venerdì 14 gennaio 2011

Il secondo secondo me

Come tutti sanno il secondo post è il più difficile nella vita di un blogger. La critica non vede l'ora di bollarti come fuoco di paglia ed è un attimo ritrovarsi incastonato tra Crash Test Dummies e i Jalisse nella hall of fame delle meteore da una botta e via.
Per questo, con acume tattico, ho pensato bene di partire parlando di cacca. Una mossa che assesta le aspettative di chi legge su un livello che credo di poter sostenere anche in futuro.

Oggi non ho corso, come da accordi con la Tabella. Ho inserito la mia scheda di presentazione sulla pagina "Chi Siamo" di questo blog e mi sono goduto il tic tac dei contatti che aumentavano.
Grazie a chi ci ha letto, grazie doppio a chi continuerà a farlo e triplo grazie a chi deciderà di partecipare.
Su questo blog piovono essenzialmente pensieri di runners ma ci piacerebbe che piovessero anche scritti, commenti, racconti, cazzate di chi runner (ancora) non è.
Abbiamo già due potenziali collaboratori di cui non vi svelo ancora nulla. Si presenteranno loro...

Intanto, occhi puntati sulla prima prova seria che ci aspetta, ormai dietro l'angolo: tra 9 giorni io e Sir Charles vi racconteremo la nostra prima gara da runners/bloggers.
Save the date: 23 gennaio 2011, Casalbeltrame (NO), Mezza Maratona di San Gaudenzio.

Prometto di riportarvi Carlo vivo a Milano. A scrivere da solo mi annoierei.

Il blog è una parola bellissima

Per prima arriva la nausea. La tallona da vicino una trave.
La trave si poggia delicata ma decisa sulla fronte.Non voglio aprire gli occhi.
Forse, se riuscissi a risprofondare nell'incoscienza.
E invece un pensiero risale in superficie al ritmo lento della nauseabonda risacca. Stamattina dovevi andare a correre. Altri prendono forma. Lentamente. Magari sei ancora in tempo. Apro uno spiraglio tra le ciglia. No, fuori c'è luce e prega di essere in tempo per andare in Studio. E adesso che cazzo scrivo sul blog?
Quell'altro fa i doppi allenamenti. Le ripetute. I fartlek (a me 'sti fartlek han sempre saputo di flatulenza). I lunghi della domenica. Le scariche sul Naviglio.
A me fanno ancora male le gambe dall'altra sera e sono fatto di gelatina. A me piace la gelatina. Mi piace anche la birra: scura, densa e doppio malto. Dalle 4 pinte in su, ovviamente. Insieme ho dovuto accompagnarci anche una decina di sigarette, non se poteva proprio fare a meno.
Sulla sedia di fianco al letto riposano pantaloncini, scaldamuscoli aderenti, calze, maglietta, mini giacchino tecnico e il fido GPS. Ai piedi del letto ci sono anche le scarpe da running. Era tutto pronto, ero stato diligente, mi ero portato avanti, non volevo perdere tempo a cercare le cose. Estote parati, mi ripetevano ai Boyscout: siate pronti. Sono sempre pronto. Alla bisboccia sicuramente.
Arrivato in Studio alzo gli occhi verso la tabella di allenamento. Lei mi ricambia muta. Non c'è molto da dire, in effetti. Il programma di allenamento sta lì, perfetto nella sua progressione verso la maratona di Roma. La città eterna è il vero obbiettivo. Imo a Roma!
Per intanto stasera mi aspettano un po' di chilometri. Un bel po', e proprio oggi che il freddo riesce a penetrarmi sin nelle ossa. Per fortuna c'è la nebbia, che pietosa nasconde le mie gesta agli occhi indiscreti degli altri runners, quelli veri.

giovedì 13 gennaio 2011

La cacca fa sempre ridere (diceva un mio amico)

La tabella è sacra. La tabella rassicura, indica la strada, decide lei per te. La tabella ha un'aura di saggezza, di carisma, di esperienza. Tu decidi dove, lei decide come. Tu decidi quando e lei decide quanto. Poi accendi il gps e vai.
Motivato dagli obiettivi e dal piacere dell'atto in sé, il corpo si adatta, prende il ritmo e ti segue. Di solito. Oggi meno.

Oggi la tabella diceva 16. Sedici chilometri è il più lungo degli allenamenti infrasettimanali previsti nelle sedici (e daje) settimane su cui è scandita la mia preparazione per la Maratona di Roma. Infrasettimanali, dicevo, perché gli allenamenti del weekend sono un'altra cosa. Quelli si chiamano LUNGHI. Quelli prevedono 16 chilometri come entry level, figuriamoci. Poi vanno a salire, su, su, su fino oltre i 30.

Lunghezza rognosa i 16 da infilare in un giovedì qualsiasi. Troppi per infilarli in una pausa pranzo, troppi per la sera, visto che oggi dovrò testare il piatto da presentare alla gara di cucina di sabato. Operazione delicata, che richiede tempo, organizzazione ed energie. Perché alla Maratona si partecipa, ma alla gara di cucina bisogna vincere...

La fortuna mi è venuta incontro: stamattina niente Cologno ma anteprima in centro alle 10.30, comoda e perfetta per infilarci una corsa prima, anche una 16 k. Ieri sera preparo l'abbigliamento da corsa e lo metto lì, invitante, sul divano, pronto ad essere indossato. Mossa che risponde ad un regola base: già correre presto al mattino è una tassa (e farlo a metà gennaio è è una tassa con tanto di interessi di mora), se ti devi mettere anche a ravanare nell'armadio a cercare i vestiti è un attimo ritrovarsi nuovamente a letto. E ciao ciao uscita.
Mi vesto. Per ritardare l'impatto con il freddo faccio stretching in casa. Poi non ho più niente da fare, a meno di ingegnarmi nel tracciare un tracciato sufficientemente vario ed ameno per fare i 16 km all'interno del mio appartamento da 40mq (comunque l'idea non è del tutto peregrina, i criceti ce la fanno in condizioni più estreme)
Sono fuori, direzione Naviglio Grande, il mio running trail preferito in assoluto. Oggi non c'è. Con una dose sufficiente di memoria e fantasia lo si può però immaginare e intravedere nella nebbia che ricopre acqua, case, ponti, qualsiasi cosa. I pochi runner presenti emergono dallo sfondo bianco come spettri in un horror di terza fascia. E sembrano, in effetti, poco più vivi. Gli sbuffi di fiato che emettono diventano una cosa sola con la nebbia, la compattano.
Sembra un'incubo, ma devo ammettere che per chi corre non è poi così male. Sei ovattato, ascolti i tuoi pensieri e i messaggi del tuo corpo. Non devi dribblare le bancarelle dei cingalesi e le coppie con Labrador che okkupano l'Alzaia nel weekend.
Dopo quattro km di corsa nel bianco, con un buon ritmo e buone sensazioni iniziano i problemi. Laggiù. Cazzo, merda.
Ecco, ha più a che fare con la seconda che con il primo.
Nella mia breve carriera di runner ho sperimentato crisi di fiato, dolori muscolari, crisi di fame e di sete, ma questa è nuova. Che culo.
(la smetto con i doppi sensi, adesso)
Arranco un altro km, arrivo a Corsico. Decido che non è il caso di andare oltre. La tabella si arrabbierà. La tabella mi guarderà con disgusto. La tabella mi considererà un debole. La tabella la userei come carta igienica in questo momento, quindi sticazzi.
Segue un ritorno a casa che non metterei tra i dieci momenti più belli della mia vita. Dopo un po' cammino, perché è l'unica cosa che riesco a fare. Bella, bellissima una camminata sul Naviglio alle 9 del mattino del 13 gennaio, con una giacchina leggera da corsa a contrapporsi come unico baluardo tra il gelo esterno e il vulcano interno.
Mi concentro su pensieri di riscatto: in qualche modo quest'onta andrà lavata. Guardo il gps, ho corso 8 km, ce ne sono altrettanti da recuperare per sperare che la tabella mi perdoni. Penso a svariate punizioni: sostituirlo con il corso di Cycle Indoor domani in palestra, aggiungerli al lungo di domenica (seeee). Fino a che arriva l'illuminazione: trasformare l'incidente in opportunità, per provare qualcosa di mai tentato prima. Il doppio allenamento giornaliero. Avevo sentito qualcuno che lo faceva e di solito era qualcuno di quelli seri. Questo pensiero pompa la mia autostima, vince i crampi, mi permette di arrivare salvo a casa.
Lo metto in pratica al mio arrivo in ufficio alle 13: vado in palestra, salgo sul tapis e faccio gli altri 8. Missione compiuta. Onore salvato.
Mentre corro la seconda tranche immagino anche a come presentare la giornata ai miei nuovi lettori del blog (cioè essenzialmente a Carlo, credo). Ho la tentazione, forte e seducente, di raccontare semplicemente che oggi io, vero runner, vero figo, molto no limits, ho fatto DUE allenamenti così, per scelta, per mettermi alla prova, perché uno solo mi fa una pippa.
Non sarebbe stata una menzogna in fondo, solo una porzione di verità.

Ma poi mi dico che iniziare le pubblicazioni con una balla (sì, nel frattempo mi sono convinto che sia una balla a tutto tondo, con questa cosa della porzione di verità non avevo convinto nemmeno me stesso), non sarebbe stato correttissimo.
Mi dico che sì, è vero che questo blog è una specie di organo di partito mio e di Carlo e non un New York Times cui si richieda obiettività e che probabilmente Travaglio non si sarebbe mai speso per verificare l'attendibilità di ciò che scrivevo, però...

Mi dico, soprattutto, che la cacca fa sempre ridere.
Lo dice anche lui, quel mio amico.

Pizza cinema

Non c'è niente di meglio, e di più tranquillizzante, che la sana routine.
Per questo ieri sera mi sono allenato: provare il brivido dell'ignoto. E della nebbia intorno all'ippodromo.
Ma non da solo, ho bisogno di supporto morale. Così ho convinto una collega a sgattaiolare via dallo Studio e andare a correre.
Le sette e un quarto e già sogghignanti ci allontanavamo, cospiratori e tronfi della mezz'ora sottratta al lavoro.
Giunto a casa impiego circa un quarto d'ora a trovare le scarpe da running. Vero che sono distratto, ma correre ogni 15 giorni non aiuta a ricordare. Non aiuta nemmeno a correre una mezza maratona, ma fa niente.
Ho promesso all'amico Cri che l'avrei corsa con lui e non posso mancare. Già a novembre l'ho abbandonato.Dopo averlo convinto a correre la Milano-Pavia di 33km. Lui ha corso, io ho dormito.
Trovo le scarpe, ascolto i consigli della portinaia su come non far puzzare i piedi (lei suggerisce candeggina), e via, vado a recuperare la collega, che nel frattempo ha comprato del pesce (piedi - pesce, e la candeggina?).
Partiamo per il nostro giro consueto: via Monte Rosa, sede del Sole 24 ore, piazzale Lotto, via Diomede. Da qui si seguono le mura dell'Ippodromo fino a tornare in piazzale Lotto.
Per un tratto risaliamo come salmoni la corrente degli interisti che vanno allo stadio. Stasera c'è partita. Facce che scorrono tra una pozza di luce e l'altra, brani di conversazioni e, a volte, risate.
Tornati in Monte Rosa saluto la collega e trotterello verso casa. Il fido GPS mi svela che ho corso 8 chilometri in  circa 45 minuti. Fra due domeniche dovranno essere 21. Secondo le tabelle avrei dovuto correrne 13.
Non c'è tempo per pensarci, sono quasi le nove e sta per arrivare Cristiano. L'amico di sempre, il compagno di questa avventura.
Salgo in casa, con movimento fluido e continuo mi spoglio, apro scatoletta, apro acqua della doccia, sbatto il gatto sotto l'acqua e mi ritrovo con un cucchiaio in mano a fissare dei bocconcini. Nudo.
In qualche modo la situazione si sbroglia da sola e mi ritrovo in tuta a fare la fila da Spontini. Non puzzo e ho ancora fame. Bene.
Due tranci belli abbondanti, gli dico, poi conto i soldi e scappo.Torno poco dopo e il pizzaiolo mi fissa come fossi uno scemo. Forse ha ragione, ma ora posso pagare..
Incontro Cri sotto casa e saliamo. Tre ore, due tranci di pizza e svariate Moretti dopo prende forma il Blog.
Piovono Runners e questo è il mio primo post.
Che emozione, sono un Blogger!