Per prima arriva la nausea. La tallona da vicino una trave.
La trave si poggia delicata ma decisa sulla fronte.Non voglio aprire gli occhi.
Forse, se riuscissi a risprofondare nell'incoscienza.
E invece un pensiero risale in superficie al ritmo lento della nauseabonda risacca. Stamattina dovevi andare a correre. Altri prendono forma. Lentamente. Magari sei ancora in tempo. Apro uno spiraglio tra le ciglia. No, fuori c'è luce e prega di essere in tempo per andare in Studio. E adesso che cazzo scrivo sul blog?
Quell'altro fa i doppi allenamenti. Le ripetute. I fartlek (a me 'sti fartlek han sempre saputo di flatulenza). I lunghi della domenica. Le scariche sul Naviglio.
A me fanno ancora male le gambe dall'altra sera e sono fatto di gelatina. A me piace la gelatina. Mi piace anche la birra: scura, densa e doppio malto. Dalle 4 pinte in su, ovviamente. Insieme ho dovuto accompagnarci anche una decina di sigarette, non se poteva proprio fare a meno.
Sulla sedia di fianco al letto riposano pantaloncini, scaldamuscoli aderenti, calze, maglietta, mini giacchino tecnico e il fido GPS. Ai piedi del letto ci sono anche le scarpe da running. Era tutto pronto, ero stato diligente, mi ero portato avanti, non volevo perdere tempo a cercare le cose. Estote parati, mi ripetevano ai Boyscout: siate pronti. Sono sempre pronto. Alla bisboccia sicuramente.
Arrivato in Studio alzo gli occhi verso la tabella di allenamento. Lei mi ricambia muta. Non c'è molto da dire, in effetti. Il programma di allenamento sta lì, perfetto nella sua progressione verso la maratona di Roma. La città eterna è il vero obbiettivo. Imo a Roma!
Per intanto stasera mi aspettano un po' di chilometri. Un bel po', e proprio oggi che il freddo riesce a penetrarmi sin nelle ossa. Per fortuna c'è la nebbia, che pietosa nasconde le mie gesta agli occhi indiscreti degli altri runners, quelli veri.
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