Ho appena ingollato una pasticca di miorilassanti. Entro la fine della giornata ne avrò assunte altre due. E la sensazione freddo umida sul retro coscia mi rammenta del cerottone di anitinfiammatori.
Ho chiaramente cantato vittoria troppo presto. Questa mattina, al secondo giro intorno al Parco Sempione, ho di nuovo accusato irrigidimento e dolore ai muscoli posteriori della coscia destra. Ho provato ad individuare il muscolo esatto, cercando tra le tavole anatomiche su internet, ma sono talmente tanti che ho rinunciato ad incastrare il colpevole.
Forse l'indurimento accusato due settimane fa non era del tutto guarito, e latente, in profondità, la lesione era ancora presente. Ciò che mi lascia stupito è che il male sia tornato oggi, dopo due giorni di riposo. Non so proprio come regolarmi.
Una domanda continua a frullarmi in testa. Come farò?
Non ho ancora mai affrontato un lungo da trenta chilometri. Non ho mai corso per più di tre ore. Ho una gamba a mezzo servizio e il rischio è di rovinarmela per parecchio tempo se dovessi sovraccaricarla. Il dubbio è quasi amletico. Di sicuro, né domani né domenica potrò correre.
Cristiano ha descritto, qualche tempo fa, un certo tipo di crisi. Una crisi di motivazioni, certo, ma concludeva descrivendo il desiderio di poter di nuovo correre liberamente, senza scopo, per il puro piacere di farlo. Per tutto il tempo e per tutti i chilometri che possa desiderare, senza vincoli o obblighi.
La voglia di correre la Maratona è tanta. Sono anni che mi chiedevo se mai avrei avuto la forza, fisica e mentale, di correre per 42 chilometri (e poi sopravvivere per raccontarne. Non dimentichiamoci, infatti, che Filippide, il primo Maratoneta della storia, dopo aver genialmente stabilito la distanza, ci ha lasciati). Eppure questo non mi impedisce di pensare che per me è più importante la corsa per se stessa. Non tanto, dunque, partecipare a competizioni o fissare tempi e record personali. Ma correre!
Correre e respirare ed esultare del corpo in movimento.
Poi, ovvio, la medaglietta di partecipazione è importante. Collezionare luoghi e distanze fa parte del gioco, ma è un di più. Cercare su Internet le corse più strane ed i luoghi più affascinanti per viverli e conquistarli in modo diverso è un passatempo meraviglioso. Si tratta, però, di un contorno che fa piacere aggiungere. Non è certo il piatto principale, lo scopo.
E allora, mi chiedo se valga la pena rischiare di rovinarsi in modo serio la muscolatura, col rischio di rimanere di nuovo fermo per mesi. Per cosa?
Domani avevo in progetto di partecipare alla Corsa Marziana per Carnevale e poi di proseguire per altri 20 chilometri e portare a termine il lungo da 30 chilometri. Valerio, cavallerescamente, si era offerto di correre un tratto di strada con me. Mi avrebbe fatto enorme piacere. Era un modo per divertirsi e per imparare qualcosa. Perché avrei avuto modo di carpirgli qualche segreto, qualche accorgimento. Lui ha corso più di una maratona e più di quanto io abbia corso in tutta la mia vita.
Peccato. Il mondo del running mi piace ed è appena al di là di una porta della quale rimango sempre sulla soglia.
Una soglia che mi piacerebbe varcare
Cerca nel blog
Per contattarci:
piovonorunners@gmail.com
venerdì 4 marzo 2011
In limine
Etichette:
anatomia,
Cristiano,
dolore,
Maratona di Roma,
Valerio
L'importanza del vello d'oro
Ieri.
Giovedí 3 marzo.
Ho appena finito di correre.
Nonostante la data farebbe pensare alla primavera, ieri sera non c'erano rondini che volavano in cielo. C'era solo una pioggerellina quasi inpercettibile, se hai un cappellino o un qualsiasi materiale impermeabile, ma se stai correndo non é proprio un sollievo. Per fortuna sopra avevo su il mio fantastico k-way che avevo acquistato per proteggermi dai monsoni malesiani dell'estate scorsa. Monsoni che si sono palesati solamente l'ultimo giorno mentre io e Fede andavamo con zaino in spalla all'aeroporto. Non vi dico quanti bioparco c’erano sul tragitto, ma questa un altra storia.
Sotto vi chiederete? Sento la sospance che cresce dentro di voi.
Sotto i consueti pantaloni da mega-etero che trattengono il caldo delle gambe, ma che sono anche efficientissimi nel trattenere la pioggerellina.
Ma il problema, il vero problema, la microscopica crepa che dopo 40 minuti ha creato la falla nella mia temperatura corporea, é stato quello che c'era sopra il sopra. Forse dovrei dire quello che non c'era sopra il sopra. Oddio mi sto perdendo, vabbè dal collo in su.
Chi mi conosce o cmq ha visto la foto, io sono quello che è contraddistinto da una capigliatura da super sayan. Insomma il rasato dei tre. E questo, se é in effetti una figata con i climi miti, non si addice molto a una corsa sotto una pioggerellina con tre gradi e mezzo.
Il punto della situazione è che normalmente correndo ci si scalda per il movimento e quindi si riesce a contrastare il freddo circostante. Ma a tre gradi e mezzo, sotto gli sputacchi di quelle rondini che ti aspetti di vedere sfrecciare in cielo e che invece stanno rintanate perché fa troppo freddo e ti guardano si sbieco come a dire “poveretto quello…”, l’assenza totale di una qualche imbottitura o copertura per il mio cuoio, ahimè, non più capelluto si rende necessaria e sacrosanta.
E quando le orecchie erano ormai un ricordo, e la testa pulsava per il freddo, ho deciso che il tributo a lei si poteva considerare saldato e che se non volevo diventare un nuovo Farouk, poteva bastare.
Mentre scrivo queste righe mi viene in mente che solo mio fratello può comprendere a pieno le emozioni provate, perché gli altri tre miei amichetti di corsa sono abbondantemente capello muniti e, forse, danno per scontato l’importanza del vello d’oro, che in queste serate è indiscutibile
Giovedí 3 marzo.
Ho appena finito di correre.
Nonostante la data farebbe pensare alla primavera, ieri sera non c'erano rondini che volavano in cielo. C'era solo una pioggerellina quasi inpercettibile, se hai un cappellino o un qualsiasi materiale impermeabile, ma se stai correndo non é proprio un sollievo. Per fortuna sopra avevo su il mio fantastico k-way che avevo acquistato per proteggermi dai monsoni malesiani dell'estate scorsa. Monsoni che si sono palesati solamente l'ultimo giorno mentre io e Fede andavamo con zaino in spalla all'aeroporto. Non vi dico quanti bioparco c’erano sul tragitto, ma questa un altra storia.
Sotto vi chiederete? Sento la sospance che cresce dentro di voi.
Sotto i consueti pantaloni da mega-etero che trattengono il caldo delle gambe, ma che sono anche efficientissimi nel trattenere la pioggerellina.
Ma il problema, il vero problema, la microscopica crepa che dopo 40 minuti ha creato la falla nella mia temperatura corporea, é stato quello che c'era sopra il sopra. Forse dovrei dire quello che non c'era sopra il sopra. Oddio mi sto perdendo, vabbè dal collo in su.
Chi mi conosce o cmq ha visto la foto, io sono quello che è contraddistinto da una capigliatura da super sayan. Insomma il rasato dei tre. E questo, se é in effetti una figata con i climi miti, non si addice molto a una corsa sotto una pioggerellina con tre gradi e mezzo.
Il punto della situazione è che normalmente correndo ci si scalda per il movimento e quindi si riesce a contrastare il freddo circostante. Ma a tre gradi e mezzo, sotto gli sputacchi di quelle rondini che ti aspetti di vedere sfrecciare in cielo e che invece stanno rintanate perché fa troppo freddo e ti guardano si sbieco come a dire “poveretto quello…”, l’assenza totale di una qualche imbottitura o copertura per il mio cuoio, ahimè, non più capelluto si rende necessaria e sacrosanta.
E quando le orecchie erano ormai un ricordo, e la testa pulsava per il freddo, ho deciso che il tributo a lei si poteva considerare saldato e che se non volevo diventare un nuovo Farouk, poteva bastare.
Mentre scrivo queste righe mi viene in mente che solo mio fratello può comprendere a pieno le emozioni provate, perché gli altri tre miei amichetti di corsa sono abbondantemente capello muniti e, forse, danno per scontato l’importanza del vello d’oro, che in queste serate è indiscutibile
giovedì 3 marzo 2011
In un giro di Rolex. O poco più.
Ho scoperto che il sogno di ogni Milanese, il giro Milano-Santa-Courma, misura 466 km. E mi sono fatto una risata.
Ho scoperto che farsela di corsa tra Parigi e Londra, a parte il problema di chi deve dare la precedenza a chi tra me e il treno sotto al tunnel della Manica, sarebbe una passeggiata di 456 km. Ridicolo.
Ho scoperto anche che se scappi dai tori a Pamplona e già che ci sei, spinto dall'adrenalina, decidi di proseguire verso Barcellona per andare a fare serata, devi correre appena 481 km. Robetta.
Mi sono dato al gioco delle distanze perché l'altro giorno ho fatto ordine nella mia tabella. Ho deciso di impilare uno sull'altro tutti i km che ho corso in queste sedici settimane di preparazione verso Roma. Così, tanto per ribaltare la mia prospettiva e vedere che effetto facevano messi tutti lì, in fila. Li ho sommati, calcolatrice alla mano.
Beh, fanno effetto. Sono 558.
Poi memore dei miei trascorsi da pendolare tra Roma e Milano mi si è accesa una lucina, che è diventata curiosità impellente e presagio astrale. E ho fatto un'altra scoperta.
Sono andato su Google Maps per misurare la distanza esatta tra casa mia a Milano e via dei Fori Imperiali a Roma, luogo di partenza della gara.
Sono 584 km.
Come (quasi) coincidenza non è male, dovete ammetterlo. Alla fine del mio programma di allenamento avrò corso più o meno gli stessi chilometri che avrei dovuto percorrere per andare a piedi da casa mia alla linea di partenza della Maratona di Roma.
C'è una specie di predestinazione in questa congiunzione chilometrica.
Non lo sapevo, ma a partire dal primo allenamento di fine novembre avevo di fatto lasciato Ticinese, mi ero avviato verso Assago e poi, un po' per volta, ero arrivato a Melegnano, avevo fatto a tappe l'Emilia, a Bologna avevo svoltato verso l'Appenino, Firenze, poi giù verso la Maremma. Da poco ho passato Viterbo, ora sono più o meno dalle parti dei Castelli e il Grande Raccordo Anulare è ormai in vista.
Roma, ti ho quasi raggiunto.
Etichette:
chilometri,
Courma,
Maratona di Roma,
Santa,
tabella
mercoledì 2 marzo 2011
Barba e caffè
Oggi riposo.
Ci vuole. Ieri mattina ho tirato parecchio rispetto al solito, con due giri ben larghi intorno al Parco Sempione e ritorno a ritmi sostenuti. Avevo dimenticato qua in Studio il GPS, e quindi non ho certezza sui tempi al chilometro, nè posso postare l'immaginetta del percorso fatto. Ma azzardo un 5 minuti basso al chilometro e circa una dozzina i chilometri percorsi.
Ne approfitto per descrivere ciò che avviene dopo la corsa, al rientro in casa, poco prima delle otto del mattino.
L'ortopedico mi ha consigliato di fare stretching dieci minuti dopo la fine dell'attività fisica, per evitare di lavorare su muscoli troppo elastici, quindi mentre passano i dieci minuti ho tempo per compiere alcune attività, a cui seguono altre attività.
Attività rigidamente codificate dall'abitudine e dallo studio esatto dei tempi.
La prima è passare dal bagno ed aprire l'acqua calda. Poi, mentre la vasca si riempe, vado ad accendere il computer e inizio a levarmi alcuni strati, fradici di sudore. Mentre il computer si avvia, ritorno verso il bagno, passando però dalla cucina, che al primo giro ho evitato.
Apro il frigo e prelevo una bottiglia d'acqua. Con la bottiglia mi dirigo in bagno, bevo e la poggio a bordo vasca. Dopodiché, ritorno in camera a prendere il libro che sto leggendo e finisco di spogliarmi tra una stanza e l'altra. Quando torno in prossimità della vasca, sono circa le otto e cinque l'acqua è quasi al livello giusto e inizio lo stretching.
Ore otto e dieci circa sono nella vasca, a leggere beato. Mi concedo un quarto d'ora di goduria, poi freneticamente mi lavo e mi sbarbo. A questo punto sono quasi le otto e trentacinque. Nei successivi dieci minuti accade un fenomeno paranormale, a seguito del quale alle otto e quarantacinque sono in strada vestito, a volte anche profumato.
Metropolitana e arrivo in San Babila più o meno alle nove e dieci. A questo punto c'è la colazione al bar e, soddisfatto, varco la soglia dello Studio, in Corso Venezia, alle ore nove e venticinque.
I vestiti rimangono sul pavimento sino a sera. E il computer? Probabilmente è rimasto acceso, sulla pagina di selezione Utente. Come stamattina, che volevo scaricare la seconda serie di The Big Bang Theory.
Adoro Sheldon Cooper.
Ci vuole. Ieri mattina ho tirato parecchio rispetto al solito, con due giri ben larghi intorno al Parco Sempione e ritorno a ritmi sostenuti. Avevo dimenticato qua in Studio il GPS, e quindi non ho certezza sui tempi al chilometro, nè posso postare l'immaginetta del percorso fatto. Ma azzardo un 5 minuti basso al chilometro e circa una dozzina i chilometri percorsi.
Ne approfitto per descrivere ciò che avviene dopo la corsa, al rientro in casa, poco prima delle otto del mattino.
L'ortopedico mi ha consigliato di fare stretching dieci minuti dopo la fine dell'attività fisica, per evitare di lavorare su muscoli troppo elastici, quindi mentre passano i dieci minuti ho tempo per compiere alcune attività, a cui seguono altre attività.
Attività rigidamente codificate dall'abitudine e dallo studio esatto dei tempi.
La prima è passare dal bagno ed aprire l'acqua calda. Poi, mentre la vasca si riempe, vado ad accendere il computer e inizio a levarmi alcuni strati, fradici di sudore. Mentre il computer si avvia, ritorno verso il bagno, passando però dalla cucina, che al primo giro ho evitato.
Apro il frigo e prelevo una bottiglia d'acqua. Con la bottiglia mi dirigo in bagno, bevo e la poggio a bordo vasca. Dopodiché, ritorno in camera a prendere il libro che sto leggendo e finisco di spogliarmi tra una stanza e l'altra. Quando torno in prossimità della vasca, sono circa le otto e cinque l'acqua è quasi al livello giusto e inizio lo stretching.
Ore otto e dieci circa sono nella vasca, a leggere beato. Mi concedo un quarto d'ora di goduria, poi freneticamente mi lavo e mi sbarbo. A questo punto sono quasi le otto e trentacinque. Nei successivi dieci minuti accade un fenomeno paranormale, a seguito del quale alle otto e quarantacinque sono in strada vestito, a volte anche profumato.
Metropolitana e arrivo in San Babila più o meno alle nove e dieci. A questo punto c'è la colazione al bar e, soddisfatto, varco la soglia dello Studio, in Corso Venezia, alle ore nove e venticinque.
I vestiti rimangono sul pavimento sino a sera. E il computer? Probabilmente è rimasto acceso, sulla pagina di selezione Utente. Come stamattina, che volevo scaricare la seconda serie di The Big Bang Theory.
Adoro Sheldon Cooper.
Etichette:
cosmogonia,
Sheldon Cooper,
Studio,
Tozzi Fan,
vasca
Uno su quattro non ce la fa
Spesso su queste pagine ci avventuriamo - e cerchiamo di portarvi con noi - in lunghi racconti, nel tentativo di descrivervi e condividere tutte le sfaccettature delle sensazioni che sperimentiamo in questo bellissimo gioco, per noi nuovo, chiamato corsa.
Non è solo esibizionismo. E' tutto vero, tutto un complesso intreccio di benessere mentale e fatica fisica. C'è tanta "roba" immateriale e interiore ad accompagnare l'atto materiale e concreto della corsa.
Poi però ci sono anche i fatti. Ci sono gli eventi, c'è la densità, c'è gente che respira e muove i muscoli. Ci sono i numeri.
Ogni tanto uno spazio ai numeri lo regaliamo. Quanti km abbiamo percorso, a che velocità, che pettorale avevamo o avremo, che temperatura c'era quel giorno. Questo post è dedicato ad alcuni mumeri, con l'intento di farvi apprezzare la concretezza e l'entità tangibile di quello che ci apprestiamo a fare.
Questo post è dedicato innanzitutto ad un numero che oscilla tra 15.600 e 16.000.
Sono gli iscritti effettivi alla Maratona di Roma. Sono tantissimi, per un evento italiano. Io, che corro prevalentemente da solo, provo un pizzico di emozione davanti all'idea di una tale massa di persone che, come me, stanno arrivando ciascuno dal suo punto del mondo per convergere alle 9 del mattino del 20 marzo al Colosseo di Roma. Hanno tutti la mia stessa idea in mente. Si stanno facendo tutti un mazzo tanto da mesi per arrivare al mio stesso obiettivo. Escono tutti nel weekend per macinare chilometri. Avranno anche avuto tutti una Crisi, prima o poi.
15.641 persone già iscritte, a ieri. E' già stato battuto il record stabilito l'anno scorso.
In più sono previste 85.000 persone alla corsa "fun", la non competitiva di 4 km.
Una massa di 100.000 runners che, invece di schiacciarmi, mi esalta.
Sono tanti, quindicimilaseicentoquarantuno. 8600 sono italiani. 7000 gli stranieri da 84 paesi. 120 in totale sono gli atleti disabili.
Un altro numero, visto che siamo in tema, mi ha colpito: il record di finisher, di persone cioè che hanno portato a termine la gara. E' stato stabilito nel 2007, con 11.895 che hanno tagliato il traguardo. Questo dato mi ha spinto ad un rapido e semplice ragionamento: l'anno scorso c'erano più di 15.000 iscritti, ma non è stato battuto il record dei finisher. Significa che circa 3.500-4.000 persone non ce l'hanno fatta ad arrivare in fondo. 1 su 4, a spanne. Tanti.
Per questo, al di là delle sensazioni, mi piace raccontarvi un po'anche i freddi numeri. Alle volte restituiscono la fatica meglio di quanto faccia un racconto. Perché è affascinante narrare la difficoltà di ciò che stai facendo e trovare le parole migliori per descriverla. Ma alla fine è la conta dei "caduti" a restituire meglio di ogni altra cosa la grandezza di quello che ti sei imposto di portare a termine.
Il freddo numero.
Uno su quattro non ce la fa.
Riuscirò ad essere uno degli altri tre?
martedì 1 marzo 2011
"Ehi, Piovonorunners!!" -capitolo tre-
[continua da qui...]
[e da qui...]
Constatata la crisi e stabilite le regole, ho rimesso le scarpe da corsa e ho affrontato la mia tredicesima settimana di allenamento in vista di Roma.
Martedì erano previste ripetute 5x1200 a 4'20'' al km. Dopo essere stato mezza giornata a letto con il mal di testa (doppiamente fortunello visto che quel giorno ero a casa in ferie), mi sono ugualmente agghindato da runner, sono sceso al parco sotto casa e le ho portate a termine. Con molta fatica e con recuperi mooooolto lenti tra una ripetuta e l'altra, ma ce l'ho fatta.
Giovedì 8km easy a 4'55' al km, fatti in scioltezza sul tapiro urlante, guardando Studio Sport e Futurama.
Nel weekend era nascosta la vera sfida, un lunghissimo da 32 km. L'ho affrontato applicando alla lettera le regole 1 (non pensare nemmeno a saltarlo, Cristiano), 3 (niente Naviglio Grande, si cambia rotta) e 4 (controllo delle condizioni meteo), come da manuale esposto nel capitolo due di questo racconto.
Grazie alla regola 4 ho scoperto che il tempo sarebbe decisamente cambiato tra sabato e domenica. Il primo giorno sole, il secondo pioggia. Per la prima volta ho quindi abbandonato il Settimo Giorno, quello creato da Dio per ridere della Juve e per correre i lunghi, e anticipo il mio allenamento al sabato.
Ho anche fatto il bravo e la sera prima, venerdì, non sono uscito. Sabato mattina mi reco con la Bionda a Blondiwood per il consueto monitoraggio settimanale dei lavori nella casa nuova, poi mi spoglio per la prima volta in quella casa (peccato, lei è rimasta vestita: non è stato esattamente come avevo sognato il mio denudamento inaugurale del nuovo appartamento) e indosso la mia seconda pelle da runner per iniziare la mia corsa da lì.
Comincio, in maniera inedita dai Giardini di Via Palestro. Lì incontro Matteo, stilosissimo e carico, mentre setta l'ipod e gli ultimi dettagli d'abbigliamento prima di iniziare i suoi giri. Saluto rapido, frugale ma solenne, poi ognuno dritto per la sua sfida. Non lo incrocerò più, anche perchè dopo un altro giro e mezzo del Parco esco diretto altrove. Però incontrare un altro Piovono Runner così, per caso, mentre si allena, è fantastico. Carica. E' la conferma della regola numero 7...
Uscito dai Giardini imbocco via Moscova, diretto al Parco Sempione. Qui si svolge l'episodio che dà il titolo al post. Sono all'altezza di Via Solferino quando sento un colpo di clacson, in una via che fino ad allora mi si era mostrata tranquilla e poco trafficata. La prima sensazione è il fastidio. Dopo il clacson arriva il grido, come il tuono dopo il lampo: "Ehi Piovonorunners!!". La seconda sensazione è lo stupore. Giro il collo e vedo sfrecciare in motorino Lodo, amico, compagno di calcetti e non solo, fin dai tempi dell'università. E anche lettore di Piovono Runners. La terza sensazione è la gioia. E anche un filo di autocompiacimento, ammettiamolo. Il mio primo riconoscimento pubblico e inaspettato da parte di una persona che ci legge. Carica, anche questo. Ed è la conferma della regola numero 6...
Thanx Loud, il titolo di questo triplo post è per te.
Arrivo al Parco. Qui, dopo due incontri a sorpresa, attendo quello programmato, con Carlo. Faccio un paio di giri del Parco perchè sono in anticipo, poi lo incontro, accompagnato da un'amica runner e ci mettiamo a correre insieme. L'ostacolo più difficile, a parte il trovare un ritmo comune con cui procedere in tre, è il mega luna park istallato nel parco, vicino al Castello. Schivare i marmocchi, i cani e i passeggini trasforma l'allenamento in una specie di addestramento militare.
Soprattutto, è l'inizio della fine della mia concentrazione. Siamo alle 13 e a circa 20-22 km percorsi. Ho commesso un errore: ho fatto colazione troppo presto. Le pastiglie Enervit aiutano, ma non riempiono esattamente lo stomaco. Non ho altro con cui alimentarmi e nemmeno soldi con me con cui comprare qualcosa. Il lunapark, chissenefrega della giostre e dei marmocchi, ha un unico vero problema: ribolle di odori di cibo. Salamelle, gelati, caramelle, zucchero filato. Tutti questi effluvi iniziano a intrufolarsi nelle mie narici ad ogni passaggio e a campeggiare nel mio cervello, allestendo banchetti immaginari che monopolizzano i miei neuroni.
Imploro i miei due compagni di corsa di uscire da lì e loro gentilmente mi accompagnano. Prendiamo la pista ciclabile di via XX Settembre e la seguiamo andando verso la Fiera Vecchia. Mi rendo conto però che ormai è troppo tardi. Sono distratto da qualsiasi negozio di alimentari, anche per animali. Merda, il sabato sono TUTTI aperti, TUTTI mi richiamano come sirene con i loro aromi, TUTTI evocano mondi pantagruelici di cibi prelibati. Gelaterie, rosticcerie, supermercati, bar, ristoranti, paninoteche, panetterie, pasticcerie. Sono ovunque, come i Vietkong. Mi tendono agguati olfattivi e visivi da ogni angolo di strada.
Niente da fare, sono in preda ad un'ossessione da cibo. Fatico a rimanere concentrato. Il gps al mio polso sembra rallentare e dilatare il tempo che mi separa dalla fine dell'allenamento. Mi concentro sulla meta, ma della meta vedo solo la cucina, il frigo di casa mia e il bottino di reliquie alimentari che esso nasconde.
A un certo punto saluto Carlo e le nostre strade si dividono. Sono a 27 km, ma la mia forza di volontà è già seduta a tavola. Decido che si sono verificate le condizioni sufficienti per applicare la regola 2 del piano anti crisi (si può occasionalmente accorciare il percorso in casi di estrema emergenza). Mi dirigo verso casa. Oltretutto sono le due passate e alle tre c'è da assistere a un momento epocale: il punto più basso della Storia del Torino F.C.: la sfida in trasferta sul campo del Portogruaro. Portogruche? Direte voi. Ecco, esatto. Avete capito perchè parlo di punto più basso della Storia. Imperdibile, devo essere pronto ad assistere a una sfida che spero sarà unica e irripetibile.
Cibo, Toro, Bionda. Tre stimoli irresistibili mi attirano come poli magnetici verso casa.
Faccio due conti, con la parte di cervello ancora lucida: una settimana fa ero in crisi dopo 24 km. Ho deciso di affrontarla di petto, sono risalito subito in sella e ho fatto tutti i miei allenamenti della settimana, nonostante tosse e mal di testa persistenti. Oggi, cioè sabato, sono già a 28 e li ho fatti bene. Posso concedermi uno sconto?
Sì, posso concedermi uno sconto.
Varco la porta di casa al 29esimo chilometro.
Entro, saluto la Bionda con un grugnito e mangio, nell'ordine: due fette di fontina, quattro biscotti con lo yoghurt, una fetta di brie, quattro o cinque grissini, un paio di fette di salame. Poi pranzo.
Poi ricomincio a parlare.
P.S. Portogruaro-Torino 0-1. eccheccazzo.
FINE
Etichette:
Carlo,
cibo,
Giardini di via Palestro,
la bionda,
Lodo,
Maratona di Roma,
Matteo,
regole anti crisi
Iscriviti a:
Post (Atom)