lunedì 21 febbraio 2011

La Crisi

La crisi è un passaggio rituale, forse purificatorio e rigenerante, chissà. Sta di fatto che mi aspettavo di sbattere contro il suo muro verso il 30° km della Maratona, come in tanti mi hanno raccontato, per riemergerne più forte e chiudere la gara sull'onda dell'entusiasmo.
Invece l'ho incontrata ieri, in una grigia e piovosa domenica di febbraio durante l'abituale allenamento lungo del weekend. Ieri nemmeno troppo lungo, 24 km.
Non è stata una crisi fisica. Si è trattato di un lungo, spaventoso e desertico vuoto di motivazioni, che forse fa ancora più paura. Ancora oggi ne sento addosso gli strascichi, come un'eco fastidiosa.
Il problema è che ho pericolosamente aperto il vaso di Pandora delle ragioni razionali, fino ad ora rimasto lucchettato a tripla mandata sotto uno spesso strato di entusiasmo podistico.
Perchè lo sto facendo?
Chi me lo fa fare?
Perchè da tre mesi prendo pioggia e freddo tutte le sante domeniche?
Perchè devo tornare a casa con le gambe dolenti e una stanchezza atavica?
Perchè lascio la bionda al caldo sotto le coperte per condividere due o più ore con personaggi solitari, corrucciati e sudati come me?
Ma non ci sono tante belle Mezze Maratone che potrei preparare e correre con un allenamento molto più blando?
Chi è stato quel genio che ha scelto di correre la Maratona di Roma, che ha deciso di prepararla con una tabella di sedici settimane e che quindi ha fatto coincidere il periodo di allenamento ESATTAMENTE con lo scorrere integrale della stagione invernale, festività comprese?
Quest'ultima domanda portava alla risposta più facile e quindi più dolorosa: io.

Insomma, sarà che arrivavo da una settimana semi influenzale, sarà che il peso delle dodici settimane di allenamento già trascorse si fa sentire, sarà che ieri il Naviglio era senz'acqua e specchiare i propri dubbi esistenziali in un fondo di copertoni squarciati e pesci morti è triste anche se sei ottimista come Tonino Guerra appena uscito dall'Unieuro.
Sarà che tutta l'acqua che mancava nel Naviglio me la sono presa in testa, fottuta pioggia.
Sarà tutto questo, ma ieri la mia voglia era scesa sotto i tacchi.
Sì, corro con i tacchi, e allora?

Vabbè. Sta di fatto che oggi non vedo l'ora di correre quella maledetta Maratona. Come sempre. Però questa volta ho fretta di arrivare a correrla spinto da una gamma di sensazioni e motivazioni molto più variegata. Non solo l'emozione dell'esordio, la bellezza dell'obiettivo da portare a casa, la sfida con me stesso. Quelle ci sono sempre state e ci sono ancora. Ma anche per porre fine a questa stanchezza cumulata, per ritrovare per un po'il piacere della corsa fine a se stessa, senza tabelle, e perchè il giorno dopo l'impresa di Roma, 20 marzo, inizierà la primavera e mai come questa volta ci vedo del simbolismo.

E il giorno dopo ancora sarà il compleanno della Bionda, tra l'altro. La domenica mattina successiva rimarrò nel letto con lei, come regalo.
Regalo per me, ovvio.

1 commento:

  1. Ah ragà, nun me fate scherzi. Che sono sto pessimismo e sti infortuni?

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