gara trascorsa tra le seduzioni placide e piatte della campagna. E invece bam!, giri un angolo e lui è lì, costellato di podisti piegati, ansimanti, retrocorrenti (per dirla con Valerio).
Ed è proprio questo il bello.
Perché io sono fatto così: magari mi inchiodo a metà di un noioso e facile rettilineo per rifiatare, ma quando vedo una parte di percorso preferibilmente in salita e ancor più preferibilmente affollato di gente che sta tirando le cuoia, mi esalto e alzo il ritmo.
No, non è un atteggiamento nobile. Puntare gli animali zoppi e morenti e irriderli è più roba da iene che da leoni.
Ma è anche il cerchio della vita, volendo rimanere in tema di fatalismo da savana. Almeno io non mi incazzo quando qualcuno mi supera mentre c'è qualcun altro che la prende molto, molto male...
E questo ci porta al secondo degli stimoli dell'ultima parte di gara: l'arrivo. Ad Asti l'arrivo è particolarmente adatto ad aizzare la competitività perchè prevede un giro quasi completo sulla pista d'atletica di un centro sportivo.
Pochi metri dopo essere entrati in pista, decido di superare il tizio che mi precede, il quale appare oggettivamente in debito, e di dedicare il resto del giro a sbracciarmi in maniera smodata e a tirar fuori la lingua per salutare i miei tifosi (la Bionda, mia sorella e il grande Francesco). Eseguo il sorpasso. Tra me e il traguardo non c'è più nessuno di raggiungibile, mancano circa 300 metri e mi rilasso.
A 150 metri dal traguardo, mentre limono a distanza con la mia fidanzata in tribuna, sento delle vibrazioni sulla pista.
Asti non è zona particolarmente sismica.
C'è il sole, pure troppo, e non tuona.
Non ho scoreggiato.
Giro la testa. In pieno omaggio a George A. Romero lo zombie runner, che avevo creduto morto dopo il sorpasso, mi sta inseguendo con gli occhi iniettati di sangue e una falcata disperata e rabbiosa.
Mai sottovalutare l'orgoglio ferito, soprattutto in un arrivo sotto una tribuna in cui probabilmente si annidano mogli, fidanzate e amici anche di tutti gli altir podisti, spettatori di fronte ai quali nessuno vuole farsi vedere sbeffeggiato e superato.
Comincia da quel momento un insensato, demenziale e incazzatissimo sprint per aggiudicarsi la 151° posizione in classifica. Due relitti umani (perché anch'io ero bello cotto in quel momento) che muovono gambe e braccia forsennatamente e che non vorrebbero affatto farlo - diciamolo - ma desidererebbero semplicemente godersi l'arrivo e il transito verso il buffet. Peccato che di mezzo ci sia l'orgoglio.
L'ORGOGLIO DEL 151° CLASSIFICATO.
Roba grossa.
Roba di fronte alla quale chi sprinta per partire prima al semaforo o chi cerca di scavallare una fila per entrare prima di te, sembra una persona sobria, equilibrata e supportata da nobili principi.
Insomma, siamo al livello ultimo del machismo: rischiare uno strappo per giocarsi il 151° posto.
Potevo lasciarlo vincere, dimostrando il mio raffinato distacco da queste questioni meschine.
Avrei dovuto.
Sto cazzo.
Ho vinto io.
Di un centesimo di secondo, come riportano le classifiche ufficiali.
Un centesimo che è bastato a far implodere millenni di scolarizzazione umana e a riportare in auge la legge della giungla.
Ecco le immagini dell'ignobile sfida:
Per rendere l'idea della follia di questo sprint, alla fine in classifica io risulterò con lo stesso tempo dei due che mi precedono, e che dalla foto si vede che avevano dieci metri di vantaggio su di me a tre metri dall'arrivo.
Ecco "il vincitore"
...e la sua Bionda..
Il tempo ufficiale
Quindi saprete già tutto sulla mia gara. La copertura mediatica è stata ingente, in effetti.
Il paginone centrale della Gazzetta con la foto del mio arrivo, l'intervista su Vanity Fair nella quale rivelavo i segreti del mio glamouroso stile di corsa e quelle dichiarazioni al Tg4 con le quali ho portato alla luce il problema delle infiltrazioni bolsceviche nel podismo astigiano.
Ecco un ritaglio di giornale che mi ritrae alla fine della gara. Ho lasciato la gazza sul parabrezza dell'auto e s'è ingiallita.
Solo questo blog, ormai dominato dall'invidia oscurantista di Carlo, non ha dedicato il giusto spazio alla mia impresa.
Ma adesso ve la racconto io, tranquilli.
Non è stata una gara. Mi vergognerei a definirla tale dopo tutto l'impegno che nell'ultimo anno ho messo nel preparare i vari appuntamenti.
E' stato un bellissimo weekend enogastronomico in campagna, condito dalla partecipazione alla Mezza di Asti.
Coerentemente con questa definizione, la mia preparazione delle settimane precedenti era stata molto più focalizzata sull'arrivare preparato alla parte enogastronomica che alla parte podistica.
Mangiate, bevute. E qualche corsa, quando proprio non trovavo scuse migliori per ingrassare.
La sera prima della gara ho seccato due bottiglie di Ruchè (vino memorabile: se non lo sapevate, sapevatelo d'ora in poi) e ingurgitato una cena luculliana.
Il mattino della gara, alle 7, ho mangiato un quarto intero di una tarte tatin da urlo. Poi ho preso la macchina e sono andato ad Asti.
Ad Asti avevo già corso l'anno scorso. E' una piccola mezza maratona, organizzata benissimo. Ha un percorso misto città-campagna abbastanza probante e un pacco gara che include una bottiglia di vino. Geni.
Vi partecipano una media di 400 persone e io per il secondo anno consecutivo ero una di loro.
Ho corso soft, consapevole dei miei limiti attuali. Per la prima volta sapevo che non avrei abbassato il mio personale. Era sempre stato quello il motore delle mie partecipazioni alle precedenti gare: migliorarmi. Correre senza questo obiettivo mi ha regalato prospettive nuove. Da un lato toglie un po' di sapore alla sfida, dall'altro però libera la mente all'ossessione del cronometro e permette di godersi di più l'esperienza.
Nella prima metà di gara ho posato gli occhi sulle schiene di due runners di Alba che correvano appaiati e ho deciso di pedinarli. Avevano il ritmo giusto per me, mi sono sincronizzato con loro e ho smesso di pensare all'andatura.
Poi verso metà gara l'accoppiata s'è spezzata: uno è partito, l'altro s'è inchiodato. Il divorzio della coppia a cui mi ero aggrappato per tutta la prima parte di gara ha scosso le mie certezze. Indeciso se stare con la mamma o con il papà, alla fine ho optato per la terza via: ho superato lo scoppiato e ho guardato serenamente quello veloce mentre spariva all'orizzonte.
La seconda metà di gara riservava soprattutto due stimoli: il salitone del 18esimo chilometro e la bagarre dell'arrivo. Insomma, vero che non avevo ambizioni in questa gara, ma senza qualche iniezione di adrenalina competitiva il tutto sarebbe diventato troppo simile a un picnic agreste.
Il salitone è letale, un lungo rettilineo con una pendenza importante che si palesa strafottente e merdaiolo a pochi minuti dall'arrivo, dopo un'intera gara trascorsa tra le seduzioni placide e piatte della campagna. E invece bam!, giri un angolo e lui è lì, costellato di podisti piegati, ansimanti, retrocorrenti (per dirla con Valerio).
Ed è proprio questo il bello.
Perché io sono fatto così: magari mi inchiodo a metà di un noioso e facile rettilineo per rifiatare, ma quando vedo una parte di percorso preferibilmente in salita e ancor più preferibilmente affollato di gente che sta tirando le cuoia, mi esalto e alzo il ritmo.
No, non è un atteggiamento nobile. Puntare gli animali zoppi e morenti e irriderli è più roba da iene che da leoni.
Ma è anche il cerchio della vita, volendo rimanere in tema di fatalismo da savana. Almeno io non mi incazzo quando qualcuno mi supera mentre c'è qualcun altro che la prende molto, molto male...
E questo ci porta al secondo degli stimoli dell'ultima parte di gara: l'arrivo. Ad Asti l'arrivo è particolarmente adatto ad aizzare la competitività perchè prevede un giro quasi completo sulla pista d'atletica di un centro sportivo.
Pochi metri dopo essere entrati in pista, decido di superare il tizio che mi precede, il quale appare oggettivamente in debito, e di dedicare il resto del giro a sbracciarmi in maniera smodata e a tirar fuori la lingua per salutare i miei tifosi (la Bionda, mia sorella e il grande Francesco). Eseguo il sorpasso. Tra me e il traguardo non c'è più nessuno di raggiungibile, mancano circa 300 metri e mi rilasso.
A 150 metri dal traguardo, mentre limono a distanza con la mia fidanzata in tribuna, sento delle vibrazioni sulla pista.
Asti non è zona particolarmente sismica.
C'è il sole, pure troppo, e non tuona.
Non ho scoreggiato.
Giro la testa. In pieno omaggio a George A. Romero lo zombie runner, che avevo creduto morto dopo il sorpasso, mi sta inseguendo con gli occhi iniettati di sangue e una falcata disperata e rabbiosa.
Mai sottovalutare l'orgoglio ferito, soprattutto in un arrivo sotto una tribuna in cui probabilmente si annidano mogli, fidanzate e amici anche di tutti gli altir podisti, spettatori di fronte ai quali nessuno vuole farsi vedere sbeffeggiato e superato.
Comincia da quel momento un insensato, demenziale e incazzatissimo sprint per aggiudicarsi la 151° posizione in classifica. Due relitti umani (perché anch'io ero bello cotto in quel momento) che muovono gambe e braccia forsennatamente e che non vorrebbero affatto farlo - diciamolo - ma desidererebbero semplicemente godersi l'arrivo e il transito verso il buffet. Peccato che di mezzo ci sia l'orgoglio.
L'ORGOGLIO DEL 151° CLASSIFICATO.
Roba grossa.
Roba di fronte alla quale chi sprinta per partire prima al semaforo o chi cerca di scavallare una fila per entrare prima di te, sembra una persona sobria, equilibrata e supportata da nobili principi.
Insomma, siamo al livello ultimo del machismo: rischiare uno strappo per giocarsi il 151° posto.
Potevo lasciarlo vincere, dimostrando il mio raffinato distacco da queste questioni meschine.
Avrei dovuto.
Sto cazzo.
Ho vinto io.
Di un centesimo di secondo, come riportano le classifiche ufficiali.
Un centesimo che è bastato a far implodere millenni di scolarizzazione umana e a riportare in auge la legge della giungla.
Ecco le immagini dell'ignobile sfida:
Aggiungi didascalia |
Per rendere l'idea della follia di questo sprint, alla fine in classifica io risulterò con lo stesso tempo dei due che mi precedono, e che dalla foto si vede che avevano dieci metri di vantaggio su di me a tre metri dall'arrivo.
Ecco "il vincitore"
...e la sua Bionda..
Il tempo ufficiale
lunedì 13 giugno 2011
Una grande vittoria per il Paese
Degna di essere menzionata nella Gazzetta dello Sport di oggi 13 giugno 2011. A pagina 53. La mia vittoria nella gara di retrorunning.
Ero a Bassano del Grappa questo fine settimana. Per correre (Gazzetta Run da 10 km e Passeggiata di Sant'Eusebio da 20 km), per votare e soprattutto per mangiare.
La corsa.
Il tallone mi da ancora tormento. Bassano però è troppo bella per rinunciare a una corsa in centro. E tra i colli.
Sono carico per la 10 km, sabato pomeriggio, quando l'annunciatore chiede ai podisti in attesa del via se vogliono cimentarsi nella retrorunning. 60 metri di corsa all'indietro. Per un abituato a chiudere le maratone all'indietro, 60 metri fanno ridere. Ah ah.
Mi presento alla partenza. Sgomito un poco per accumulare centimetri preziosi. Al via scatto come neanche un'aragosta inseguita da Giuliano Ferrara. Si capisce subito che non c'è storia. Gli sfidanti incespicavano timorosi di cadere. Li guardavo e pregustavo il trionfo.
Taglio il traguardo con 3 metri di vantaggio sul secondo. Campione del mondo, campione del mondo, campione del mondo. Ho vinto. Non come quando si dice sportivamente di "avere vinto la propria sfida".
"Ho finito la maratona in 3 ore e 5 minuti"
"Ma hai vinto la gara?"
"No, sono arrivato un'ora dopo il primo. Però ho vinto la sfida con me stesso"
"Quindi hai perso"
Questa volta ho proprio vinto. Ho potuto urlare "in your face" al secondo. Senza neanche considerare terzo e quarto, da quanto erano sfigati. Vincitore e perdenti. Di questo è fatto il retrorunning. Uno sport cinico e crudele. Come la vita.
Una vittoria così importante da meritare la 53° pagina de La Gazzetta dello Sport.
(cliccare l'immagine a sinistra per leggere l'articolo)
E soprattutto da farmi vincere un paio di scarpe della Reebok. Ho scelto quelle con la suola strana. Vi fo sapere come mi trovo.
Mi sono quindi concesso, sempre sabato pomeriggio, a quello sport popolare, anche se banale - diciamolo - se paragonato al retrorunning, che è la corsa su strada. 10 km per le vie di Bassano.
Una corsa a un ritmo tranquillo, in compagnia di Manlio. Cercando di non affaticare troppo il tallone. Così almeno ho fatto credere.
Ho sudato come Giuliano Ferrara che insegue l'aragosta di cui prima. Ero carico per la corsa. Carico di cibo. Due porzioni di risotto, fagioli, cipolle in agrodolce, tre fette di polpettone. Due fette di torta all'albicocca, piparelle, pasta di mandorla. Caffè. Quattro ore prima della corsa.
Credo che il caffè mi abbia fatto acidità.
Emanavo rutti che neanche Giuliano Ferrara all'Oktober Fest. (Se non si era capito, tutti questi riferimenti a Giuliano Ferrara è satira politica).
I due chili di carico e la stanchezza non impedivano di rilasciare sorrisi ai fotografi.
Al mattino nuova corsa e nuove mete. 20 km su e giù per i colli bassanesi. Partenza alle 8 e arrivo alle 10. Tallone dolorante e nuova sudata. Ma corpo e spirito rinfrancati dai paesaggi. E soprattutto dal panino con la pancetta e dall'ombra di rosso all'arrivo.
Il referendum.
Il tempo di farsi la doccia e via a votare. Perché non ci si fa mancare nulla. Taluni devono scegliere se andare in vacanza o andare a votare. Si vede che non hanno mai vinto una gara di retrorunning.
Come rappresentante di lista avevo diritto a votare nel seggio da me sorvegliato. Casualmente ho scelto di sorvegliarne uno a Bassano del Grappa. Ho controllato la regolarità delle operazioni di voto giusto quei 3 minuti che ho impiegato a votare. E mi pare che sia andata bene lo stesso, no?
Per la cronaca: sì, no, sì, sì.
1. Capitali pubblici o privati per la gestione dell'acqua in base a merito ed efficienza, non perché lo impone una legge.
2. Il tetto del 7% di ricarico sulle tariffe mi sembrava ragionevole. E adesso che manca il tetto in teoria i privati che investono potrebbero ottenere rendimenti più alti da amministratori compiacenti o incapaci, magari in via indiretta.
3. Più che Fukushima m'ha convinto Rubbia.
4. Il messaggio politico da far passare era "la legge è uguale per tutti". Tanto la legge abrogata già non faceva più danni, dopo la sentenza 23/2011 della Corte Costituzionale. Mi auguro comunque che i PM rispettino la motivazione di quella sentenza. Non ci sarà sempre Mr Fustigapapere a Palazzo Chigi. Potrebbe anche capitarci una persona per bene, magari indagata da uno scalzacane. Non credete che sia possibile? Why not?
Ero a Bassano del Grappa questo fine settimana. Per correre (Gazzetta Run da 10 km e Passeggiata di Sant'Eusebio da 20 km), per votare e soprattutto per mangiare.
La corsa.
Il tallone mi da ancora tormento. Bassano però è troppo bella per rinunciare a una corsa in centro. E tra i colli.
Sono carico per la 10 km, sabato pomeriggio, quando l'annunciatore chiede ai podisti in attesa del via se vogliono cimentarsi nella retrorunning. 60 metri di corsa all'indietro. Per un abituato a chiudere le maratone all'indietro, 60 metri fanno ridere. Ah ah.
Mi presento alla partenza. Sgomito un poco per accumulare centimetri preziosi. Al via scatto come neanche un'aragosta inseguita da Giuliano Ferrara. Si capisce subito che non c'è storia. Gli sfidanti incespicavano timorosi di cadere. Li guardavo e pregustavo il trionfo.
Taglio il traguardo con 3 metri di vantaggio sul secondo. Campione del mondo, campione del mondo, campione del mondo. Ho vinto. Non come quando si dice sportivamente di "avere vinto la propria sfida".
"Ho finito la maratona in 3 ore e 5 minuti"
"Ma hai vinto la gara?"
"No, sono arrivato un'ora dopo il primo. Però ho vinto la sfida con me stesso"
"Quindi hai perso"
Questa volta ho proprio vinto. Ho potuto urlare "in your face" al secondo. Senza neanche considerare terzo e quarto, da quanto erano sfigati. Vincitore e perdenti. Di questo è fatto il retrorunning. Uno sport cinico e crudele. Come la vita.
Una vittoria così importante da meritare la 53° pagina de La Gazzetta dello Sport.
(cliccare l'immagine a sinistra per leggere l'articolo)
E soprattutto da farmi vincere un paio di scarpe della Reebok. Ho scelto quelle con la suola strana. Vi fo sapere come mi trovo.
Mi sono quindi concesso, sempre sabato pomeriggio, a quello sport popolare, anche se banale - diciamolo - se paragonato al retrorunning, che è la corsa su strada. 10 km per le vie di Bassano.
Una corsa a un ritmo tranquillo, in compagnia di Manlio. Cercando di non affaticare troppo il tallone. Così almeno ho fatto credere.
Ho sudato come Giuliano Ferrara che insegue l'aragosta di cui prima. Ero carico per la corsa. Carico di cibo. Due porzioni di risotto, fagioli, cipolle in agrodolce, tre fette di polpettone. Due fette di torta all'albicocca, piparelle, pasta di mandorla. Caffè. Quattro ore prima della corsa.
Credo che il caffè mi abbia fatto acidità.
Emanavo rutti che neanche Giuliano Ferrara all'Oktober Fest. (Se non si era capito, tutti questi riferimenti a Giuliano Ferrara è satira politica).
I due chili di carico e la stanchezza non impedivano di rilasciare sorrisi ai fotografi.
(nella foto: Manlio e Valerio, testimonials di Cesare Ragazzi)
Al mattino nuova corsa e nuove mete. 20 km su e giù per i colli bassanesi. Partenza alle 8 e arrivo alle 10. Tallone dolorante e nuova sudata. Ma corpo e spirito rinfrancati dai paesaggi. E soprattutto dal panino con la pancetta e dall'ombra di rosso all'arrivo.
Il referendum.
Il tempo di farsi la doccia e via a votare. Perché non ci si fa mancare nulla. Taluni devono scegliere se andare in vacanza o andare a votare. Si vede che non hanno mai vinto una gara di retrorunning.
Come rappresentante di lista avevo diritto a votare nel seggio da me sorvegliato. Casualmente ho scelto di sorvegliarne uno a Bassano del Grappa. Ho controllato la regolarità delle operazioni di voto giusto quei 3 minuti che ho impiegato a votare. E mi pare che sia andata bene lo stesso, no?
Per la cronaca: sì, no, sì, sì.
1. Capitali pubblici o privati per la gestione dell'acqua in base a merito ed efficienza, non perché lo impone una legge.
2. Il tetto del 7% di ricarico sulle tariffe mi sembrava ragionevole. E adesso che manca il tetto in teoria i privati che investono potrebbero ottenere rendimenti più alti da amministratori compiacenti o incapaci, magari in via indiretta.
3. Più che Fukushima m'ha convinto Rubbia.
4. Il messaggio politico da far passare era "la legge è uguale per tutti". Tanto la legge abrogata già non faceva più danni, dopo la sentenza 23/2011 della Corte Costituzionale. Mi auguro comunque che i PM rispettino la motivazione di quella sentenza. Non ci sarà sempre Mr Fustigapapere a Palazzo Chigi. Potrebbe anche capitarci una persona per bene, magari indagata da uno scalzacane. Non credete che sia possibile? Why not?
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