venerdì 4 marzo 2011

In limine

Ho appena ingollato una pasticca di miorilassanti. Entro la fine della giornata ne avrò assunte altre due. E la sensazione freddo umida sul retro coscia mi rammenta del cerottone di anitinfiammatori.

Ho chiaramente cantato vittoria troppo presto. Questa mattina, al secondo giro intorno al Parco Sempione, ho di nuovo accusato irrigidimento e dolore ai muscoli posteriori della coscia destra. Ho provato ad individuare il muscolo esatto, cercando tra le tavole anatomiche su internet, ma sono talmente tanti che ho rinunciato ad incastrare il colpevole.

Forse l'indurimento accusato due settimane fa non era del tutto guarito, e latente, in profondità, la lesione era ancora presente. Ciò che mi lascia stupito è che il male sia tornato oggi, dopo due giorni di riposo. Non so proprio come regolarmi.

Una domanda continua a frullarmi in testa. Come farò?

Non ho ancora mai affrontato un lungo da trenta chilometri. Non ho mai corso per più di tre ore. Ho una gamba a mezzo servizio e il rischio è di rovinarmela per parecchio tempo se dovessi sovraccaricarla. Il dubbio è quasi amletico. Di sicuro, né domani né domenica potrò correre.

Cristiano ha descritto, qualche tempo fa, un certo tipo di crisi. Una crisi di motivazioni, certo, ma concludeva descrivendo il desiderio di poter di nuovo correre liberamente, senza scopo, per il puro piacere di farlo. Per tutto il tempo e per tutti i chilometri che possa desiderare, senza vincoli o obblighi.

La voglia di correre la Maratona è tanta. Sono anni che mi chiedevo se mai avrei avuto la forza, fisica e mentale, di correre per 42 chilometri (e poi sopravvivere per raccontarne. Non dimentichiamoci, infatti, che Filippide, il primo Maratoneta della storia, dopo aver genialmente stabilito la distanza, ci ha lasciati). Eppure questo non mi impedisce di pensare che per me è più importante la corsa per se stessa. Non tanto, dunque, partecipare a competizioni o fissare tempi e record personali. Ma correre!

Correre e respirare ed esultare del corpo in movimento.

Poi, ovvio, la medaglietta di partecipazione è importante. Collezionare luoghi e distanze fa parte del gioco, ma è un di più. Cercare su Internet le corse più strane ed i luoghi più affascinanti per viverli e conquistarli in modo diverso è un passatempo meraviglioso. Si tratta, però, di un contorno che fa piacere aggiungere. Non è certo il piatto principale, lo scopo.

E allora, mi chiedo se valga la pena rischiare di rovinarsi in modo serio la muscolatura, col rischio di rimanere di nuovo fermo per mesi. Per cosa?

Domani avevo in progetto di partecipare alla Corsa Marziana per Carnevale e poi di proseguire per altri 20 chilometri e portare a termine il lungo da 30 chilometri. Valerio, cavallerescamente, si era offerto di correre un tratto di strada con me. Mi avrebbe fatto enorme piacere. Era un modo per divertirsi e per imparare qualcosa. Perché avrei avuto modo di carpirgli qualche segreto, qualche accorgimento. Lui ha corso più di una maratona e più di quanto io abbia corso in tutta la mia vita.

Peccato. Il mondo del running mi piace ed è appena al di là di una porta della quale rimango sempre sulla soglia.

Una soglia che mi piacerebbe varcare

L'importanza del vello d'oro

Ieri.
Giovedí 3 marzo.
Ho appena finito di correre.
Nonostante la data farebbe pensare alla primavera, ieri sera non c'erano rondini che volavano in cielo. C'era solo una pioggerellina quasi inpercettibile, se hai un cappellino o un qualsiasi materiale impermeabile, ma se stai correndo non é proprio un sollievo. Per fortuna sopra avevo su il mio fantastico k-way che avevo acquistato per proteggermi dai monsoni malesiani dell'estate scorsa. Monsoni che si sono palesati solamente l'ultimo giorno mentre io e Fede andavamo con zaino in spalla all'aeroporto. Non vi dico quanti bioparco c’erano sul tragitto, ma questa un altra storia.
Sotto vi chiederete? Sento la sospance che cresce dentro di voi.
Sotto i consueti pantaloni da mega-etero che trattengono il caldo delle gambe, ma che sono anche efficientissimi nel trattenere la pioggerellina.
Ma il problema, il vero problema, la microscopica crepa che dopo 40 minuti ha creato la falla nella mia temperatura corporea, é stato quello che c'era sopra il sopra. Forse dovrei dire quello che non c'era sopra il sopra. Oddio mi sto perdendo, vabbè dal collo in su.
Chi mi conosce o cmq ha visto la foto, io sono quello che è contraddistinto da una capigliatura da super sayan. Insomma il rasato dei tre. E questo, se é in effetti una figata con i climi miti, non si addice molto a una corsa sotto una pioggerellina con tre gradi e mezzo.
Il punto della situazione è che normalmente correndo ci si scalda per il movimento e quindi si riesce a contrastare il freddo circostante. Ma a tre gradi e mezzo, sotto gli sputacchi di quelle rondini che ti aspetti di vedere sfrecciare in cielo e che invece stanno rintanate perché fa troppo freddo e ti guardano si sbieco come a dire “poveretto quello…”, l’assenza totale di una qualche imbottitura o copertura per il mio cuoio, ahimè, non più capelluto si rende necessaria e sacrosanta.
E quando le orecchie erano ormai un ricordo, e la testa pulsava per il freddo, ho deciso che il tributo a lei si poteva considerare saldato e che se non volevo diventare un nuovo Farouk, poteva bastare.
Mentre scrivo queste righe mi viene in mente che solo mio fratello può comprendere a pieno le emozioni provate, perché gli altri tre miei amichetti di corsa sono abbondantemente capello muniti e, forse, danno per scontato l’importanza del vello d’oro, che in queste serate è indiscutibile

giovedì 3 marzo 2011

In un giro di Rolex. O poco più.

Ho scoperto che il sogno di ogni Milanese, il giro Milano-Santa-Courma, misura 466 km. E mi sono fatto una risata.
Ho scoperto che farsela di corsa tra Parigi e Londra, a parte il problema di chi deve dare la precedenza a chi tra me e il treno sotto al tunnel della Manica, sarebbe una passeggiata di 456 km. Ridicolo.
Ho scoperto anche che se scappi dai tori a Pamplona e già che ci sei, spinto dall'adrenalina, decidi di proseguire verso Barcellona per andare a fare serata, devi correre appena 481 km. Robetta.

Mi sono dato al gioco delle distanze perché l'altro giorno ho fatto ordine nella mia tabella. Ho deciso di impilare uno sull'altro tutti i km che ho corso in queste sedici settimane di preparazione verso Roma. Così, tanto per ribaltare la mia prospettiva e vedere che effetto facevano messi tutti lì, in fila. Li ho sommati, calcolatrice alla mano.
Beh, fanno effetto. Sono 558.

Poi memore dei miei trascorsi da pendolare tra Roma e Milano mi si è accesa una lucina, che è diventata curiosità impellente e presagio astrale. E ho fatto un'altra scoperta.
Sono andato su Google Maps per misurare la distanza esatta tra casa mia a Milano e via dei Fori Imperiali a Roma, luogo di partenza della gara.
Sono 584 km.

Come (quasi) coincidenza non è male, dovete ammetterlo. Alla fine del mio programma di allenamento avrò corso più o meno gli stessi chilometri che avrei dovuto percorrere per andare a piedi da casa mia alla linea di partenza della Maratona di Roma.
C'è una specie di predestinazione in questa congiunzione chilometrica.

Non lo sapevo, ma a partire dal primo allenamento di fine novembre avevo di fatto lasciato Ticinese, mi ero avviato verso Assago e poi, un po' per volta, ero arrivato a Melegnano, avevo fatto a tappe l'Emilia, a Bologna avevo svoltato verso l'Appenino, Firenze, poi giù verso la Maremma. Da poco ho passato Viterbo, ora sono più o meno dalle parti dei Castelli e il Grande Raccordo Anulare è ormai in vista.

Roma, ti ho quasi raggiunto.



mercoledì 2 marzo 2011

Barba e caffè

Oggi riposo.

Ci vuole. Ieri mattina ho tirato parecchio rispetto al solito, con due giri ben larghi intorno al Parco Sempione e ritorno a ritmi sostenuti. Avevo dimenticato qua in Studio il GPS, e quindi non ho certezza sui tempi al chilometro, nè posso postare l'immaginetta del percorso fatto. Ma azzardo un 5 minuti basso al chilometro e circa una dozzina i chilometri percorsi.

Ne approfitto per descrivere ciò che avviene dopo la corsa, al rientro in casa, poco prima delle otto del mattino.
L'ortopedico mi ha consigliato di fare stretching dieci minuti dopo la fine dell'attività fisica, per evitare di lavorare su muscoli troppo elastici, quindi mentre passano i dieci minuti ho tempo per compiere alcune attività, a cui seguono altre attività.

Attività rigidamente codificate dall'abitudine e dallo studio esatto dei tempi.

La prima è passare dal bagno ed aprire l'acqua calda. Poi, mentre la vasca si riempe, vado ad accendere il computer e inizio a levarmi alcuni strati, fradici di sudore. Mentre il computer si avvia, ritorno verso il bagno, passando però dalla cucina, che al primo giro ho evitato.
Apro il frigo e prelevo una bottiglia d'acqua. Con la bottiglia mi dirigo in bagno, bevo e la poggio a bordo vasca. Dopodiché, ritorno in camera a prendere il libro che sto leggendo e finisco di spogliarmi tra una stanza e l'altra. Quando torno in prossimità della vasca, sono circa le otto e cinque l'acqua è quasi al livello giusto e inizio lo stretching.
Ore otto e dieci circa sono nella vasca, a leggere beato. Mi concedo un quarto d'ora di goduria, poi freneticamente mi lavo e mi sbarbo. A questo punto sono quasi le otto e trentacinque. Nei successivi dieci minuti accade un fenomeno paranormale, a seguito del quale alle otto e quarantacinque sono in strada vestito, a volte anche profumato.
Metropolitana e arrivo in San Babila più o meno alle nove e dieci. A questo punto c'è la colazione al bar e, soddisfatto, varco la soglia dello Studio, in Corso Venezia, alle ore nove e venticinque.
I vestiti rimangono sul pavimento sino a sera. E il computer? Probabilmente è rimasto acceso, sulla pagina di selezione Utente. Come stamattina, che volevo scaricare la seconda serie di The Big Bang Theory.

Adoro Sheldon Cooper.

Uno su quattro non ce la fa

Spesso su queste pagine ci avventuriamo - e cerchiamo di portarvi con noi - in lunghi racconti, nel tentativo di descrivervi e condividere tutte le sfaccettature delle sensazioni che sperimentiamo in questo bellissimo gioco, per noi nuovo, chiamato corsa.
Non è solo esibizionismo. E' tutto vero, tutto un complesso intreccio di benessere mentale e fatica fisica. C'è tanta "roba" immateriale e interiore ad accompagnare l'atto materiale e concreto della corsa.

Poi però ci sono anche i fatti. Ci sono gli eventi, c'è la densità, c'è gente che respira e muove i muscoli. Ci sono i numeri.

Ogni tanto uno spazio ai numeri lo regaliamo. Quanti km abbiamo percorso, a che velocità, che pettorale avevamo o avremo, che temperatura c'era quel giorno. Questo post è dedicato ad alcuni mumeri, con l'intento di farvi apprezzare la concretezza e l'entità tangibile di quello che ci apprestiamo a fare.
Questo post è dedicato innanzitutto ad un numero che oscilla tra 15.600 e 16.000.
Sono gli iscritti effettivi alla Maratona di Roma. Sono tantissimi, per un evento italiano. Io, che corro prevalentemente da solo, provo un pizzico di emozione davanti all'idea di una tale massa di persone che, come me, stanno arrivando ciascuno dal suo punto del mondo per convergere alle 9 del mattino del 20 marzo al Colosseo di Roma. Hanno tutti la mia stessa idea in mente. Si stanno facendo tutti un mazzo tanto da mesi per arrivare al mio stesso obiettivo. Escono tutti nel weekend per macinare chilometri. Avranno anche avuto tutti una Crisi, prima o poi.
15.641 persone già iscritte, a ieri. E' già stato battuto il record stabilito l'anno scorso.
In più sono previste 85.000 persone alla corsa "fun", la non competitiva di 4 km.
Una massa di 100.000 runners che, invece di schiacciarmi, mi esalta.
Sono tanti, quindicimilaseicentoquarantuno. 8600 sono italiani. 7000 gli stranieri da 84 paesi. 120 in totale sono gli atleti disabili.

Un altro numero, visto che siamo in tema, mi ha colpito: il record di finisher, di persone cioè che hanno portato a termine la gara. E' stato stabilito nel 2007, con 11.895 che hanno tagliato il traguardo. Questo dato mi ha spinto ad un rapido e semplice ragionamento: l'anno scorso c'erano più di 15.000 iscritti, ma non è stato battuto il record dei finisher. Significa che circa 3.500-4.000 persone non ce l'hanno fatta ad arrivare in fondo. 1 su 4, a spanne. Tanti.

Per questo, al di là delle sensazioni, mi piace raccontarvi un po'anche i freddi numeri. Alle volte restituiscono la fatica meglio di quanto faccia un racconto. Perché è affascinante narrare la difficoltà di ciò che stai facendo e trovare le parole migliori per descriverla. Ma alla fine è la conta dei "caduti" a restituire meglio di ogni altra cosa la grandezza di quello che ti sei imposto di portare a termine.

Il freddo numero.
Uno su quattro non ce la fa.
Riuscirò ad essere uno degli altri tre?


martedì 1 marzo 2011

"Ehi, Piovonorunners!!" -capitolo tre-

[continua da qui...]
[e da qui...]

Constatata la crisi e stabilite le regole, ho rimesso le scarpe da corsa e ho affrontato la mia tredicesima settimana di allenamento in vista di Roma.
Martedì erano previste ripetute 5x1200 a 4'20'' al km. Dopo essere stato mezza giornata a letto con il mal di testa (doppiamente fortunello visto che quel giorno ero a casa in ferie), mi sono ugualmente agghindato da runner, sono sceso al parco sotto casa e le ho portate a termine. Con molta fatica e con recuperi mooooolto lenti tra una ripetuta e l'altra, ma ce l'ho fatta.
Giovedì 8km easy a 4'55' al km, fatti in scioltezza sul tapiro urlante, guardando Studio Sport e Futurama.
Nel weekend era nascosta la vera sfida, un lunghissimo da 32 km. L'ho affrontato applicando alla lettera le regole 1 (non pensare nemmeno a saltarlo, Cristiano), 3 (niente Naviglio Grande, si cambia rotta) e 4 (controllo delle condizioni meteo), come da manuale esposto nel capitolo due di questo racconto.
Grazie alla regola 4 ho scoperto che il tempo sarebbe decisamente cambiato tra sabato e domenica. Il primo giorno sole, il secondo pioggia. Per la prima volta ho quindi abbandonato il Settimo Giorno, quello creato da Dio per ridere della Juve e per correre i lunghi, e anticipo il mio allenamento al sabato.
Ho anche fatto il bravo e la sera prima, venerdì, non sono uscito. Sabato mattina mi reco con la Bionda a Blondiwood per il consueto monitoraggio settimanale dei lavori nella casa nuova, poi mi spoglio per la prima volta in quella casa (peccato, lei è rimasta vestita: non è stato esattamente come avevo sognato il mio denudamento inaugurale del nuovo appartamento) e indosso la mia seconda pelle da runner per iniziare la mia corsa da lì.
Comincio, in maniera inedita dai Giardini di Via Palestro. Lì incontro Matteo, stilosissimo e carico, mentre setta l'ipod e gli ultimi dettagli d'abbigliamento prima di iniziare i suoi giri. Saluto rapido, frugale ma solenne, poi ognuno dritto per la sua sfida. Non lo incrocerò più, anche perchè dopo un altro giro e mezzo del Parco esco diretto altrove. Però incontrare un altro Piovono Runner così, per caso, mentre si allena, è fantastico. Carica. E' la conferma della regola numero 7...
Uscito dai Giardini imbocco via Moscova, diretto al Parco Sempione. Qui si svolge l'episodio che dà il titolo al post. Sono all'altezza di Via Solferino quando sento un colpo di clacson, in una via che fino ad allora mi si era mostrata tranquilla e poco trafficata. La prima sensazione è il fastidio. Dopo il clacson arriva il grido, come il tuono dopo il lampo: "Ehi Piovonorunners!!". La seconda sensazione è lo stupore. Giro il collo e vedo sfrecciare in motorino Lodo, amico, compagno di calcetti e non solo, fin dai tempi dell'università. E anche lettore di Piovono Runners. La terza sensazione è la gioia. E anche un filo di autocompiacimento, ammettiamolo. Il mio primo riconoscimento pubblico e inaspettato da parte di una persona che ci legge. Carica, anche questo. Ed è la conferma della regola numero 6...
Thanx Loud, il titolo di questo triplo post è per te.
Arrivo al Parco. Qui, dopo due incontri a sorpresa, attendo quello programmato, con Carlo. Faccio un paio di giri del Parco perchè sono in anticipo, poi lo incontro, accompagnato da un'amica runner e ci mettiamo a correre insieme. L'ostacolo più difficile, a parte il trovare un ritmo comune con cui procedere in tre, è il mega luna park istallato nel parco, vicino al Castello. Schivare i marmocchi, i cani e i passeggini trasforma l'allenamento in una specie di addestramento militare.
Soprattutto, è l'inizio della fine della mia concentrazione. Siamo alle 13 e a circa 20-22 km percorsi. Ho commesso un errore: ho fatto colazione troppo presto. Le pastiglie Enervit aiutano, ma non riempiono esattamente lo stomaco. Non ho altro con cui alimentarmi e nemmeno soldi con me con cui comprare qualcosa. Il lunapark, chissenefrega della giostre e dei marmocchi, ha un unico vero problema: ribolle di odori di cibo. Salamelle, gelati, caramelle, zucchero filato. Tutti questi effluvi iniziano a intrufolarsi nelle mie narici ad ogni passaggio e a campeggiare nel mio cervello, allestendo banchetti immaginari che monopolizzano i miei neuroni.
Imploro i miei due compagni di corsa di uscire da lì e loro gentilmente mi accompagnano. Prendiamo la pista ciclabile di via XX Settembre e la seguiamo andando verso la Fiera Vecchia. Mi rendo conto però che ormai è troppo tardi. Sono distratto da qualsiasi negozio di alimentari, anche per animali. Merda, il sabato sono TUTTI aperti, TUTTI mi richiamano come sirene con i loro aromi, TUTTI evocano mondi pantagruelici di cibi prelibati. Gelaterie, rosticcerie, supermercati, bar, ristoranti, paninoteche, panetterie, pasticcerie. Sono ovunque, come i Vietkong. Mi tendono agguati olfattivi e visivi da ogni angolo di strada.
Niente da fare, sono in preda ad un'ossessione da cibo. Fatico a rimanere concentrato. Il gps al mio polso sembra rallentare e dilatare il tempo che mi separa dalla fine dell'allenamento. Mi concentro sulla meta, ma della meta vedo solo la cucina, il frigo di casa mia e il bottino di reliquie alimentari che esso nasconde.
A un certo punto saluto Carlo e le nostre strade si dividono. Sono a 27 km, ma la mia forza di volontà è già seduta a tavola. Decido che si sono verificate le condizioni sufficienti per applicare la regola 2 del piano anti crisi (si può occasionalmente accorciare il percorso in casi di estrema emergenza). Mi dirigo verso casa. Oltretutto sono le due passate e alle tre c'è da assistere a un momento epocale: il punto più basso della Storia del Torino F.C.: la sfida in trasferta sul campo del Portogruaro. Portogruche? Direte voi. Ecco, esatto. Avete capito perchè parlo di punto più basso della Storia. Imperdibile, devo essere pronto ad assistere a una sfida che spero sarà unica e irripetibile.
Cibo, Toro, Bionda. Tre stimoli irresistibili mi attirano come poli magnetici verso casa.
Faccio due conti, con la parte di cervello ancora lucida: una settimana fa ero in crisi dopo 24 km. Ho deciso di affrontarla di petto, sono risalito subito in sella e ho fatto tutti i miei allenamenti della settimana, nonostante tosse e mal di testa persistenti. Oggi, cioè sabato, sono già a 28 e li ho fatti bene. Posso concedermi uno sconto?
Sì, posso concedermi uno sconto.
Varco la porta di casa al 29esimo chilometro.
Entro, saluto la Bionda con un grugnito e mangio, nell'ordine: due fette di fontina, quattro biscotti con lo yoghurt, una fetta di brie, quattro o cinque grissini, un paio di fette di salame. Poi pranzo.

Poi ricomincio a parlare.

P.S. Portogruaro-Torino 0-1. eccheccazzo.

FINE

DAMASCO

un Nizza visionario, questo martedì. Buona lettura!

Vi avevo lasciato salutandovi per il mio ritorno su Piovono Runnes.

Vi dicevo che essendo stato fermo, in tutti i sensi, dovevo recuperare su ogni campo, sulla corsa, sulla lettura dei post dei miei amichetti e sulla presenza nel blog e così ho fatto.

Ho letto ciò che avevo lasciato indietro ma soprattutto mi sono rimesso di buon passo a rifrequentare la mia amica tabella. Unica variazione è stato il giorno infrasettimanale dei nostri incontri.

Stavolta il fato, da leggere come lavoro, ha fatto sì che venisse scelto il tardo pomeriggio di venerdì. Per cercare di non irritarla ulteriormente, essendo estremamente abitudinaria, ho pensato che sarebbe stata cosa carina e apprezzata modificare anche la location, e così ho abbandonato il mio fido tapis per l’asfalto, l’ambiente naturale di ogni runner.

La scelta però è caduta, non sulla ormai conosciuta collinetta, ma per sulla strada pura. Costeggiare parzialmente l’ippodromo fino ad arrivare a S.Siro e ritorno. Il chilometraggio prevedeva i miei soliti 4,6 km.

Il freddo non ha aiutato, ma un episodio mi ha scaldato molto. Penso che sia stato come per Paolo sulla via di Damasco, perché proprio in un momento in cui il freddo, e l’aroma di ippodromo, iniziavano a farmi propendere per un taglio netto verso casa, lui mi è apparso dal nulla. Un attimo prima non c’era e un attimo dopo eccolo li che mi viene in contro. Scambio di sguardi, il suo rilassato e per nulla affaticato o infreddolito, proprio sereno e il mio invece di un uomo distrutto.

Un attimo dopo il nostro incrocio ecco che mi si affianca, mi fa un cenno di assenso e mi supera.Voi penserete che lo abbia fatto per spocchia, come gesto di sfida, ma io invece preferisco pensare che lui, per me, sia stato l’equivalente del coiote per Homer Simpson. Nel bel mezzo di un crollo di volontà psicologica, quando l’unico desiderio era quello di arrivare a casa per fumare una sigaretta, ecco che mi appare lui, il mio runner guida, che come ogni visione misitica che si rispetti aveva un messaggio per me. Illuminato da un lampione, ecco si palesa, è proprio li sulla schiena della maglia che porta. L’elenco di tutte le maratone a cui lui aveva partecipato e a cui io, forse un giorno, potrò aspirare a fare.

Come d’incanto, dopo aver letto la missiva, ecco che come è apparso sparisce di nuovo. In realtà mi sono accorto che aveva attraversato la strada per fermarsi a salutare una ragazza con un cane, e questo mi ha un po’ fatto scendere la poesia, ma mi ha anche rincuorato che non stavo diventando matto. Ciò nonstante mi ha spronato a finire il giro che mi ero prefissato.

Domenica invece appuntamento con il lungo, anche se visto i lunghi che fanno gli altri due i miei sono più dei riscaldamenti, e con mio fratello. Stavolta abbiamo optato per andare a correre all’idroscalo. Non sapevo, ma tutto attorno al bacino corre un percorso che misura 6 km, con regolari cartelli ogni 200m.

Essendo fuori Milano l’aria è decisamente più respirabile, anche perché è all’interno di un parco, ma questo ha anche una controindicazione. La temperatura. Se a Milano alle 9.30 del mattino il termometro della macchina indicava 4.5 gradi, arrivati li, ne indicava 3 e si sentivano tutti e tre! Qui il mio runner guida che mi spronava era mio fratello che ha cercato di farmi superare i miei limiti, e devo dargli atto che è riuscito per la prima volta a farmi superare lo scoglio dei 5 km, facendomi avvicinare alla soglia dei 7. Sull’onda dell’entusiasmo, ora mi sembra tutto più fattibile, soprattutto i miei temuti 10 km della maratona. Spero di non avere ricadute, ma sono tranquillo perché so che nel caso, LUI mi verrà in aiuto.

lunedì 28 febbraio 2011

Triplete!

Ci siamo lasciati che avevo corso 20 minutini leggeri leggeri su un tapiro urlante.

Il motivo? Una contrattura all'adduttore della coscia destra che mi aveva spaventato e reso irritabile come non mai. A 20 giorni dalla Maratona, con l'unico allenamento lunghissimo (30 chilometri) ancora da fare, avrebbe potuto essere il coup de grace ai miei sogni di gloria.

Venerdì ho lasciato le gambe a riposo. Il mio umore, tuttavia, ha iniziato a migliorare sin dalla mattina. Non avevo indolenzimenti particolari, nè gonfiori nè indurimenti muscolari. La notizia non era scontata, perché mercoledì mattina, dopo soli dieci minuti di ciclette, avevo un bozzo durissimo che protundeva minaccioso e dolente.

Sabato, approfittando della bellissima giornata, ho corso. Corsa vera. Se pur a ritmi molto blandi. Con la collega di Studio abbiamo fatto volta verso il Parco Sempione, dove una decina di chilometri sono volati insieme all'amico Cristiano che, tra la vecchia Biblioteca del Parco e Piazza del Cannone, cercava stimoli e motivazioni per portare a termine il suo ennesimo lungo da trenta e passa chilometri. Mi ha rifilato, as usual, una pasticca di integratori da mandare giù.

Poi abbiamo incontrato un runner che indossava, con scarsissima disinvoltura, un paio di pantaloni che, e cito letteralmente, "Anche Freddy Mercury si sarebbe rifiutato di indossare". Tra l'altro il tipo ci supera sprezzante mentre attendiamo il verde a un semaforo.
Abbiamo lavato l'affronto nel sudore.
Raggiunto l'inguardabile, gli abbiamo fatto mangiare la nostra polvere. Addio ritmi blandi, e tanti saluti a quella che avrebbe dovuto essere solo una breve e rilassante corsetta di riavvicinamento.
Torno a casa con circa 15 chilometri nelle gambe. Gli ultimi 3 ho sentito fastidio, ma appena smetto di correre passa tutto e non ho postumi di alcun tipo.

Arrivato nell'antro domestico, preparo veloce una valigia e parto alla volta dei Monti. Destinazione Courmayeur.

Domenica mattina ore otto e trenta prendo una funivia e tra un fiocco di neve e l'altro provo a fare una discesa in snowboard. Circa otto ore dopo, alle quattro e quaranta del pomeriggio inizio a sentire i primi sintomi della soddisfazione e, in un trionfo di sole e cielo blu cobalto, affronto l'ultima discesa. Le gambe sono rigide, ma l'adduttore sta bene. L'umore è a mille e le paure dell'ultima settimana sono un lontano ricordo.

Questa mattina la sveglia suona alle sette. Mi alzo e inizio a prepararmi per andare in Studio. Poi, improvviso, un lampo. Perché non correre? Cerco qualche obiezione, ma non ne trovo. E allora scarpette, pantaloncini e maglietta magicamente mi appaiono indosso. Esco a bagnarmi il viso di una pioggerellina sterile che nulla può contro il desiderio ritrovato.

L'asfalto scompare sotto la suola delle mie Asics e altri dieci chilometri finiscono nel carniere.

Tre giorni, tre uscite, tre successi. E questo week end, finalmente, salvo ulteriori imprevisti, i trenta chilometri.

"Ehi, Piovonorunners!!" -capitolo due-

[continua da qui]

Ci ritroviamo quindi io, indebitato con il ciccione, il ciccione, indebitato con i miei muscoli, e ancora quattro settimane per arrivare alla Maratona.
Si elabora una veloce ma efficace manovra d'emergenza. Ecco le sette regole del piano anti crisi:
  1. Mai saltare un allenamento
  2. In caso di stanchezza è lecito ridurre leggermente la distanza prevista dalla Tabella per quell'allenamento, ma la decisione va presa solo in corso d'opera e mai pianificata prima.
  3. Variare i percorsi d'allenamento. Tutti gli stimoli, anche quelli paesaggistici, possono essere fondamentali quando la volontà sta scemando, come in questi giorni.
  4. Monitorare le condizioni meteo. Se fino a qualche settimana fa uscivo volentieri, anzi più volentieri, con tsunami d'acqua o gelate lapponi, adesso avverto il bisogno di un abbraccio meteorologico più confortevole. Se nel giorno x è previsto mezzo raggio di sole e nel giorno y una spolverata di nubi con vago rischio pioggia, si esce nel giorno x a costo di sballare la tabella.
  5. Si può, occasionalmente, tirare fuori dalla naftalina e riutilizzare l'ipod. Da quando mi ero convinto di essere penetrato in una cerchia di runners più evoluti e seri, infatti, avevo messo da parte l'accompagnamento musicale alla corsa. In tempi di Crisi però, mai disprezzare il doping emotivo di una playlist fatta bene. Ed io ne ho una che spacca...
  6. Valorizzare, oltre al doping musicale, il doping sociale. Di solito funziona tantissimo con il sesso. La regola del doping sociale è che ogni nuova conquista è un racconto che puoi confezionare e mostrare ai tuoi amici. E questo ti motiva. Raccontare un'impresa, si sa, è metà, o quasi, del piacere di portarla a termine. Le mie conquiste adesso sono Roma ed ogni singolo passo, leggasi allenamento, che porti laggiù. Il bar dove vantarmi delle mie imprese è questo blog. Non posso rinunciarvi. Corro, mentre lo faccio penso che la mia fatica sta producendo materia grezza che andrà lavorata in un racconto da postare e questo basta per ammorbidire un po'lo sforzo.
  7. Ascolta gli altri: hai creato un piccolo ensemble di mostri intorno a te. Carlo ogni mese perde la funzionalità di un arto inferiore, ma nonostante questo continua a correre. La scienza non si spiega come faccia. Nizza attraversa stati influenzali lunghi due settimane, virulenti come epidemie di vaiolo al porto di Marsiglia nell'700, ma poi si rialza dal letto e ricomincia a correre. Anche qui gli scienziati brancolano nel buio. Matteo, il vecchio custode della scuola, ha ripreso davvero. Mentre corre suda vodka tonic, lamenta dolori sparsi, ma è stato avvistato, da fonti affidabili tra cui...me, a qualsiasi ora del giorno e della sera nei Giardini di Via Palestro. Non per abbordare le giovani mamme nella zona giostre, come avrebbe fatto fino a qualche anno fa, ma per correre davvero. Qui la scienza proprio non c'entra niente, questa conversione ha più a che fare con qualcosa di mistico.. :-) . Davanti a tutto questo la Crisi deve sparire e le motivazioni devono ripartire.
Fissati questi paletti, ho affrontato la tredicesima settimana d'allenamento. Nel prossimo capitolo vi racconterò come è andata.

P.S. Nel terzo capitolo spiego anche il perché del titolo "Ehi, Piovonorunners!!".

"Ehi, Piovonorunners!!" -capitolo uno-

Con il weekend appena trascorso si è chiusa la mia tredicesima settimana d'allenamento in vista della Maratona di Roma, la prima dopo la domenica nera della Crisi. E' stata una settimana diversa, in effetti.
Prima i miei muscoli si muovevano come spensierati trader londinesi a cavallo del Millennio: rombavano su potenti fuoriserie acquistate con soldi fatti grazie a misteriosi derivati, che a loro volta si appoggiavano su arditi mutui immobiliari, sottoscritti e rifinanziati da obese famiglie del Wisconsin. Spinto dal loro immotivato ottimismo verso prospettive di crescita infinita, aumentavo i chilometri delle mie uscite e riducevo il periodo refrattario tra un orgasmo podistico e l'altro. Mi sentivo un incrocio tra Bernie Madoff e John Holmes. Invincibile.
Poi è arrivata la settimana di Berlino. L'obeso capofamiglia del Wisconsin s'è ammalato. Non è andato a lavorare e di conseguenza ha iniziato ad avere difficoltà a pagare il mutuo. Il muscolo trader per un po' non se n'è accorto: sgasava prepotente nelle sere berlinesi, flashava la notte con le sue scarpe fluo e correva spensierato.
La bolla è scoppiata davvero la domenica successiva, alla fine della dodicesima settimana della tabella. Durante il lungo ho avvertito la prima vera stanchezza dall'inizio del mio allenamento per la Maratona. File interminabili di fibre muscolari abbandonavano le scrivanie all'interno del mio corpo, portandosi via scatole di cartone piene di effetti personali e di motivazioni a correre. Al posto della loro presenza - tonica, reattiva e ottimistica - ho iniziato ad avvertire la presenza dell'obeso del Wisconsin, con le sue fibre adipose e pigre. L'ho sentito che rideva.
"Non lo sapevi che tutta la crescita vertiginosa della tua economia podistica, alla fine, sedeva sul mio divano comprato a rate da Wal Mart, eh? Adesso loro, le baldanzose scariche ottimistiche che ti spingevano, se ne sono andate. Io rimango, immobile. Adesso devi parlare direttamente con me. Adesso devi pagarlo tu, il mio mutuo".