giovedì 20 ottobre 2011

Frammenti

E' un po' che non scrivo.

Il motivo è che sono profondamente amareggiato. L'amarezza nasce dalla constatazione che il lavoro e l'impegno non sempre premiano. Ne ha scritto Valerio. E siccome il desiderio è di essere, per quanto possibile, brillanti ed accattivanti, il mood non è dei più adatti per lo stile prefissato. Ma c'è anche altro, che dà ragione di esistere all'amarezza, e che merita di essere raccontato. Come sempre c'è la corsa, è lo sfondo.

Ho passato un'estate meravigliosa.

Due mesi e quindici giorni lontano dal lavoro. Due mesi e quindici giorni sui libri, sui codici. 75 giorni di puro studio. Senza il mare, senza discoteche, alcool e feste. Eppure due mesi bellissimi. Perché ho avuto modo di conoscere, per convivenza "forzosa", Valerio, Diletta (la donna più fortunata del mondo), Ilaria, e tanti altri con cui ho condiviso giornate e serate surreali, quasi iperrealistiche, tanto vive e ciascuna importante, fondamentale, imprescindibile per il risultato finale.

Due mesi di maglietta e pantaloncini. Di infradito. Di barbe sfatte al punto da fare il giro e diventare colte. Due mesi di sudore. Sudore della fronte, e testa pesante e intontita. E sudore che lava via la pesantezza. Corse a perdifiato. Da ammazzarsi di fatica.

Ricordi di caffè mattutini, portati al compagno che faceva la fila per il posto in biblioteca. Ricordi di succhi di frutta e plumcake, "così quando ti viene fame non ti devi alzare". Ricordi di partite a Scarabeo, con il tramonto sui monti sopra Lecco (le mie prime in assoluto, ci voleva un campione per farmi giocare, finalmente). Ricordi di sigarette nel cortiletto della biblioteca. Ricordi di Loacker.

Chiacchiere, parole, ricordi, progetti sono andati avanti e indietro. Un continuo rimbalzo. E invece, strano per due runner, mai una corsa assieme. Quando correva Valerio, io stavo fermo. E quando correvo io, viceversa. Tranne una, trionfale, a Luglio. Dopo sedici chilometri di città, abbiamo tagliato per primi, assieme, un traguardo. Poi la corsa è rimasta cosa di una nostra dimensione personale. Per me uno strumento per mantenere la tensione entro limiti accettabili.

Ci siamo separati solo alla fine. Durante gli ultimi dieci giorni prima del suo esame. Tempi di preparazione diversi. Proprio come per la corsa: due runner che preparano la stessa distanza, ma per date diverse, non potranno mai allenarsi assieme. Farsi compagnia si, darsi forza e sostegno a vicenda sì, ma non fare gli stessi allenamenti. E così è stato per lo studio. Il mio esame era quindici giorni dopo. Su due mesi e mezzo sembra un'inezia. Ma le 20.000 pagine accumulate, tra letture e riletture, in quei quindici giorni finali, danno un'idea della distanza che ci separava.

I miei ultimi quindici giorni parlano di Ilaria. Della stanza occupata da un tavolo, due sedie, e tanti libri. Del sole che entra di sbieco. Della sua ferma pazienza nel rimandarmi indietro le minchiate giuridiche. Della sopportazione e del sostegno di Lucia e Vanessa. Delle granite al caffè, e degli aperitivi alla coca cola (senza ghiaccio). Di Michele che ci preparava da mangiare.

Per un poco sono anche riuscito a correre, la mattina presto, poi mi sono spezzato. Primo segno di cedimento fisico. Infine è arrivata la febbre, ma ho retto sino al giorno dell'esame. Adesso, a distanza di venti giorni circa, la febbre non è ancora andata via e sono sotto antibiotici.

Non corro da trenta giorni circa. Per l'esattezza dal 19 settembre. Settimana prossima tornerò a correre, per lasciare indietro amarezza e, forse, anche febbre.

domenica 16 ottobre 2011

Costipation

Costipato. E' una parola che ho sempre desiderato usare in un post. Finalmente ne ho l'occasione.

Sono stato parecchio costipato nelle due settimane successive al fattaccio. E' inutile illudersi. Il maratoneta è un essere capace di correre indefesso oltre il limite umano. Ma sempre uomo rimane. Con le sue passioni, le sue pulsioni e le sue necessità.

E così, da maratoneta stanco, sono stato sopraffatto dallo sconforto. Ho smesso di correre. E mi sono costipato. Oddio, non ho proprio smesso di correre. Diciamo che di 50 km programmati per la prima e per la seconda settimana ne ho corsi rispettivamente 10 e 22. Ma con quanta fatica!!

Non so se sia stata la costipazione a impedirmi di correre o la mancanza di corsa a costiparmi. Una cosa è certa, per quanti tentativi facessi, non mi riusciva né l'una né l'altra cosa.

(ATTENZIONE: l'esposizione prolungata a questo video provoca costipazione)

Che cosa c'entra la costipazione con la corsa? Ho sempre cercato di vivere la corsa con armonia. E non ci può essere armonia se c'è costipazione. E' una legge fisica. Un corpo costipato tende ad andare verso il basso mentre le gambe lo spingono in avanti. Il grafico può chiarire meglio il concetto.

(il grafico mostra come il miglioramento delle prestazioni dipende dallo scarico)

La Deejay Ten. Quello è stato il momento di maggiore carico. Il tempo finale è stato implacabile: 44 minuti e 38 secondi. Quasi 4 minuti in più dell'anno scorso. Un dramma.

(nella foto: tiro in dentro la panza per nascondere la costipazione)
Il sabato successivo ero alla Salomon City Trail Milano. Una settimana dopo la Deejay Ten. Una settimana sofferta. La cocente delusione rischiava di trascinarmi nel baratro dove sarebbe dovuto andare ciò che mi costipava. Uno scatto d'orgoglio, tante fibre e la magnesia san pellegrino hanno compiuto il miracolo. 5 km di saliscendi in 20 minuti e 48 secondi. 4'15'' al km. Niente in paragone a qualche mese fa, quando macinavo chilometri sotto i 4' al km. Ma che soddisfazione!!

(Non più costipato, il corpo sembra salire da solo. Sembra)
Una soddisfazione pari solo alla bontà del ristoro a fine gara. Una fetta di gorgonzola sovrastata di polenta. Alle 10.30 del mattino.

"Due porzioni garçon!"
"Ecco monsieur, ma non si costipa con tutta questa polenta?"
"Non più. Non più."

Tutto fila liscio la settimana seguente. Lunedì 21 km corsi a Trento, dove mi trovavo per lavoro. 4'55'' al km di media. Mercoledì a Milano, dove mi trovo per vivere e correre. 10 km a 4'50'' al km. Giovedì partita di calcio a otto all'idroscalo, dove mi trovavo per giocare a calcio a otto.

Ciliegina sulla mostarda, domenica 16 ottobre 2011, la mezza maratona di Cremona.

Festeggio l'arrivo tranquillo in 1 ora 32 minuti e 26. Senza (troppo) affanno, che domenica prossima c'è la Maratona di Venezia.

Comunque abbastanza veloce da superare Gianni Morandi, che ha chiuso in 1 ora 47 minuti e 55 secondi.

Ebbro di gioia, festeggio come un vero Piovono Runner sa fare. Nel seguente rigoroso ordine ingurgito: due banane; una fetta di crostata; due porzioni di formaggio, salame, pane e mostarda. Una passeggiata digestiva per arrivare alla trattoria. Poi si riparte: frittata come amuse bouche; risotto con funghi porcini e petto d'oca; dolce.

Costipato?
Non più. Non più.

giovedì 6 ottobre 2011

Deejay Ten (con foto)

Versione ufficiale: volevo finalmente provare un nuovo tipo di gara. Avevo fatto maratone, mezze maratone, maratone a staffetta e persino robe strane tipo correre da Milano a Pavia per 33km.
Mi mancavano, i 10.000.
I 10.000 sono quella gara che quando la becchi in tv, all'Olimpiade o a qualche meeting estivo d'atletica, pensi che quello è il momento giusto per alzarti ed andare in bagno.
Sette keniani disinvolti sfidano sette maghrebini che non sudano. Dietro di loro di solito arrancano un paio di europei asmatici, un americano che al college l'hanno messo a fare i 10.000 perchè era una sega a football e magari un giapponese, che tanto è felice pure se arriva ultimo.
L'allegra compagine si spara 25 giri di pista. Interminabili.
Per quello la pisciata è concessa.
Quelli dei 10.000 metri sono però anche gli atleti più a rischio.
Perchè mentre loro corrono la gente si annoia, giustamente. Quindi durante i 10.000 organizzano di tutto. Gare di salto, premiazioni di gare precedenti, gare di lanci.
Ecco i lanci. Ogni tanto un giavellotto passa da parte a parte uno degli atleti caucasici (i neri e i maghrebini sono troppo veloci, è statisticamente più improbabile. E il giapponese è troppo basso).
Se nessuno degli atleti dei 10.000 si trasforma in un kebab, è difficile che qualcuno se li caghi prima degli ultimi due-tre giri della gara. 22 giri di indifferenza e 3 di gloria. Tanto voleva correre i 1500, credo pensino molti di loro.
Ah, gli europei poi ovviamente arrivano dieci minuti dopo gli altri e vengono superati anche dal keniano che fa il giro di campo con la bandiera.

Insomma, una disciplina affascinante, che andava provata.

Versione ufficiosa. Non ho mai guardato con attenzione una gara di 10.000. O ero in bagno a pisciare o dormivo. Life is too short.
Il problema è che il mio attuale stato di forma mi impediva di competere su distanze più impegnative.
E poi era un anno che lumavo con tamarrosa invidia la canotta nera cafonissima sfoggiata dai podisti della domenica come me, che l'avevano ricevuta in omaggio partecipando alla Deejay Ten dell'anno scorso.

Immaginate la delusione di sabato, quando sono andato a ritirare il pacco gara e ho scoperto che ci omaggiavano di una banalissima maglietta da corsa con le maniche.
Banalissima, ma almeno di un giallo fluorescente che credo di aver visto solamente addosso alla Polstrada di Vercelli, nelle notti transilvaniche di nebbia totale.
Sabato ho anche visto Carlo, si era appena iscritto. E' stato l'unico momento del weekend di gara in cui l'ho incrociato. E non perchè il giorno dopo abbia corso velocissimo e sia sparito dalla mia vista. No. Però la legge bavaglio mi impedisce di raccontare della sua performance. Chiedete a lui...

Domenica solita sveglia solitaria, silenziosa e bellissima. Esauriti tutti i riti preparatori, esco in strada, arraffo una bici dalle rastrelliere del bike sharing e punto verso l'Arco, luogo di partenza della gara e di ritrovo con gli amici partecipanti (senza per altro essere sicuro di chi avrei beccato perchè le gare della domenica mattina - ma soprattutto i sabati sera che le precedono - sono a fortissimo rischio di assenteismo).
All'Arco, la solita magia delle gare: ci si sveglia quasi all'alba e, in qualunque città ci si trovi, ci si dirige verso il punto di partenza attraversando paesaggi spettrali, desertici, bellissimi. Una specie di safari urbano possibile solo la domenica mattina alle 8.
Poi arrivi al punto di ritrovo e sono tutti lì, gli esseri umani coraggiosamente svegli a quell'ora. Una densità pazzesca, in mezzo a una città che dorme. Questa volta stupiva anche l'impatto cromatico: tanti hanno rispettato le richieste degli organizzatori e hanno indossato la maglia fluorescente ufficiale, quella che trafigge le retine.
Eccolo, il popolo giallo che si sposta dall'Arena all'Arco



Il nostro appuntamento è davanti al Living, perchè siamo dei milanesi fighetti anche la domenica alle 8.
Questo è Gianlu, nella sua personale interpretazione mimica dell'Arco (o è un imitazione di Heather Parisi, non è chiaro)
E vabbè, diciamo che Gianlu ero sicuro di trovarlo. Lui è uno che la corsa la prende sul serio. Sugli altri avevo qualche dubbio in più. Sarà che avevo condiviso con loro la serata antecedente alla gara. Sarà che avevo condiviso con loro anche diverse bottiglie di vino su un terrazzo. Sarà che quando io sono andato a dormire, per loro sembrava fossero ancora solo le 19 e che la serata vera dovesse ancora cominciare.
Sarà, ma è anche vero che Matteo è l'eroe comparso alla gara delle 5.30 del mattino facendo il dritto dalla sera prima, qualche mese fa.
Ed è un'emozione vederlo per la prima volta davanti al Living. Per la prima volta senza una vodka tonic in mano, intendo.
Ha convinto anche lei, Carlotta, con argomenti di grande maturità e spessore tipo "Sei una sega se non vieni", "Cos'è, hai paura?", "Ah, non ce la fai?"
Io ci provo nello stesso modo con Nizza da anni, ma niente da fare. Sulla corsa. Perchè invece questa tattica funziona infallibilmente quando si tratta di convincerlo a bere un Negroni in più.
E quindi eccola qua, iscritta con lui alla 5 km. Rea confessa di aver, forse, raggiunto la distanza dei 5 km solo sommando tutta l'attività podistica della sua vita. Shopping incluso.
Io e Matteo non ci siamo piegati alla dittatura del fluo, ma sfoggiamo le magliette Piovono Runners (dovete fidarvi, perchè il logo è dietro)
Ci infiliamo nelle griglie di partenza, ognuno per la sua gara. L'inizio è una bolgia e io come al solito sono nelle retrovie, con i pe(d)ones. Il risultato è che tra lo sparo e il momento in cui effettivamente varco la linea di partenza passano dai tre ai quattro minuti.
Si risale tutto Corso Sempione, fino a Piazza Firenze. In questo primo tratto si corre più a zig zag che dritti, nel tentativo spasmodico di superare, spinti dall'interruttore dell'agonismo che sia ccende in automatico quando fai partire il cronometro e lo vedi lì, che scorre inesorabile.
Corso Sempione è diviso in due, perchè dovremo percorrerlo anche in senso inverso al ritorno. E' per questo che dopo poco tempo, nell'altro senso di marcia, vediamo i primi atleti che stanno già tornando.
Corrono come il mio Scarabeo 100 non fa ormai da anni.
Passo sotto il Trio Medusa. Li hanno parcheggiati su un palchetto sopraelevato, vestiti da Beatles. Stanno cantando "na na na nananana he-hey linus", sulle note di Hey Jude.
(li incontrerò di nuovo all'ultimo chilometro, circa mezzora dopo, ancora intenti a cantare lo stesso ritornello)
Subito dopo c'è il famigerato, e non furbissimo dal punto di vista organizzativo, punto di confluenza delle due gare. Praticamente a un certo punto la 10km e la 5km si uniscono per fare una parte di percorso in comune.
Peccato che sia come far immettere improvvisamente una strada sterrata percorsa da trattori in un autodromo, durante un gran premio.
Da destra arrivava l'allegro carrozzone della 5 km, con i cani, i bambini e la gente mascherata, da sinistra piombavano gli ossessi della 10 km, dilettanti ma con l'ossessione della performance, non del tutto propensi all'idea di farsi rallentare dalla marea di passeggianti e passeggini.
Superato l'ingorgo, sento che la gamba funziona bene e cerco di mantenere un ritmo alto. Miracolosamente mi riuscirà. Senza rallentamenti, dolori, crisi.
Tutto secondo le più rosee aspettative, tranne il thrilling finale.
Via Melzi d'Eril, ultimissimi metri. Sono in fase ritmo alto, ma tranquillo. Una spizzata al cronometro mi ha rassicurato che ce l'avrei fatta a concludere il tutto stando dentro i 45' e qualcosa (ottimo, dato che provando la distanza in allenamento stavo tra i 47' e i 48' abbondanti). Alla fine della via, incrocio con Corso Sempione, avvisto il gonfiabile rosso. Inequivocabilmente l'arrivo. Altrimenti chi metterebbe mai un gonfiabile rosso, a forma di Arco sotto cui passare? Non può indicare l'ultimo km, perchè quello l'abbiamo già passato.
E' l'arrivo, penso, e io sto facendo un fantastico 45'. Completo la curva di Melzi d'Eril. Il sorriso si accende e si spegne in un secondo, come una lampadina fulminata. La gente davanti a me supera il gonfiabile e continua a correre, svoltando a destra nella parte pedonale di Sempione.
Merda.
Mi riprendo e penso a una cosa sola. Devo restare comunque sotto i 46'. Inizio a mulinare le gambe come un pazzo. Schivo, dribblo, supero. Non guardo il cronometro perchè ho paura. Non guardo il gonfiabile, quello vero dell'arrivo, perchè mi sembra ineluttabilmente lontano. Penso solo a correre, correre, correre. Lo supero in uno slancio folle e, alla cieca, tiro una ditata sul cronometro per stopparlo. Per fermarmi mi schianto contro il tipo davanti a me, che aveva inchiodato subito dopo l'arrivo. L'impatto ha quella consistenza sudaticcia e flaccida della partita di basket di Ben Stiller vs Philip Seymour Hoffman in E Alla fine arriva Polly.
Me ne fotto, tanto facevo già schifo prima di spiaggiarmi su quell'uomo.
Guardo il cronometro, spizzandolo come un mazzo di carte in una partita di poker, una cifra alla volta.
4...
...5...
...5...
...8.
45'58''
Ce l'ho fatta.

Arraffo la medaglia simbolica e in un impeto di generosità che nemmeno Michela Brambilla, la metto al collo di Ugo, che con la padrona Franco (non è un errore di battitura) Moro è venuto a fare il tifo per noi all'arrivo.
Eccoli:

Ribecchiamo anche Teo e Carlotta, reduci da un sorprendente e notevole 29' sulla 5 km. Nemmeno ora Teo ha in mano un vodka tonic e adesso, lo ammetto, un po' mi delude vederlo così.
Gianlu probabilmente è arrivato mezzora fa e ora è a casa e sta pranzando. Già docciato.

Ah, giusto: mancano le prove della riuscita del folle sprint. Eccole:

lunedì 19 settembre 2011

Piove, runners.

Ci sono svariati modi per affermare la proprio individualità all'interno di un gruppo sociale.
Io ne ho scelti alcuni particolarmente antipatici.

Non mi piace il cioccolato. Il che mi taglia fuori dal 75% delle torte di compleanno e dal 100% delle pasque.

Non bevo caffè. Il che mi esclude dalle confidenze da ufficio, quelle che si dicono solo davanti alla macchinetta, al mattino. Rende terribilmente noiosi, questa cosa:
"Andiamo a prenderci un caffè?"
"Non lo bevo"
"Allora fottiti"
(quest'ultima battuta, fortunatamente, è quasi sempre solo pensata dal mio interlocutore).
Sono anche stato l'unico ad essere felice quando hanno inventato la Redbull
(quasi tutti gli altri se ne sono accorti solo quando un alchimista alcolizzato ha pensato di accoppiarla alla vodka).

E poi non galleggio. Sono serio, non so stare a galla. Cioè, nuoto per carità.
Ma non so fare il morto.
Mi hanno spiegato in tanti che è la cosa più naturale del mondo. Che non richiede talento o allenamenti. Che basta stendersi sul pelo dell'acqua e respirare normalmente.
Io ci provo con regolarità. Mi allungo orizzontalmente sul mare e chiudo gli occhi. Assumo forme che vanno dalla stella al crocefisso.
Il tutto di solito dura dai tre ai quattro secondi. Il tempo di ingannare qualsiasi legge fisica da Archimede in avanti.
Poi le mie gambe iniziano ad affondare, lentamente. La schiena si inarca. L'addominale è inutile (anche quando c'era davvero). L'attrazione dell'abisso è irresistibile.
Trascorsi dieci secondi, nei quali di solito ho anche bevuto un paio di sorsate d'acqua salata in un estremo e annaspante tentativo di ribellarmi agli eventi, mi ritrovo verticale come prima, a muovere le gambe sott'acqua per stare a galla.
Gli altri ridono.

Però l'acqua è il mio elemento in un altro senso: quando corro.
Ieri pomeriggio l'ho ritrovata, dopo un'estate assolata e secca. Mi è piombata addosso a metà della mia uscita. Roboante, fradicia, a secchiate. Mentre molti riparavano il più velocemente possibile verso casa o sotto le pensiline degli autobus, io godevo.
Mi piace da morire correre sotto l'acqua. Mischiare il sudore alla pioggia fino a non distinguerli più. Sentire quel senso di piccola epica, l'unica che alla fine possiamo concederci noi podisti dilettanti. Fottersene di come conci i tuoi vestiti, tanto non devi essere presentabile per nessuno e quella roba a casa l'avresti lavata lo stesso. Tenere gli occhi a fessura, quando ne scende veramente tanta e tu non hai neanche una visiera a farti da tettoia. Infilare il piede in una pozzanghera e, per un secondo incazzarsi - è un riflesso incondizionato -  ma un attimo dopo capire che non cambia niente, visto che sei già fradicio ovunque.
La pioggia, quella a catinelle come ieri, mi rende libero. Mi porta a quelle situazioni genere "peggio di così" che mi fanno sentire capace di fare tutto, tanto non ho più nulla da perdere.
La pioggia, quella fine e persistente, invece mi rende severo. E' un metronomo della fatica che mi restituisce il senso di quello che DEVO fare anche se le condizioni atmosferiche sono avverse. Mi ha accompagnato tante volte nell'ultimo inverno, quando mi allenavo per la Maratona di Roma. Era la prova inconfutabile che ce la stavo mettendo tutta, perchè uno che avesse potuto scegliere, quella domenica sarebbe rimasto a letto. Io invece la vedevo e uscivo lo stesso. Andavo a farmi schiaffeggiare da lei. Perchè io ero più forte. Perchè io ero più motivato. Perchè il mio sogno di correre la prima Maratona era moralmente impermeabile.

La superficie dell'acqua la lascio a voi che sapete galleggiare.
Io nell'acqua infilo la faccia, sorrido e corro.

venerdì 16 settembre 2011

"Lei è giovane e preparato"

Bocciato.

La Tranvata

Chi corre è abituato all'imprevisto. Ti prepari per mesi in vista del grande obbiettivo e alla fine un cane ti morde mentre ti alleni. Hai un brutto incidente in moto. O anche semplicemente ti capita un infortunio. Niente che ti impedisca di rialzarti, e ripartire.




E' anche grazie a queste considerazioni che riesco a sostenere il peso di quanto è successo.

La Storia
Esame da avvocato. Milano. Esame scritto a dicembre 2010, superato con voto 40-40-40. Il nono voto più alto. Esame orale a settembre 2011, pochi giorni fa.

Capito nella commissione presieduta dall'Avv. F.. Su di lui circolano tante storie. Dicono che l'anno scorso bocciò i primi sette candidati e che per questo fu richiamato informalmente dall'Ordine. Dicono che sia sadico. Dicono che faccia domande assurde. Dicono che i forum online siano pieni di queste leggende.

Leggende, perché preoccuparsi.

Inizia l'esame alle 18.25 di mercoledì 14 settembre. Prima di me la stessa commissione aveva bocciato tre candidati e ne aveva promosso uno. Uno su quattro, le statistiche sono a mio favore (pensiero positivo, pensiero positivo, pensiero positivo).

Prime domande di diritto civile. "La rilevanza dei motivi nel contratto, nel testamento e nella donazione". Tutto OK. Domanda su "impossibilità sopravvenuta della prestazione". Dopo un po' chiedono "è a conoscenza di un orientamento giurisprudenziale sull'inesigibilità della prestazione come ipotesi di impossibilità sopravvenuta?". Lo conosco, era stato chiesto all'esame scritto due anni fa. Racconto il caso. Spiego l'orientamento. Tutto OK.

Domande di diritto processuale civile. Qui interroga solo una professoressa della Statale. Ordinario. Tutto OK.

Domande di diritto costituzionale. Sulla prima, dopo aver risposto, mi lancio in una comparazione con la costituzione francese anteriore al 2007. Tutto OK. I'm on fire.

Le ultime tre materie: Diritto dell'Unione Europea, Diritto Internazionale Privato, Deontologia Forense.

Inizia a interrogare il Presidente. Interroga solo lui. Interroga leggendo tutto il tempo le domande su un portatile che tiene davanti a sé. Lì ha anche le (sue) risposte.

Diritto dell'Unione Europea. All'università avevo 30. "Libera circolazione delle persone". Spiego la disciplina attuale. Spiego la disciplina del trattato del 1957, le modifiche operate con l'Atto Unico Europeo (1986), con il Trattato di Maastricht (1992), con il Trattato di Lisbona (2007). Mi guarda dubbioso, aggiunge domande insulse. Rispondo. Tutto OK. Credo.

Diritto Internazionale Privato. All'università avevo 30. Lo pratico a lavoro. "Diritto applicabile al matrimonio". La domanda è priva di senso. C'è un diritto della cerimonia (la prima risposta che do), c'è un diritto per la capacità dei nubendi, c'è un diritto per i rapporti personali tra i coniugi, etc. etc.. Chiedo se può precisare la domanda. Non la precisa. Rispondo. Non è la risposta che ha sullo schermo del portatile. Un altro commissario gli chiede di precisare la domanda. Quando finalmente la precisa rispondo.
Mi corregge "cittadinanza" con "nazionalità" (nel diritto internazionale privato vogliono dire esattamente la stessa cosa). Mi corregge "il criterio di collegamento è..." con "la legge applicabile è..." (nel diritto internazionale privato vogliono dire esattamente la stessa cosa. Il primo termine è più tecnico).
Qualche altra domanda simpatica (ad es. "ci si può sposare con il rito concordatario all'estero?"). Rispondo. Tutto OK. Credo.

Deontologia Forense. Domanda sul "procedimento disciplinare". Inquadro l'istituto in termini generali. Vuole il procedimento, passaggio per passaggio. Inizio, dopo un po' mi interrompe. Non ricordavo ogni singolo passaggio. Durante l'interrogatorio la Professoressa della Statale gli fa segno che sono già le 19 ed è tardi. Mi mandano via.

Esco molto nervoso dall'aula. L'esame era andato bene. Ma che stupido sono stato a non memorizzare ogni passaggio del procedimento disciplinare! E come si può interrogare senza avere idea della materia?

Aspetto l'esito con cauta fiducia. Quelli che erano venuti ad ascoltare le domande si avvicinano per farmi i complimenti.

Passano dieci minuti. Perché ci mettono così tanto?

Passano venti minuti. Un toro in gabbia. Mi chiamano dentro. Il commissario a sinistra mi guarda. Occhi lucidi. Cenno distrutto con la testa. Al centro il presidente. Ghigna a mezza bocca. Attraverso l'aula, arrivo davanti alla commissione. Il presidente, serio: "ci sono state insufficienze gravi". Le materie in cui mi aveva interrogato lui: Diritto dell'Unione Europea, Diritto Internazionale Privato, Deontologia Forense. "Non è ammesso".

Non ci posso credere. Tutt'attorno è silenzio. Chiedo spiegazioni, la voce si incrina. Tre commissari avevano il viso affranto. Lui ribadisce la sua posizione. Chiedo agli altri.

Cercano di giustificarsi. "E' il regolamento". "Abbiamo discusso e questa è la decisione, condivisibile o no che sia". "Lei è giovane, ha 27 anni. Pensi agli altri prima di lei che con l'hanno passato" (sic!).

Il capolavoro lo pronuncia la Professoressa della Statale. "Lei è giovane e preparato, lo ripasserà sicuramente l'anno prossimo" (sic!).


***

Che cosa resta di tutto questo? Un anno di studio gettato alle ortiche. Un danno economico non irrilevante. Un enorme senso di ingiustizia da scrostare dalla suola delle scarpe.

La sfida sarà trasformare la rabbia, negativa, in energia, positiva.

Da martedì si torna in ufficio. Da oggi si ritorna a correre. Il 2 ottobre c'è la Deejay Ten (chi viene?). Il 23 ottobre c'è la maratona di Venezia.

La corsa cura tutto. E qui c'è da piovere tanto, Runners!

martedì 13 settembre 2011

COMUNICATO STAMPA

Da pochi giorni pioviamo anche su Facebook.
Per ora è ancora allo stadio embrionale, ma come potete vedere, stiamo lavorando duro e alacremente per voi.
Abbiamo voluto fare le cose in grande stile, assumendo la squadra numero uno nei lavori di allestimento.



Come preannunciato, questa è una delle novità di questo nuovo semestre.
Abbiamo pensato che su facebook sarebbe stato più semplice darvi la possiblità di commentare e partecipare più attivamente alle nostre imprese  podistiche e grazie alle potenzialità offerte, cercheremo di darvi sempre più spunti per cazzeggiare durante le giornate.
Quindi presto muovetevi, andate sulla pagina e cliccate su “mi piace.