mercoledì 16 febbraio 2011

Nero come..

Nero, come nero era il mio stato di salute dell'altro ieri, tutto tranne che promettente per i miei propositi di allenamento.
Nera, e solida come il monolite di 2001 Odissea nello spazio, la mia determinazione a correre lo stesso perche' tra un mese c'e' quella benedetta/maledetta maratona. E quella si' che sara' un'impresa monolitica, altro che la tosse febbricitante di questi giorni.
Nera, la mia antiero(t)ica tenuta da Black Sperm. Anche un po' puzzolente, visto che ovviamente non era stata lavata dopo la mia precedente performance podistica berlinese. Ma tanto sono raffreddato.
Nero, il parco di Tiergarten, che stavolta ho deciso di affrontare, dritto per dritto. L'altra sera ci avevo girato attorno per un po', corteggiandolo con timidezza, intimorito dalla presso che totale assenza di illuminazione dei suoi sentieri, che vedevo partire dalla strada e sparire dopo una decina di metri, inghiottiti dal buio. Questa volta ero piu' determinato, piu' coraggioso. Forse emanavo un odore che avrebbe comunque intimorito qualsiasi malintenzionato. Chissa'. Sta di fatto che ho individuato un viale debolmente illuminato, attraente e jacksquartatorio allo stesso tempo, lungo 4-500 metri. Dall'altra parte in fondo mi aspettava, alto sulla sua colonna e dorato nella notte, l'angelo, quello de Il Cielo sopra Berlino. Ho deciso che era un buon segno, o comunque un posto memorabile dove lasciarci le penne, e sono entrato nel parco. Passi timidi si alternavano a passi veloci, dando vita ad un'andatura oscillatoria che tradiva sia il timore che la fierezza per quello che stavo facendo. Tempo 100 metri e vedo, intravedo, un'ombra che mi viene incontro. Mi aspetto di tutto, per un attimo, tranne quello che poi vedo arrivare. E' una ragazza alta come uno Snorkey (senza contare il tubo che esce dalla testa) e poco piu' pesante e ovviamente fa jogging da sola, tranquilla nel parco notturno e buio. Sorrido. Di me, delle mie paure, dei miei pregiudizi, della bellezza di questa citta' che mi ha sorpreso un'altra volta.
Tranquillizzato infilo un altro viale del parco, ancora piu'lungo, se possibile piu'buio. Una sensazione magnifica: togli l'elemento paura da un'attivita' fuori dall'ordinario e ti regali dei momenti memorabili, e' matematico.
Nero, e' il meraviglioso monumeto all'Olocausto. Decine e decine di neri parallelepipedi di granito, di diverse altezze, disposti su un terreno ondulato a pochi centimetri uno dall'altro. Da fuori e' quasi impossibile accorgersene: sembrano tutti uguali. Se ti ci inoltri in mezzo, dopo pochi passi ti accorgi che stai scendendo nel buio, ineluttabilmente. Ti senti schiacciato, immerso, il cielo diventa piccolo tra le vette dei parallelepipedi neri. Riesce a raccontare la lenta, e spesso distratta, discesa dell'uomo verso il Male in una maniera da togliere il fiato. Beh, io l'altro ieri sera ho deciso di correrci in mezzo ed e'stata un'esperienza. Non c'ero mai entrato con il buio, nemmeno camminando normalmente. Due file di parallelepipedi che mi sfiorano le spalle, mentre affondo nel buio e mentre lentamente, e letteralmente, ne riemergo. La sensazione che da qualsiasi dei corridoi che incrocio possa sbucare qualcosa che mi potrebbe travolgere come un treno, la gioia di risbucare dal buio vero al buio finto, quello delle strade illuminate dalle auto e dalle insegne dei negozi. Grazie corsa, anche per questo.
Nero, infine, il locale della festa a cui sono stato dopo il ritorno dalla corsa e la cena, ricavato in perfetto Berlin style sotto una stazione della metropolitana, con ingresso da sotto una cavalcavia ricoperto di graffiti.
P.S. Nero, il risultato di Novara-Torino che mi e'stato comunicato dall'Italia.

Domani si torna a Milano.

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