lunedì 7 marzo 2011

Collezione Primavera-Estate (con foto)


Emozionati, timorosi e intirizziti come i sopravvissuti ad un day after post nucleare, i runners milanesi ieri hanno aperto la porta dei loro bunker e per la prima volta hanno rivisto il sole.
Il braccio, steso fuori dalla finestra a captare le condizioni climatiche, restituiva un ulteriore segnale: non c'era solo il sole, era un sole caldo, autentico.
Era quasi mezzogiorno quando con estrema calma e inedita fiducia avevo deciso di uscire dal letto per affrontare il lungo della domenica, che ieri misurava 24 km. In quel momento è arrivato il terzo segnale che, insieme al sole e al braccio-termometro, mi ha convinto che fosse finalmente arrivata la domenica che aspettavo da mesi. Era un messaggio e arrivava dal Piovono Runner Nizza che, con spirito pionieristico, era già uscito di casa e aveva già chiuso la sua corsa (tra l'altro complimenti per i miglioramenti, fratellino!). Anche lui, tra lo stupefatto e l'entusiasta, quasi con la paura di rompere l'incantesimo meteorologico, mi sussurrava che era una giornata quasi primaverile, quasi calda, quasi da maglietta a maniche corte.
Quasi mi commuovo.

E' il momento di armarsi di picozza, infilare la testa nell'armadio e andare a scrostare dal fondo la tenuta estiva da corsa, seppellita da mesi di disoccupazione e di monopolio della tutina integrale da black sperm.
Eccomi, modello numero 4, Girola:


Memore della precisione quasi svizzera con cui mi prendo un raffreddore ad ogni avvisaglia di cambio di stagione (Un grande classico: alè, fa caldo, giro nudo. Due giorni dopo rantolo e respiro come un tabagista centenario), mi concedo ancora la prudenza di un gilerino smanicato. Per il resto pantaloncino Nike con banda fluorescente della stessa nuance delle scarpe (devo smetterla di guardare Real Time con la Bionda, il mio vocabolario virile ne sta risentendo) e maglietta tecnica guadagnata con il sudore alla Mezza Maratona di Asti dell'anno scorso.
In tasca l'ipod touch con fotocamera, perchè la giornata va immortalata.
Come dicevo, ieri mi toccavano 24 km. La tabella, prudente, consigliava di farli a 5'20'' al km. Consiglia sempre di fare i lunghi a 5'20'' km. Bah.
In testa avevo un percorso a tema. Anzi, a due temi. Il primo erano i parchi, volevo attraversarne il più possibile, il secondo era il Memorial Carletto, ovvero il transito attraverso i luoghi dove di solito corre lui, una specie di via crucis per propiziare la sua guarigione.
Sono partito, al solito, dal mio parco delle Basiliche. Stretching e riscaldamento, con questa vista:


Esco e mi dirigo verso Porta Genova. Addocchio un paio di ristorantini da provare in Via Vigevano, ma sposto subito il pensiero altrove, memore dei mostri che può partorire la sovrapposizione di pensieri podistici e culinari.
Via Tortona mi aspetta al di là dei binari e mi porta verso via Bergognone. Da lì tutto dritto fino in Piazza Giulio Cesare, attraversando Piazza Piemonte, Wagner e Buonarroti. Pista ciclabile, quella che ho fatto centinaia di volte sulle due ruote, quando vivevo in zona Fiera/San Siro, e che un po'per questo le voglio bene (frase sgrammaticata, ma più affettuosa) fino a Lotto. Da lì si punta alla Montagnetta di San Siro, prima tappa del Memorial Carletto. Arrivato lì, con la gamba giusta e gli stimoli solari, decido di tentare una cosa mai fatta: arrivare in cima. Mi inerpico cercando di non abbassare il ritmo della corsa, accompagnato dalla fatica nei muscoli e dall fitte di invidia per quelli seduti sulle panchine, al sole, a sfogliare il giornale. Arrivo in cima. Se Milano fosse una città decente, la vista sarebbe meravigliosa. Ma chissenefrega, tra due settimane mi guarderò Roma dall'Aventino.
Per ora mi accontento di questo. Almeno lui è bello:

(é San Siro quella roba che emerge dal nulla meneghino)

Scendo dalla Montagnetta e la fiaccolata per chiedere la restituzione di Carletto al mondo della corsa mi spinge verso il Parco di Trenno, popolato di runner, passeggini e soprattutto animato da un serissimo torneo di calcio tra indiani/cingalesi (scusatemi, correvo e non mi sono soffermato sulle sfumature etnico antropologiche), con tanto di arbitri e folto pubblico.
Seguo il serpentone degli interisti senza emozioni o ribrezzo (il mio essere granata mi rende indifferente ai flussi calcistici domenicali) e arrivo a San Siro, nell'ora in cui la zona va
popolandosi. Dribblo polizia, chioschi e soprattutto giapponesi con la maglia di Nagatomo. Ne avrò visti almeno 20 e li ho trovati abbastanza surreali, ma quando la sera ho scoperto che il loro idolo aveva segnato ero contento, devo ammetterlo.
Punto nuovamente verso Lotto, taglio il Portello e arrivo al Velodromo. Inizio a essere perseguitato dalla sete, ma è un segno che fa caldo e sono quasi felice. Non mi fermo e sprinto verso il Sempione. Conosco già le sue insidie, il suo luna park e il suo zucchero filato, e questo mi aiuta a prepararmi all'agguato.
Anche qui non resisto e immortalo una Milano con dei colori che non vedo da troppo tempo:
Già che ci sono bevo anche alla fontanella. Va bene essere stoici, però...
Chiudo il mio tour girando attorno al Castello e attraversando i picnic delle badanti ucraine.
Il gps segna 24 km in circa due ore. Giro perfetto, gamba perfetta, tempo perfetto.
Ne avevo davvero bisogno, dopo le ultime settimane.

Runneroi, una poesia per voi

dal nostro misterioso lettore Anonimo

Ogni giorno, a Milano, un runner si sveglia, sa che dovrà correre più forte del giorno prima o finirà per non superare il suo record personale. Ogni giorno, a Milano, un altro runner si sveglia, sa che dovrà fare tutte le ripetute della tabella o non aumenterà la resistenza. Ogni giorno, a Milano, non importa che tu sia un runner che deve fare il lungo o un runner che deve fare le ripetute, l’importante è che inizi a correre.

Tratto da: «Ogni giorno, in Africa, una gazzella si sveglia, sa che dovrà correre più forte del leone o finirà mangiata. Ogni giorno, in Africa, un leone si sveglia, sa che dovrà correre più forte della gazzella o morirà di fame. Ogni giorno, in Africa, non importa che tu sia un leone o una gazzella l'importante è che inizi a correre».

venerdì 4 marzo 2011

In limine

Ho appena ingollato una pasticca di miorilassanti. Entro la fine della giornata ne avrò assunte altre due. E la sensazione freddo umida sul retro coscia mi rammenta del cerottone di anitinfiammatori.

Ho chiaramente cantato vittoria troppo presto. Questa mattina, al secondo giro intorno al Parco Sempione, ho di nuovo accusato irrigidimento e dolore ai muscoli posteriori della coscia destra. Ho provato ad individuare il muscolo esatto, cercando tra le tavole anatomiche su internet, ma sono talmente tanti che ho rinunciato ad incastrare il colpevole.

Forse l'indurimento accusato due settimane fa non era del tutto guarito, e latente, in profondità, la lesione era ancora presente. Ciò che mi lascia stupito è che il male sia tornato oggi, dopo due giorni di riposo. Non so proprio come regolarmi.

Una domanda continua a frullarmi in testa. Come farò?

Non ho ancora mai affrontato un lungo da trenta chilometri. Non ho mai corso per più di tre ore. Ho una gamba a mezzo servizio e il rischio è di rovinarmela per parecchio tempo se dovessi sovraccaricarla. Il dubbio è quasi amletico. Di sicuro, né domani né domenica potrò correre.

Cristiano ha descritto, qualche tempo fa, un certo tipo di crisi. Una crisi di motivazioni, certo, ma concludeva descrivendo il desiderio di poter di nuovo correre liberamente, senza scopo, per il puro piacere di farlo. Per tutto il tempo e per tutti i chilometri che possa desiderare, senza vincoli o obblighi.

La voglia di correre la Maratona è tanta. Sono anni che mi chiedevo se mai avrei avuto la forza, fisica e mentale, di correre per 42 chilometri (e poi sopravvivere per raccontarne. Non dimentichiamoci, infatti, che Filippide, il primo Maratoneta della storia, dopo aver genialmente stabilito la distanza, ci ha lasciati). Eppure questo non mi impedisce di pensare che per me è più importante la corsa per se stessa. Non tanto, dunque, partecipare a competizioni o fissare tempi e record personali. Ma correre!

Correre e respirare ed esultare del corpo in movimento.

Poi, ovvio, la medaglietta di partecipazione è importante. Collezionare luoghi e distanze fa parte del gioco, ma è un di più. Cercare su Internet le corse più strane ed i luoghi più affascinanti per viverli e conquistarli in modo diverso è un passatempo meraviglioso. Si tratta, però, di un contorno che fa piacere aggiungere. Non è certo il piatto principale, lo scopo.

E allora, mi chiedo se valga la pena rischiare di rovinarsi in modo serio la muscolatura, col rischio di rimanere di nuovo fermo per mesi. Per cosa?

Domani avevo in progetto di partecipare alla Corsa Marziana per Carnevale e poi di proseguire per altri 20 chilometri e portare a termine il lungo da 30 chilometri. Valerio, cavallerescamente, si era offerto di correre un tratto di strada con me. Mi avrebbe fatto enorme piacere. Era un modo per divertirsi e per imparare qualcosa. Perché avrei avuto modo di carpirgli qualche segreto, qualche accorgimento. Lui ha corso più di una maratona e più di quanto io abbia corso in tutta la mia vita.

Peccato. Il mondo del running mi piace ed è appena al di là di una porta della quale rimango sempre sulla soglia.

Una soglia che mi piacerebbe varcare

L'importanza del vello d'oro

Ieri.
Giovedí 3 marzo.
Ho appena finito di correre.
Nonostante la data farebbe pensare alla primavera, ieri sera non c'erano rondini che volavano in cielo. C'era solo una pioggerellina quasi inpercettibile, se hai un cappellino o un qualsiasi materiale impermeabile, ma se stai correndo non é proprio un sollievo. Per fortuna sopra avevo su il mio fantastico k-way che avevo acquistato per proteggermi dai monsoni malesiani dell'estate scorsa. Monsoni che si sono palesati solamente l'ultimo giorno mentre io e Fede andavamo con zaino in spalla all'aeroporto. Non vi dico quanti bioparco c’erano sul tragitto, ma questa un altra storia.
Sotto vi chiederete? Sento la sospance che cresce dentro di voi.
Sotto i consueti pantaloni da mega-etero che trattengono il caldo delle gambe, ma che sono anche efficientissimi nel trattenere la pioggerellina.
Ma il problema, il vero problema, la microscopica crepa che dopo 40 minuti ha creato la falla nella mia temperatura corporea, é stato quello che c'era sopra il sopra. Forse dovrei dire quello che non c'era sopra il sopra. Oddio mi sto perdendo, vabbè dal collo in su.
Chi mi conosce o cmq ha visto la foto, io sono quello che è contraddistinto da una capigliatura da super sayan. Insomma il rasato dei tre. E questo, se é in effetti una figata con i climi miti, non si addice molto a una corsa sotto una pioggerellina con tre gradi e mezzo.
Il punto della situazione è che normalmente correndo ci si scalda per il movimento e quindi si riesce a contrastare il freddo circostante. Ma a tre gradi e mezzo, sotto gli sputacchi di quelle rondini che ti aspetti di vedere sfrecciare in cielo e che invece stanno rintanate perché fa troppo freddo e ti guardano si sbieco come a dire “poveretto quello…”, l’assenza totale di una qualche imbottitura o copertura per il mio cuoio, ahimè, non più capelluto si rende necessaria e sacrosanta.
E quando le orecchie erano ormai un ricordo, e la testa pulsava per il freddo, ho deciso che il tributo a lei si poteva considerare saldato e che se non volevo diventare un nuovo Farouk, poteva bastare.
Mentre scrivo queste righe mi viene in mente che solo mio fratello può comprendere a pieno le emozioni provate, perché gli altri tre miei amichetti di corsa sono abbondantemente capello muniti e, forse, danno per scontato l’importanza del vello d’oro, che in queste serate è indiscutibile

giovedì 3 marzo 2011

In un giro di Rolex. O poco più.

Ho scoperto che il sogno di ogni Milanese, il giro Milano-Santa-Courma, misura 466 km. E mi sono fatto una risata.
Ho scoperto che farsela di corsa tra Parigi e Londra, a parte il problema di chi deve dare la precedenza a chi tra me e il treno sotto al tunnel della Manica, sarebbe una passeggiata di 456 km. Ridicolo.
Ho scoperto anche che se scappi dai tori a Pamplona e già che ci sei, spinto dall'adrenalina, decidi di proseguire verso Barcellona per andare a fare serata, devi correre appena 481 km. Robetta.

Mi sono dato al gioco delle distanze perché l'altro giorno ho fatto ordine nella mia tabella. Ho deciso di impilare uno sull'altro tutti i km che ho corso in queste sedici settimane di preparazione verso Roma. Così, tanto per ribaltare la mia prospettiva e vedere che effetto facevano messi tutti lì, in fila. Li ho sommati, calcolatrice alla mano.
Beh, fanno effetto. Sono 558.

Poi memore dei miei trascorsi da pendolare tra Roma e Milano mi si è accesa una lucina, che è diventata curiosità impellente e presagio astrale. E ho fatto un'altra scoperta.
Sono andato su Google Maps per misurare la distanza esatta tra casa mia a Milano e via dei Fori Imperiali a Roma, luogo di partenza della gara.
Sono 584 km.

Come (quasi) coincidenza non è male, dovete ammetterlo. Alla fine del mio programma di allenamento avrò corso più o meno gli stessi chilometri che avrei dovuto percorrere per andare a piedi da casa mia alla linea di partenza della Maratona di Roma.
C'è una specie di predestinazione in questa congiunzione chilometrica.

Non lo sapevo, ma a partire dal primo allenamento di fine novembre avevo di fatto lasciato Ticinese, mi ero avviato verso Assago e poi, un po' per volta, ero arrivato a Melegnano, avevo fatto a tappe l'Emilia, a Bologna avevo svoltato verso l'Appenino, Firenze, poi giù verso la Maremma. Da poco ho passato Viterbo, ora sono più o meno dalle parti dei Castelli e il Grande Raccordo Anulare è ormai in vista.

Roma, ti ho quasi raggiunto.



mercoledì 2 marzo 2011

Barba e caffè

Oggi riposo.

Ci vuole. Ieri mattina ho tirato parecchio rispetto al solito, con due giri ben larghi intorno al Parco Sempione e ritorno a ritmi sostenuti. Avevo dimenticato qua in Studio il GPS, e quindi non ho certezza sui tempi al chilometro, nè posso postare l'immaginetta del percorso fatto. Ma azzardo un 5 minuti basso al chilometro e circa una dozzina i chilometri percorsi.

Ne approfitto per descrivere ciò che avviene dopo la corsa, al rientro in casa, poco prima delle otto del mattino.
L'ortopedico mi ha consigliato di fare stretching dieci minuti dopo la fine dell'attività fisica, per evitare di lavorare su muscoli troppo elastici, quindi mentre passano i dieci minuti ho tempo per compiere alcune attività, a cui seguono altre attività.

Attività rigidamente codificate dall'abitudine e dallo studio esatto dei tempi.

La prima è passare dal bagno ed aprire l'acqua calda. Poi, mentre la vasca si riempe, vado ad accendere il computer e inizio a levarmi alcuni strati, fradici di sudore. Mentre il computer si avvia, ritorno verso il bagno, passando però dalla cucina, che al primo giro ho evitato.
Apro il frigo e prelevo una bottiglia d'acqua. Con la bottiglia mi dirigo in bagno, bevo e la poggio a bordo vasca. Dopodiché, ritorno in camera a prendere il libro che sto leggendo e finisco di spogliarmi tra una stanza e l'altra. Quando torno in prossimità della vasca, sono circa le otto e cinque l'acqua è quasi al livello giusto e inizio lo stretching.
Ore otto e dieci circa sono nella vasca, a leggere beato. Mi concedo un quarto d'ora di goduria, poi freneticamente mi lavo e mi sbarbo. A questo punto sono quasi le otto e trentacinque. Nei successivi dieci minuti accade un fenomeno paranormale, a seguito del quale alle otto e quarantacinque sono in strada vestito, a volte anche profumato.
Metropolitana e arrivo in San Babila più o meno alle nove e dieci. A questo punto c'è la colazione al bar e, soddisfatto, varco la soglia dello Studio, in Corso Venezia, alle ore nove e venticinque.
I vestiti rimangono sul pavimento sino a sera. E il computer? Probabilmente è rimasto acceso, sulla pagina di selezione Utente. Come stamattina, che volevo scaricare la seconda serie di The Big Bang Theory.

Adoro Sheldon Cooper.