mercoledì 15 febbraio 2012

Ich bin ein Berliner (Raffreddaten)

A Berlino fanno una delle maratone più famose del mondo e la fanno a settembre,  che per parteciparvi un runner italiano dovrebbe piazzare gli allenamenti più duri tra fine luglio e agosto. Per carità, tanta gente lo fa. Ma avverto un certo compiaciuto sadismo teutonico nell'aver scelto quella collocazione.

A Berlino fanno uno dei festival cinematografici più famosi del mondo e lo fanno a febbraio, che per parteciparvi un addetto del settore italiano deve tirare fuori tutta l'attrezzatura high tech da Himalaya e passare una settimana burqizzato sotto chili di lana e piume d'oca, girando da un cinema all'altro. (A Berlino c'hanno i vialoni belli larghi, così il vento del Mare del Nord ci soffia meglio e viene a visitarti anche sotto sette strati di high tech da Himalaya). Per carità, tanta gente ci viene. Ma anche qui, l'odore inconfondibile del sadismo teutonico si sente piuttosto chiaramente nella scelta di febbraio.

A Berlino senti fortissimo l'odore sarcastico del sadismo teutonico se non arrivi con il raffreddore totale ed ermetico con cui sono sbarcato io. Perso l'uso del naso, annaspare a bocca aperta sotto il burqa aggiunge qualcosa di eroico all'esperienza di viaggio. Per cinque giorni non ho sentito un sapore che fosse uno di ciò che stavo mangiando. E questo non è necessariamente un male, in effetti.

A Berlino ti rifugi la sera nella sauna dell'albergo, inseguendo il sogno fondamentale di un po' di caldo artificiale e la trovi stipata di grassi tedeschi nudi. I più pudichi si avvolgono un asciugamano attorno alla vita. E poi però si siedono con le gambe completamente divaricate perchè loro sono gente concreta, che non ama lasciare spazio all'immaginazione.

A Berlino in discoteca puoi trovare una coppia di ragazzi che entrano vestiti di tutto punto con la divisa della nazionale tedesca: maglietta, pantaloncini, calzettoni e scarpe da calcio. Fuori c'erano -15 gradi. Li ammiri, fino a quando dieci minuti dopo vedi entrare uno con un cappello, una mutanda argentata e un paio di scarpe. Stop. E pensi che i due di prima erano creativi, ma incapaci di osare.

A Berlino corri comunque, se hai il demone del running che ti riscalda e la prospettiva di una maratona che ti aspetta a Treviso, il 4 marzo. Ti vesti come se fossi pronto a invadere una delle lune di Giove ed esci. Attraversi un parco bellissimo e completamente innevato ( A Berlino i parchi sono completamente innevati ma non ci trovi il ghiaccio killer tipico dei parchi milanesi di questa stagione. A Berlino c'hanno la neve antiscivolo, probabilmente), guardi il tramonto girando attorno alla cupola di vetro del Parlamento, passi sotto la Porta di Brandeburgo illuminata, punti la torre di Alexanderplatz ed entri in territorio sovietico. Poi senti le dita delle mani che si trasformano lentamente in stalattiti di ghiaccio insieme alla soddisfazione di aver fatto un'ora di corsa a -10 gradi e pensi che sei figo abbastanza.
Anche l'idea di rivedere i tedeschi nudi, in quel momento, assume una prospettiva nuova, allettante. E finisci a bollire in sauna, pensando quanto è dirompente e bella la libertà che ti dà la corsa di vedere una città in un modo diverso, che gli altri non potranno mai capire.

1 commento:

  1. A Berlino ci fu la mia prima maratona e il lungo da 32 km lo corsi a Milazzo. Ad agosto. Alzarsi alle 5 di mattina non fu sufficiente.

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