giovedì 19 luglio 2012

Il primo giorno di Chiara

La settimana scorsa mi arrivò un bellissimo messaggio. Chiara, un'amica di Milano che MAI avrei pensato potesse MAI interessarsi alla corsa mi chiedeva come iniziare a correre. Le inviai la tabella di Runner's World e le diedi qualche consiglio base. Ieri è successo. Oggi piovono runners.

Il primo giorno

(Se penso a me che corro non mi viene in mente quasi nulla)

È il primo giorno. Non l’avevo preventivato davvero. Un paio di sveglie puntate alle 6 e mancate clamorosamente, questo sì.
Oggi però, non era preventivato.
Ho fatto un incubo incredibile. Incredibile. Sono le 5.15. Penso che non mi riaddormenterò più (mai più)  ma DEVO – devo – riaddormentarmi. Niente. Alle 6 non è successo, non mi sono riaddormentata. Occhi sbarrati.
Alle 6.15 si parte.
Il primo pensiero dopo essermi vestita è: se Valerio mi vedesse equipaggiata così mi toglierebbe il saluto. E va bene, non ci vediamo mai - ora è a Singapore per un master - direte voi, ma insomma.
Potrebbe negare di conoscermi se qualcuno gli chiedesse di me. Potrebbe, onta inaccettabile, persino togliermi dagli amici di facebook.
Va bene: Valerio, il mio mentore, quello che mi ha passato una magica tabella d’allenamento adatta a una donna di 60 anni in sovrappeso (e dunque perfetta per il mio stato letargico) non c’è, non mi vedrà. E dunque posso uscire con pantaloncini di jeans, scarpe da ginnastica puma ma non da corsa, troppo basse, canotta di cotone. Sul reggiseno dirò solo una cosa: sbagliato. Sui capelli dirò: per fortuna sono corti. Sul calzino: non dirò nulla, perché ho ancora del pudore e dell’amor proprio.
Luogo: Milano Est, per la precisione Crescenzago.
Inizio a correre.
La prima sensazione è: quanto sonno ho
La seconda: stasera sarò morta
La terza: stramazzerò al suolo tra 10 metri, maledizione, e non mi raccatterà nessuno perché sono l’unica stronza che non riesce a dormire in tutto il quartiere.
La quarta: in ogni caso, 20 minuti non ce la faccio.
La quinta: sono dimagrita.

Poi è solo verde, cielo, e pensieri, direte voi.

E invece no, è aria fresca del mattino, questo sì, ma anche asfalto, vecchi sparuti che aspettano l’autobus (che al mio ritorno non sarà ancora passato), silenzio e fatica.
Che poi, dove vanno i vecchi alle sei del mattino, mi chiedo.
Vorrei correre fino a piazza Udine, due fermate di metro, e tornare indietro. Sembra fattibile, ma l’allenamento è di soli 20 minuti (io alla fine ne farò 24, alla faccia della cicciona).
Due minuti corro, uno cammino, due corro, uno cammino.
All’inizio davvero sembra che non ce la farò, anche se è un allenamento da femminucce. Quella grassona di 60 anni che ha la mia stessa tabella e da qualche parte oggi sta correndo anche lei, è migliore di me.
Io, che tra i lavori che faccio (o non faccio) nella vita insegno anche a respirare alla gente, non respiro.
Ho sonno, chi ha detto che l’aria in faccia sveglia ha detto una bugia.
Un camioncino rifornisce di brioches un bar. Vorrei prenderne una per Gabriella, per quando si sveglierà, ma la barista mi guarda semi spaventata e richiude la porta del locale.
Non devo rallentare, il minutaggio è precisissimo.
Se perdo il minutaggio, sono fottuta, non so che fare. Potrei chiamare Valerio a Singapore e chiedergli cosa devo fare. Scarto l’ipotesi. Ho bisogno che Valerio continui a salutarmi (e a essere il mio mentore sportivo). Non lo chiamo.
Mi viene il panico che arriverò a un certo punto e non riuscirò a tornare indietro.

Poi, piano piano, it gets better.
Va meglio. Non servono molti pensieri più di questi per riempire 10 minuti. E a 10, quasi all’Istituto Maxwell, c’è da tornare indietro e a pensare all’ipotesi che invece, forse ce la farò (e sì, senza camminare, senza metropolitana, senza stramazzare, sono troppo stanca per elaborare paure più sofisticate).
Torno. I vecchi sempre alla fermata, l’aria meno fresca, il sole un po’ più caldo, l’asfalto sempre lo stesso, però respiro.
Non sono nemmeno le 7. Poco più di tre chilometri.
Il mio obiettivo lungo: correre e arrivare fino al Parco Lambro, quando riuscirò. Girarlo tutto e tornare indietro. E vedere come mi sento. Ma non ho fretta.

Se penso a me che corro penso ai vecchi che mi guardano e cercano di capire se catalogarmi tra i pazzi o tra gli sportivi.
Se penso a me che corro penso alla cicciona 60enne che per stavolta non mi ha fregato.
Se penso a me che corro penso a venerdì e quando ripartirò, con una micro difficoltà in più e, magari, almeno le scarpe giuste.
Se penso a me che corro, ricomincio a respirare.

venerdì 13 luglio 2012

Ciotti, Ameri e Provenzali

Ieri ho compiuto gli anni e oggi mi regalo uno spazio su Piovono Runners per andare fuori tema. Per fare il vecchio malinconico. Per confessare che prima di amare la corsa, ho amato (e amo ancora) quel banalissimo, commercialissimo, dopatissimo, vendutissimo sport chiamato calcio.
E' una di quelle cose che è vizio e passione insieme, di cui ci si pente e ci si bea, ma a cui comunque ci si abbandona, rassegnati e felici (più rassegnati che felici, se sei tifoso del Toro)

Oggi se n'è andato Alfredo Provenzali.
Il calcio che mi ha dato l'imprinting aveva la voce sua, di Ciotti e di Ameri, la faccia di Paolo Valenti e il colore delle figurine Panini.
Ci sono state centinaia di pomeriggi passati sul pavimento ad ascoltare quel rimbalzo di voci, quelle cantilene inconfondibili e ritmate, quegli interventi improvvisi preceduti da un boato.
"Intervengo da Torino"
E quei due secondi che seguivano, i più lunghi.
L'abbiamo beccato o l'abbiamo fatto, sto gol?

Senza retorica, oggi se dovessi scegliere tra guardarmi tutta una partita del Toro in HD o incollarmi a una radio, aspettando un aggiornamento di 30'' ogni 5', opterei ovviamente per il televisore.
Ma è un matrimonio di convenienza, qualcosa di seducente a cui ho venduto l'anima.
L'amore è un'altra cosa. L'amore è appeso alle frequenze 90 punto qualcosa di Tutto il Calcio Minuto per Minuto e rimarrà lì per sempre. Nonostante, a pensarci ora, fosse un atto tra il masochistico e l'eremitico.

L'amore è in quei due secondi lì, quando chiudevo gli occhi e aspettavo.

Ha segnato Casagrande, su cross di Martin Vazquez.

Grazie per avermelo detto, Sandro, Enrico e Alfredo.


lunedì 9 luglio 2012

Si corre anche d'estate

Si corre anche d'estate

all'una del pomeriggio, con 35 gradi, su una Martesana spoglia persino di papere natanti e pensionati abbioccati. Ma c'è Luca Bersaglia.

alle otto del mattino, quando il caldo ti sveglia, con i resti di quello che fu un lenzuolo ammonticchiato a fondo letto, e tu decidi di uscire a sfidarlo faccia a faccia

alle otto di sera, rinunciando per una volta alla birra che ti meriteresti appena tornato a casa. Ma tanto lei ti aspetta lì, dopo un sorso di Gatorade e una doccia semifredda.

alle cinque del pomeriggio della domenica, mentre si chiude il tetto da 110 milioni del centrale di Wimbledon. Che tanto sai già come va a finire, anche se Murray è un bravo guaglione volenteroso.

lo si fa per scacciare alcuni pensieri ed inseguirne altri, perché alcuni di essi al caldo bruciano ma altri lievitano, come una torta nel forno

lo si fa perché non puoi fare altrimenti, perché c'hai quel demone lì e, si sa, i demoni al caldo dell'inferno si sentono a casa

lo si fa perché hai scoperto le crostatine del Pavè e perché la birra e lo Spritz sono più buoni d'estate e perché c'è l'Estathe e perché ti hanno regalato quello Strolghino" e che fai, non lo mangi?" e per tutta questa roba devi punirti almeno un po'

lo si fa perché ti sei comprato quei pantaloncini nuovi da 50 euro e già ti senti scemo, ma se non li usi ancora di più

lo si fa perchè devi consumare ancora un po' quelle scarpe che ti hanno accompagnato tutto l'anno e così a settembre hai la scusa per comprartene un paio nuovo

lo si fa perchè se fossi figo come nello spot dello Jagermeister potresti semplicemente dire "perché sono fatti miei".
E invece devi aprirti un blog, per spiegarlo.



mercoledì 30 maggio 2012

Il Barbapapà Rosa

Premessa
Sì, lo so questo post sarebbe dovuto uscire un mese e mezzo fa. Non è successo. Ci sono tante ragioni dietro la non uscita. Una, forse, vale più delle altre: sono a Singapore. Per molti la notizia non è una notizia. Per quelli per i quali è una notizia... ma come?!? Se ho pubblicato per giorni, su twitter, i miei pasti ad Adam's Court?!??!?
La mancata uscita di questo post ha creato un tappo. Avrei voluto raccontare le corse di Singapore. Non sono state tantissime, qualcuna però meritava. Tipo la Salomon Trail da 14km, dove ne ho corso 17 perché il cinese davanti a me si è perso (gli ho detto "stu spacchiu i cinisi", non so se ha capito il significato). Adesso il post è uscito, aspettatevi racconti di corse estremamente orientali.
Vabbuò v'ho fatto perdere già abbastanza tempo.

Ogni blog che si rispetti dovrebbe avere un post con il Barbapapà Rosa per titolo.

Ora, anche Piovono Runners ce l'ha.

La maratona di Milano

E' cominciato tutto per caso, come nelle migliori storie sentimentali di Top Girl.

Corbellerie! Tutto è stato programmato. Scientificamente.

Volevo correre sotto le 3 ore la maratona di Milano. Volevo raccogliere almeno 2.000 euro per la Fondazione De Marchi.

Se non avete la memoria di un elefante con l'alzheimer qualcosa ricorderete. Intendo qualcosa di ciò che è successo tra il 19 febbraio 2012 e il 15 aprile 2012. Non ricordate più nulla? Gli appuntamenti con la Storia? La cena con Roberto (aka Settore)? Le ripetute in gara? Le lezioni su come preparare la maratona? Tutto dimenticato? Per fortuna c'è l'etichetta "Di Corsa per la De Marchi".

Dicevo. Tutto programmato. Tutto scientifico, per correre sotto le 3 ore. Poi Giove ha scaricato acqua a secchiate su Milano.

(nella foto: un esempio di maratoneta aerodinamico)
Avevo fatto due promesse qualche giorno prima della gara.
- Se avessimo raggiunto quota 2.000 euro per la Fondazione De Marchi, avrei corso gli ultimi 100 metri a piedi nudi.
- Se avessimo raggiunto quota 2.300 euro per la Fondazione De Marchi, avrei corso tutta la maratona con le orecchie di Topolino.

Il 14 aprile 2012, la pagina di Rete del Dono (questa http://www.retedeldono.it/initiatives/view/di-corsa-per-la-de-marchi) segnava 2.320 euro.

Obbiettivi raggiunti, promessa da mantenere.

Il 15 aprile 2012, domenica, la sveglia suona alle 5.20. Come nelle migliori famiglie di serial killer e deviati mentali. Incredibilmente la mia dolce compagna non mi manda a quel paese (ci sarei andato di lì a poco da solo). Anche lei è agitata, anche se dissimula. Certamente dissimula meglio di me.
(nella foto: un tentativo di sorriso)
La sua presenza è rassicurante. A tratti dimentico che per tutta la notte non ha fatto che piovere. Che Milano è una pozza unica di acqua gelida. Che bisogna urlare perché lo scroscio della pioggia copre ogni suono.
(nella foto: il sogno di tutti i bambini. DreamWorks e Disney stanno insieme)
Non siamo soli. Oltre 4.000 maratoneti sfidano il gelo e l'acqua incessante di Milano. Tra questi, ovviamente, non possono mancare i Podisti da Marte e i Gazzetta Runners Club.
(nella foto: una piccola selezione di entrambi)
Era bello stare insieme agli amici Marziani e GRC. Non lo dico perché mi mancano adesso, a Singapore. Era bello stare con loro lì, in quel momento. Eravamo all'asciutto, mentre fuori diluviava.

[l'ho detto abbastanza spesso che pioveva. No? Allora lo ripeto qualche altra volta]

Ma non si può stare sempre insieme. La raccolta fondi per la De Marchi mi ha insegnato ancora una volta che la maratona non è un'esperienza individuale (se ne parla qui e qui). Tranne che nei 42km e 195m, quelli li corri con le tue gambe.

Usciamo, finalmente, a prendere aria.

La dolce compagna aspetta all'asciutto, un'ora dopo sarebbero partite le staffette Piovono Runners 2 e Piovono Runners 3.
(nella foto: tre atlete serissime)
La partenza è eccessiva. Sto bene, parto dal secondo blocco. Mi sento sicuro. Niente mi può fermare. Parto veloce. Troppo veloce. Non me ne accorgo, e sono contento. La pioggia mi scivola addosso come fosse ... pioggia [oh, mentre scrivo è l'1.20 a Singapore, domani mi alzo alle 5.50 che vado a correre con un collega che poi alle 8.15 abbiamo lezione per 3 ore. Scusate, ma qualche similitudine non mi riesce].

Non sono solo. Incontro subito due maratoneti gialli (per comodità li chiamerò "Franco" e "Ciccio"). Si assomigliano, forse sono fratelli. Solo che Franco ha un personale di 2 ore e 40. Ciccio di 3 ore e qualcosa. Franco sta portando Ciccio al traguardo sotto le 3 ore.

Ringrazio il cielo, che mi ricambia con ancora più pioggia. Mi aggrego a loro, penso. Terranno il ritmo esatto per stare sotto le 3 ore, penso. Non esagereranno con la velocità all'inizio, penso.

Parlo con Franco. Gli spiego perché indosso le orecchie di Topolino. Lo convinco a raccogliere fondi per la prossima maratona (poi dicono che i maratoneti sono perditempo). In tutto questo parlare (poco, in realtà) Ciccio non apre mai bocca. Penso che sia semplicemente concentrato sulla gara. No, non è quello.

La tragedia si manifesta intorno al 5° km. Ciccio ha bisogno di concentrarsi da un'altra parte. Resto solo.

Solo. Senza guida. Sotto la pioggia. Sono 7 km che corro e non sento nessuna fatica, nessun affanno. Tengo il ritmo giusto, penso.

Troppo veloce. Chissenefrega, se riesco a tenerlo vuol dire che posso farlo, penso. 6 maratone e ancora non ho imparato come dosare lo sforzo.

Il ritmo in realtà non è neanche troppo alto, in termini assoluti. E' il ritmo che avrei voluto tenere, che avevo pensato di tenere. Se non fosse piovuto.
(nella foto: Topolino e la maratona di Milano)
Fin qui il tono di questo post è troppo dimesso. Cambiamo registro.

Immaginate di correre in una città pressoché deserta. Immaginate di correre attorniato da altre persone. Immaginate di incontrare di tanto in tanto qualcuno per strada. Due, tre passanti. Magari un bambino col genitore. O magari un gruppetto di 5/6 persone.

Immaginate di essere in un giorno molto importante. Un giorno preparato per mesi. Immaginate che siete contenti. Perché siete contenti, state andando bene, piove-ma-chi-se-ne-frega, tenete alla perfezione il ritmo per arrivare al traguardo in 2 ore e 57 minuti, tre minuti sotto il vostro obbiettivo.

Come potrebbe migliorare la giornata? No, non è possibile eliminare la pioggia.

I bambini. I passanti. Le anziane signore. "Topolino!", "Mickey!!". "Forza Topolino!!".

Tifano. Urlano. Piove anche per loro, che credete. Piove ma sorridono lo stesso. E hanno voglia di urlare. Di incitare. Di incitare te.

Stavo per scrivere il mio nome sulla maglietta, così magari qualcuno lo urlava per sostenermi. Che errore sarebbe stato. Io ero Topolino. Sostenevano Topolino.


Ok, torniamo al tono dimesso.

Arriva il 30° km. Fin qui mi sono comportato bene. Fin qui. Capisco che non posso tenere quel ritmo. E' facile capirlo: sto rallentando e non c'è nulla che possa fare per impedirlo.

Le nuvole del cielo entrano nella mia testa. Il sole asciuga il corpo, ma tutta quella pioggia asciuga l'animo. Il 32° km, la mia nemesi. Il dolore arriva, come sempre. Sempre mi sono fermato al 32° km. Stringo i denti, rallento, ma resisto. Penso positivo. Tocco le orecchie di Topolino, penso agli amici che hanno sostenuto quella corsa. Questa volta no. Questa volta non mi fermo.

Resisto e supero il 32° km. Ho perso 40 secondi, ma il margine è alto. Posso farcela. Ma non mi toglierò le scarpe e le calze. E' deciso. Se va bene arriverò in 2 ore 58 minuti e qualcosa. Non posso rischiare di non arrivare in tempo. Farò ammenda, chiederò scusa ai lettori di Piovono Runners. Farò un'altra donazione alla De Marchi.

I chilometri passano. Il dolore torna al 35° e al 38° km. Rallento ma non mi fermo. Il margine è sempre più ridotto. Ma ce la posso fare.
(nella foto: orecchie basse, ma bisogna sorridere)
39° km, quasi 40°, mi sento chiamare da dietro: "Topolino!". Franco e Ciccio. "Attaccati a noi, che ci stiamo sotto le 3 ore". Franco e Ciccio sono in progressione. Una sublime progressione. Mi attacco a loro e sento che posso farcela.

Li lascio andare a metà del 40° km.

41° km, se corro l'ultimo tratto in 4 minuti e 40 secondi sto sotto le 3 ore. Mancano 1 chilometro e 195 metri. All'inizio della maratona avevo corso anche a un ritmo più veloce di quello che servirebbe.

Le energie residue bastano a portarmi all'arrivo a un ritmo per me decoroso. Sono stanco. E' piovuto tutto il tempo. Il sogno di correre sotto le 3 ore mi è pesato troppo in questi ultimi chilometri.

I sogni non dovrebbero essere pesanti. Lo lascio andare. Torno a sorridere, sul serio. Posso mantenere la promessa.

Abbiamo raccolto 2.320 euro per la Fondazione De Marchi. Ho corso ininterrottamente per 41 km, sotto la pioggia. Ogni bambino lungo il percorso ha sorriso al passaggio di Topolino. C'è sogno più bello di questo?

Sventolo la bandiera dei Podisti da Marte e urlo la mia gioia. Mancano 500 metri al traguardo e le gambe volano.

400

300

200

100

Mi fermo.


Volo. Retrocorro. Taglio il traguardo.

3 ore 1 minuto 4 secondi

Tempo personale migliorato di 4 minuti e 39 secondi.

Contento?

Di più.


Epilogo

Dopo la maratona sono arrivate altre donazioni su questa pagina:
http://www.retedeldono.it/initiatives/view/di-corsa-per-la-de-marchi
Il totale raccolto per la Fondazione De Marchi è 2.491 euro. Ho visto che è ancora possibile donare, se non l'hai ancora fatto sei ancora in tempo.

Il 27 aprile sono andato a Lugano, a raccontare ai bambini delle elementari questa storia.

Il 2 maggio sono partito per Singapore.

Il 7 maggio sono stato premiato in contumacia come terzo miglior fundraiser maratoneta e come miglior fundraiser under 30. Qui i premiati.

Il 9 maggio è uscito questo video:

Ah, dimenticavo. Il Barbapapà Rosa.


E' il regalo dei bambini della De Marchi. Grazie.


mercoledì 18 aprile 2012

Maratona di Milano 2012: la staffetta Piovono Runners 1 (con foto)

Ci sono storie che i numeri descrivono meglio delle parole.
C'era un tizio che correva la mattina al Parco delle Basiliche, perchè non riusciva a dormire: ero io.
Ce n'era un altro che aveva una straordinaria capacità di appassionarsi alle novità e di andare oltre ai propri acciacchi fisici, ed era un grande amico del primo tizio: era Carlo.
I due tizi si sono inventati Piovono Runners, una sera di gennaio del 2011, perchè avevano deciso di correre insieme la loro prima maratona.
I tizi sono diventati tre. Ne è arrivato uno, Nizza, che di chilometri ne ha poi percorsi pochi, ma che ci ha sempre supportato e ha creato il nostro logo. Mica roba da poco.
Il quarto è Matteo che ha trovato una sua collocazione ben precisa nel gruppo: è lo sprinter, in un gruppo di fondisti. Il cecchino in un reparto di fanteria. Lo chef che impiatta le preparazioni gastronomiche e le presenta in sala. Il finisseur delle nostre staffette.
Il quinto e il sesto di chiamano Gianluca e Valerio. Sono il nostro fiore all'occhiello. Quelli bravi. Quelli magri. Quelli che la corsa, per loro, è una roba seria. Anche quando corrono con le orecchie di Topolino.
Poi ne sono arrivati tanti altri, attirati dalla forza centripeta e appassionata del running, che li ha aggregati un po' per amicizia, un po' per curiosità e un po' per caso attorno al piccolo nucleo di Piovono Runners: persone come Alessandro, Luca, Riccardo. E tanti altri. Talmente tanti che non li conosco nemmeno tutti di persona.
E mi fermo qui, ma ce ne sono ancora altri che periodicamente incrociano le loro orbite podistiche con la nostra, anche solo per venire ai nostri aperitivi e contribuire alle nostre raccolte di beneficenza.

Domenica eravamo in diciassette (sarà per questo che ha diluviato?). Un maratoneta e sedici staffettisti, a comporre quattro squadre Piovono Runners. Uno spettacolo e un piccolo orgoglio, per noi che poco più di un anno fa eravamo in due.

Ancora numeri, ecco il riassunto della performance delle quattro staffette Piovono Runners:

Io vi racconterò le vicende della squadra Piovono Runners 1, quella che ho orgogliosamente capitanato.
Ecco i nostri parziali:
Per rendere l'idea del valore del piazzamento, le staffette iscritte erano circa 2200, quelle arrivate quasi 2000
In prima base c'era Luca. Luca ha giocato nella frazione Champion's League, la prima nonché la più lunga e quella in cui tutte le squadre avevano schierato i propri top runner, per incamerare vantaggio e minuti. Il nostro si è difeso alla grandissima, nonostante l'attesa per la partenza ritardata, sotto quella pioggerellina gelida che indurisce i muscoli.
Non so bene cosa abbia combinato in quei 13km, magari ce lo racconterà lui. So solo che è riuscito a prendersi a male parole con un'automobilista nonostante si corresse in una domenica di blocco del traffico. E so di averlo visto arrivare al cambio con me in uno stato che fondeva l'epica sacrificale di un Dorando Pietri con l'entusiasmo folle ci uno che entra alla sede delle Sisal sventolando il tagliando vincente del Superenalotto: mi è arrivato incontro, nella calca da tappone di montagna del Tour de France che caratterizzava il punto di cambio, con il braccio alto e la mano stretta attorno al braccialetto con chip che faceva da testimone, sputazzando le ultime energie.
Ho raccolto il suo testimone, ho provato a schiaffeggiarlo (in realtà era un tentativo di abbraccio e di saluto, ma tra due corpi in movimento e resi viscidi dalla pioggia, non è facile) e sono partito. I primi 3-400 metri li ho spesi a urlare alla gente di spostarsi. Ho anche spintonato un paio di quelli che soffocavano il passaggio ai runner con l'arroganza di quello che sa che tanto non l'avrebbero inseguito. Ho intravisto James, futuro staffettista in pectore di Piovono Runners (James, preparati!) e ci siamo scambiati qualche urlo, questa volta amichevole. Uscito dalla calca mi sono strappato di dosso il sacchetto della spazzatura che avevo indossato tipo saio (sì, i runner fanno anche ste robe, oltre che spalmarsi la vaselina e pisciare ovunque: è giusto che lo sappiate) per proteggermi dalla pioggia, con una foga da Incredibile Hulk. La pioggia continuava incessante, ma per me, allergico, è stata quasi un vantaggio: l'anno scorso avevo patito da morire la giornata calda e affollata di pollini che aveva caratterizzato la staffetta. Ho fatto anch'io un po' di polemica (siamo una squadra di persone che hanno bisogno di sfogarsi) con i vigili agli incroci che, lodevolmente, fermavano le macchine per farci passare. Peccato che, piccolo dettaglio, le macchine quel giorno non avrebbero nemmeno dovuto esserci, visto che c'era il blocco. Vabbè.
Ho corso come un ossesso fino ad accasciarmi ai Bastioni di Porta Venezia. Prima di accasciarmi sono riuscito a gesticolare in maniera inconsulta come aveva fatto Luca con me, ho trovato Riccardo e gli ho passato il testimone. Il nostro ragazzone biondo è partito mentre io, per l'appunto, mi sono accasciato.
Dopo qualche secondo ho recuperato la vista e ho trovato la Bionda, che mi ha immortalato così, umido e felice. O inebetito, fate voi:
Il cronometro segnava un ottima media di 4'31'' al km, per quasi 10,5 km corsi. Mi sono lanciato in un'analisi comparativa entusiastica sul valore del mio ritmo rispetto alla staffetta dell'anno prima e alla Maratona di Treviso di quest'anno, cercando di spiegarlo alla Bionda che mi assecondava con il sorriso bonario di un primario di psichiatria e intanto mi spingeva lentamente verso la Metro. Perché, si sa, lo spettatore gradisce un po' meno del runner fradicio l'indugiare a discutere di running sotto un diluvio universale. Chissà perché.
Mi cambio nella pensilina della Metro, sempre per la serie che il brutalismo della corsa fa sparire qualsiasi inibizione sociale.
Arriviamo a Sant'Agostino, teatro del terzo e ultimo cambio.
Qui troviamo nell'ordine:
1) un sereno Andrea in attesa, da circa sette ore per sicurezza, del cambio della sua staffetta aziendale. Stava sviluppando le branchie e le squame ormai, ma dalla foto non sivede, purtroppo:
2) Uno stilosissimo Matteo Jamiroquai Coppola in compagnia di un'improvvisatissima Manuela (la quarta staffettista della squadra Piovono Runners 2):
Se ve lo state chiedendo, sì, io rompo i coglioni con la mia presenza in quasi tutte le foto
3) Un Riccardo che arriva e sorride entusiasta. Un po' per la sua performance (stellare, come potete vedere dalla seconda tabella di cui sopra), ma soprattutto perchè non ha ancora visto la zona del recupero sacche.

Qua già si nota un po' più di mestizia, nell'avvicinarsi al girone infernale delle borse:
E qui una parentesi critica va aperta: la gestione della riconsegna delle sacche è stata penosa, scandalosamente penosa. Caos totale, sacche buttate per terra alla rinfusa, la pioggia che cancellava i numeri che avrebbero dovuto distinguerle le une dalle altre, pochissimi addetti disperati che no riuscivano ad arginare il delirio, gente che ci ha messo mezzore se non ore a ritrovare la propria sacca.
E non solo a Sant'Agostino, ma in tutti e tre i punti di cambio.
Voto 2 all'organizzazione per questo disservizio (e non parliamo di una questione marginale nella gestione complessiva di un evento podisitico...)

Molliamo Riccardo alla sua disperazione e ci fiondiamo sull'arrivo a beccare Matteo. Il quale quest'anno punta sulla precisione, più che sulla velocità: eguaglia praticamente il tempo fatto da Riccardo. Un cecchino, s'era detto. E un cecchino deve essere preciso. Certo, nel tempo in cui Matteo ha corso 8 km, Riccardo ne ha fatti 11, ma queste sono malignità gratuite che allignano nell'occhio di chi legge. Io non l'ho detto.
All'arrivo lo ritroviamo. E' meno stiloso che alla partenza, ma ha la medaglia, cazzo:

Nel frattempo era arrivato anche Luca, dopo aver picchiato e derubato del giubbotto un operaio Anas.

Ma la cosa più interessante, scusate, è che all'arrivo distribuivano birra gratis.
Roba che ti vien da dire chissenefrega, del disservizio delle sacche.
Ecco due runner seri, ma seri davvero:
Io, Luca e il nuovo Gatorade gusto luppolo
La gloria si celebra con birra, medaglie al collo, amici. E le hostess fornite dallo sponsor, Homa Sport...
La Bionda è dietro la macchina fotografica, vigile
Sponsor che oltre alle hostess ci ha fornito pure le magliette (e le creme per i massaggi pre e post gara, che poi sono quello che produce, a parte le hostess)
http://www.homasport.com/ in home page un primo piano di  Matteo alla partenza della sua frazione, imperdibile
Fase dei ringraziamenti: ai ragazzi della mia staffetta, Luca, Riccardo e Matteo, autori di una performance sopra ogni aspettativa. A quelli di Piovono Runners 4, Gianluca, Ale, capitan Carlo e Manuela, che hanno tenuto anche loro alta la doppia bandiera di Piovono Runners e Fondazione Pupi. A Valerio, che oltre a sciorinare una performance da paura sulla maratona, ha iscritto altre due staffette con il nostro nome, ha fatto un fund raising eccezionale per la Fondazione De Marchi ed è pure arrivato al traguardo a piedi nudi.
A tutti quelli che c'erano al Botinero per il nostro aperitivo di raccolta fondi e hanno generosamente e alcolicamente contribuito ad una buona causa. A tutti quelli che al Botinero sono tornati domenica pomeriggio, per fare il brunch post gara con noi. A Nizza e Federica, che hanno sfidato il diluvio per venirci a vedere al traguardo. A Mario e tutti quelli di Homa Sport.
E alla Bionda, che sopporta e supporta, sempre.

Alla prossima, Piovono Runners.

sabato 14 aprile 2012

Come preparare al meglio una maratona - P. 3 (Milano-Marte-Milano)

Buongiorno ragazze e ragazzi.

Bentornate e bentornati al corso su come preparare al meglio una maratona.

Il corso si compone di tre lezioni. Se avete perso la prima e la seconda lezione, potete rileggerne gli appunti qui e qui.

Ma passiamo, senza ulteriore indugio, a trattare l'argomento di oggi.

Fartlek


Dissipiamo subito ogni dubbio o possibile battuta infantile. Il fartlek non è una scorreggia. Il termine fartlek viene dallo svedese e vuol dire esattamente "Fartlek". Così almeno ci dice google translate: http://translate.google.it/#sv|it|fartlek

Wikipedia invece ci spiega che fartlek in svedese vuol dire "gioco di velocità". Prendiamo per buona quest'ultima traduzione che sennò tutto il senso di questo post scompare.

(Il fatto che google translate traduca "gioco di velocità" in "omgång hastighet" non facilita le cose)

Sempre secondo wikipedia (a questo punto ci si deve fidare per forza di lei) il fartlek fu inventato da un allenatore svedese. Lo scopo del fartlek è di stimolare il sistema aerobico e anaerobico: resistenza, e velocità. Nel fartlek l'atleta alterna tratti velocissimi a tratti veloci. Delle ripetute un po' più allegre insomma.

Forse la differenza più importante rispetto alle ripetute sta proprio nel recupero. Nelle ripetute il recupero può essere a un'andatura lenta. Nel fartlek il recupero deve essere a ritmo sostenuto.

Per capire meglio che cosa NON è il fartlek vi racconterò una storia.

Il 24 marzo 2012, un sabato mattina, un giovane podista che preparava la maratona di Milano del 15 aprile andò a Piazza Cairoli, Milano. Lì aveva saputo di un ritrovo di zuzzurelloni giocosi.
(nella foto: i zuzzurelloni giocosi)
Il giovane podista voleva esercitarsi con il fartlek. Tratto in inganno da wikipedia, e dal testosterone, pensò che il fartlek fosse un gioco che coinvolgeva avvenenti svedesi.
(nella foto: un podista gioca al dottore con la svedese. Questo NON è fartlek)
Nel sito dei zuzzurelloni giocosi (nel prosieguo "Podisti da Marte") il podista aveva letto che il tema del gioco era il pronto soccorso. Forse anche per potersi travestire a tema, i Podisti da Marte in quella occasione raccolsero 1500 euro per la Croce d'Oro Milano, che si occupa proprio di pronto soccorso medico.

Il podista scelse di travestirsi da paziente del pronto soccorso. D'altra parte, pensò, se ci sono infermiere svedesi, c'è bisogno di un malato. Indossò una camica bottom down - lui ODIA le camicie bottom down - ci spalmò su del concentrato di pomodoro, et voilà, pronto il travestimento.
scusate, ho sbagliato lato
(nella foto: il podista si inclina diagonalmente, pronto a scattare)
L'idea non poteva essere più sbagliata. Invece che infermiere, attrasse a sé matti e serial killer che cercarono in tutti i modi di procurargli altre ferite.
(nella foto: una matta cerca di scannarlo)
(nella foto: il serial killer indossa la mascherina perché il sangue lo impressiona)
Non solo. I Podisti da Marte correvano sì per le vie della città. Ma lo facevano distribuendo fiori, dispensando sorrisi e, peggio del peggio, fermandosi di tanto in tanto per ricomporre il gruppo.
(nella foto: tanta roba)
Niente agonismo. Un gioco di corsa, senza (tanta) velocità. Bambini, cani, bandiere. Certo non lo si può considerare un valido allenamento per la maratona di Milano. Men che meno lo si può considerare fartlek. Non fatevi ingannare dalle traduzioni di wikipedia. Il fartlek è ben altra cosa. Non basta che si giochi e che ci siano le gnocce. Ci vuole anche il sudore.

Cari discepoli, se volete impegnarvi seriamente in una corsa allenante, praticate il fartlek. Alternate corsa a ritmo velocità gara con corsa a ritmo corsa lenta o media, secondo i dettami dell'Albanesi.

Se volete divertirvi in compagnia, correndo, andate a uno di questi incontri che i Podisti da Marte organizzano una volta al mese. Il prossimo, dicono, sarà il 10 maggio alle 19.30. A Milano, perché Milano è la città dei Podisti da Marte.
[MILANO E' LA CITTA' DEI PODISTI DA MARTE]
Il podista della storia purtroppo non ci sarà. Il 2 di maggio partirà per Singapore, dove praticherà il fartlek coadiuvato dal cibo indiano di cui è ghiotto.

Però potete andarlo a salutare il 15 aprile 2012 all'arrivo della Maratona di Milano. La speranza è che arrivi entro le 12.20. Gli saranno servite tutte queste lezioni?

I supporters De Marchi si troveranno:
dalle ore 10 circa di fronte alla chiesa di San Babila muniti di palloncini e pon pon.
dalle ore 12 circa in Viale Papiniano, vicino alla fermata Metro Sant'Agostino.
dalle ore 12.30 circa in prossimità della porta dell'arrivo in Piazza Castello.

Per prendere parte al gruppone di sostenitori potete inviare un'email a info@fondazionedemarchi.it

Un caro saluto dal Vostro Professore. E' stato un piacere e un onore impartirvi codeste preziose lezioni.

Questa lezione è stata finanziata dalla campagna: Di corsa per la De Marchi. Quota 2300 è stata superata e il podista è molto contento. Gli obbiettivi di costringerlo a correre TUTTA la maratona con le orecchie di Topolino, e gli ultimi 95 metri a piedi scalzi, sono raggiunti. Ma se proprio avete 5 euro che vi avanzano, potete sostenere la De Marchi attraverso una donazione qui