lunedì 12 marzo 2012

Verso la prima maratona: le avventure di un aspirante maratoneta sovrappeso (di Luca Bersaglia)

E niente: tra una settimana corro la mia prima maratona (Roma, 18/3/2012).
L'altro giorno mentre facevamo  8 km di rifinitura, l'amico Cristiano mi dice: "Perchè non scrivi qualcosa sulla preparazione della tua prima Maratona per Piovono Runners? Sensazioni, emozioni, insomma quello che ti pare!".
E dopo questo preciso brief ho iniziato a pensare se potevo sintetizzare gli ultimi tre mesi e mezzo in uno spazio ragionevole. Perchè in questi tre mesi e mezzo sono successe davvero tante cose.

Scusate, sono un cafone: avrei dovuto presentarmi prima. Mi chiamo Luca, ho 33 anni e ho sempre corso. Da giovane lo facevo per necessità (ossia la corsa in tutte le sue forme era un momento essenziale della preparazione per gli altri sport che praticavo), poi ho iniziato a farlo come attività fine a se stessa. Ma senza troppo impegno, andando un paio di volte a settimana e vedendo la corsa come se fosse una forma di espiazione dei miei "peccati" (leggi alimentazione a volte sregolata o la birretta di troppo).
Sia ben inteso: mica era una pippa cicciona che stramazza al suolo dopo 3 km! Pian pianino ero arrivato alla ragguardevole distanza della mezza maratona, facendone diverse, di sicuro su tempi tutt'altro che significativi (2 h e 8 minuti è un personale di cui si può andare orgogliosi quanto del fatto di possedere una Fiat Duna in buono stato).

La svolta arriva il 13 novembre 2011. Alpin Cup al Parco Nord, Sesto San Giovanni. Arrivo alla fine dei 21 km a pezzi, segnando il mio poco importante personale ma, reggendomi a fatica sulle gambe e aggrappandomi a una balaustra, faccio nel giro di un paio di secondi due pensieri: 1) "Ma tu pensa a quelli che fanno la maratona: arrivati a questo punto sono solo a metà….e io mi sento già un uomo da buttare"; 2) "Cazzo, voglio farla anch'io!!".

Oltre a questo improvviso moto d'orgoglio, alla base della mia decisione c'erano anche motivi personali con i quali non vi ammorberò ma che vi sintetizzerò in una frase: la voglia di vedere se ero ancora capace di darmi un obiettivo e raggiungerlo. Lo scoprirò domenica prossima.

Detto questo, contatto l'amica Alice, reduce dalla sua prima maratona (la Nizza-Cannes, chiusa alla grande in 3 ore e 54 minuti), metto in piedi un summit a Monza con lei e il di lei fidanzato con una serietà organizzativa degna del G20. Nel corso di questa cena/riunione la convinco a dare il via all'"Operazione Roma".

Da quel venerdì di metà novembre sono passati 3 mesi. E' arrivata una tabella d'allenamento che si è affiancata al normale calendario gregoriano e che ha scandito i miei giorni. Sono arrivati capi d'abbigliamento di dubbio gusto in grado di aiutarmi ad affrontare la preparazione nell'inverno più freddo che io ricordi. Ma soprattutto è arrivata una motivazione e una carica che non ricordavo di avere da tempo.

Di questa preparazione ricorderò 5 momenti e situazioni in particolare:
a. i 18 km del 31/12/2011 fatti in centro a Milano con un'anomala fatica e che mi hanno fatto pensare "ma come posso fare a farcela?!?!?!?"
b. i primi 21 km corsi in 2 ore (il 6/1/2012), a soli sei giorni dalla crisi di fine anno (sono profondamente convinto che quella crisi fosse la degna conclusione di un anno da non ricordare con particolare gioia)
c) i primi 30 km fatti in solitaria a Milano (da casa mia a Lambrate andando oltre Corsico lungo il Naviglio) caratterizzati da un freddo inquietante (-8° alla partenza,  -3° all'arrivo) ma soprattutto dalla presenza di un nutrito gruppo di vecchine in Via De Amicis che mi applaudiva come se fossi un loro nipote di cui andare orgogliose.
d) i 35 km fatti due settimane fa a Parma con Alice e suo padre in 3 ore e 16 minuti (è tutto più facile quando il ritmo nei primi km te lo dà il padre della tua socia che, per puro caso, nella vita ha fatto anche il pace maker sulle 4 ore).
e) gli allenamenti di rifinimento con Cristiano  (8 km fatti a un ritmo di 5:24) e con Alice ieri (11 km  fatti a 5:08), entrambi corsi tranquillamente parlando e pensando alle mille attese per il grande evento di domenica.

Lo so: a chi legge (e non corre) queste possono sembrare poco più che note tecniche che al massimo possono trasmettere la soddisfazione per aver raggiunto tanti piccoli obiettivi.
In realtà dietro  a questi freddi numeri c'è una gamma vastissima di emozioni, esaltazioni, episodi divertenti, momenti quasi grotteschi (tipo finire sputazzante nelle foto di nozze di una coppia di sposini cinesi al Parco Sempione) e attimi di scoramento (tipo quando tu sei al massimo dello sforzo e corri a 4:50 al km  bestemmiando per la fatica e ti supera leggero leggero un runner che è la metà di te e probabilmente per lui il tuo ritmo è sinonimo di "passeggiatina"; o, ancora,  la febbre il giorno in cui dovresti correre per la prima volta i 32 km).

E poi questi cinque punti altro non sono che la sintesi di quello che, secondo me, è l'unicità della maratona: la sua epica.
Non fidatevi di quelli che vi dicono frase del tipo "Io sto preparando una maratona e lo faccio tranquillamente, senza ammorbare il prossimo parlando sempre di vesciche, di chilometri corsi alle 6 del mattino, bevendomi comunque litri di birra e poi svegliandomi la mattina dopo e facendo comunque 30 km senza fatica".  Chi parla così mente (o semplicemente non prepara la maratona).
Perchè preparare una maratona comporta sacrifici: a volte comporta la sveglia all'alba per andare ad allenarsi con -5° (perchè magari, lavorando, non si avrà il tempo di farlo in pausa pranzo o alla sera), comporta un minimo di rigore alimentare, comporta attenzione ai dettagli (dall'abbigliamento giusto ai pensieri all'alimentazione da tenere prima e durante l'evento) ma soprattutto comporta fatica.

Quindi, lo ripeto: non credete a chi usa troppo spesso l'aggettivo "normale" quando parla della maratona. Perchè di normale non c'è molto. A partire dal meccanismo che scatta nella testa di chi decide di mettersi a preparare una corsa in linea di 42 km e 195 metri (specifico anche i metri perchè, dopo 42 km, anche i 195 metri hanno il loro peso).

L'importante è fare il tutto senza frantumare troppo gli attributi al prossimo (non so se ci sono riuscito: gli amici Silvia, Matteo e Kata mi accusano di aver sviluppato una rara forma di "Linusite". Dicesi "Linusite" la patologia - tipica del deejay Linus - che porta un ex giovane a rincoglionirsi del tutto e parlare sempre e solo di corsa) ed evitando comportamenti umilianti per se stessi (ad esempio, affrontando una tapasciata preparatoria di 15 km con in premio un salame di Felino per tutti i partecipanti con la stessa vis agonistica che potrebbe avere un professionista alla partenza della maratona olimpica. Non sono arrivato a tanto, grazie al cielo!).

Sulla base di tutto quello che ho fatto e di quello che vi ho scritto, posso dirmi pronto per affrontare la mia prima maratona.
Sono contento di tutti questi tre mesi: sono migliorato tanto, ho perso 5 chili e posso ambire a raggiungere quello che deve essere il solo obiettivo che, secondo me, deve avere che si appresta a fare la propria prima maratona: arrivare e poterlo raccontare con felicità!

Per cui, alla prossima con il "diario romano"!

A presto!

Luca Bersaglia.

mercoledì 7 marzo 2012

TREvisoinTREoreTREntadueminuti

Prima di una maratona l'importante è pianificare bene tutto e rispettare poche e semplici regole.

Una dieta mirata
(pranzo del sabato: menù degustazione da otto portate in un meraviglioso ristorante nel vicentino)
Evitare i grassi
(un tagliere di salumi infinito all'aperitivo)
E gli alcolici
(sei a Treviso e vuoi non farti uno spritz?!)
Studiare il percorso da casa alla partenza, per evitare imprevisti
(perdersi la mattina della domenica alle 7 nella campagna trevigiana, rompere i coglioni al tuo ospite telefonandogli per dirgli che non sai dove ti trovi, farti telecomandare nella direzione giusta, guidare a cannone per recuperare il tempo perduto e ritrovarsi a fare un testacoda di 360° in una rotonda fortunatamente vuota a quell'ora)
Arrivare puntuali al luogo di ritrovo
(dopo le disavventure di cui sopra piombo sul luogo di partenza delle navette alle 7.35, il penultimo bus buono per raggiungere Vittorio Veneto - luogo della partenza della gara - mi parte davanti, resta l'ultimo previsto per le 7.45, che non arriva, verso le 8 io e un centinaio di altri cristiani iniziamo a preoccuparci, ne arriva uno alle 8.15 preso d'assalto tipo diligenza, rimango a terra, dopo altri cinque minuti ne compaiono altri due, i podisti rimasti iniziano a correre attraverso questo enorme parcheggio nella speranza di indovinare dove il bus si sarebbe fermato per salirci per primi, il guidatore terrorizzato dall'orda famelica si ferma lontano da noi, tutti si accaniscono per salire come se fosse l'ultima scialuppa del Titanic...riusciamo a salire tutti, si parte)
Arrivare alla partenza in tempo per svolgere alcuni salutari esercizi di stretching e un po' di riscaldamento
(ovviamente arriviamo a Vittorio Veneto in ritardo clamoroso, ci cambiamo all'aperto come profughi, il camion che deve riportare le nostre sacche all'arrivo da Treviso è già partito, rimane un furgoncino scassato dedicato ai "ritardatari" con un tizio svogliato che ci dice che - forse per punizione - non avremmo trovato le nostre sacche all'arrivo ma in una scuola a 500 mt dal traguardo, pensieri felici dei presenti all'idea di doversi fare un altro mezzo chilometro dopo i quarantadue della Maratona, pensieri e bestemmie abortite sul nascere perchè ormai è tardi, corsa verso la partenza, allacciarsi le scarpe, pisciare, non pisciare sulle scarpe, uno dietro un albero sta cagando - l'emozione gioca brutti scherzi, a volte  - stretching di trenta secondi come se ci stessimo preparando per una passeggiatina di un paio di chilometri, entriamo nelle gabbie, si parte)

Comincia la gara e tutte le (dis)avventure di cui sopra si dimenticano.
Parto con Enzo, il collega-amico-maratoneta più esperto di me che mi ha motivato di brutto nelle settimane precedenti e mi ha convinto a pedinare i pacer delle 3 ore e 30'.
Per chi non lo sapesse i pacer sono dei tizi a cui piace correre con un palloncino legato alle spalle, tipo il nonno di Up, e che si impegnano a portarti al traguardo nel tempo indicato a penna sul loro palloncino.
I pacer sono un ottimo servizio, dicono.
I pacer sono degli assassini, dico io.
E io sono uno sprovveduto, aggiungo sempre io.
Praticamente, sempre per chi non lo sapesse, questi signori devono assicurare a TUTTI di arrivare sotto il tempo stabilito. Quindi, nel mio caso, il pacer delle 3h30' deve far varcare a tutti la linea del traguardo entro quel tempo, che lui calcola dallo sparo della partenza. Ovviamente, invece, ogni podista calcola il proprio tempo di percorrenza dal momento in cui varca la linea di partenza cosa che spesso accade, soprattutto negli eventi più grandi, svariate decine di secondi (se non minuti) dopo lo sparo, visto il tempo fisiologico che ci vuole a far defluire il serpentone dei partenti.
Nel mio caso, ad esempio, avevo una quarantina di secondi di ritardo da recuperare se volevo stare sotto il tempo del pacer.
Aggiungete a questo il fatto che il pacer si crea comunque un po' di margine di sicurezza per non arrivare impiccato agli ultimi chilometri.
Il risultato è che un ritmo da 4'58'' al km, che è quello che bisogna tenere per chiudere una maratona in 3h30'', stando con il pacer è diventato nei primi km un qualcosa che stava sotto i 4'50'' e successivamente s'è un po' chetato ma rimanendo sempre attorno ai 4'54'' circa.
Che significa una mazzata, a lungo andare, per uno che, come me, si era dato come obiettivo di tentare un ritmo da 5'-5'05'' al km.
Ma chi se lo incula il concetto di "lungo andare" all'inizio, giusto? Con ancora in corpo l'adrenalina del testacoda e dell'assalto armato ai pullman, parto come un treno dietro al vecchietto di Up e accanto ad Enzo.
Gianluca Boccanera Grande Cri!! In bocca al lupo e qualsiasi cosa succeda PARTI PIANO!!!
Mi aveva scritto saggiamente Gianluca due giorni prima.
Scusa, Gianlu. 
Sono ancora in quell'infanzia - un po' canina - della corsa in cui se vedo un pallone (o un palloncino) lo inseguo. 
Enzo è incuffiato in un mondo di suoni che lo motivano, io mi piazzo nel cuore del gruppone che segue il pacer e ascolto i discorsi degli altri. C'è una nana malefica alta un metro e venti che parla in continuazione. La ritroverò dopo il traguardo, stesa ad annaspare su una barella. Eh, cazzo, un po' ti sta bene: mezzora a raccontare al nonnino di Up di quanto era figo correre a NY,e quanto uno dovrebbe farlo almeno una volta e quante volte hai corso a Parigi...e vaffanculo. Sto correndo ai limiti delle mie possibilità nel mezzo di una campagna nella quale le maggiori distrazioni sono rappresentate da qualche capannone industriale. E tu mi parli del ponte di Verrazzano.
Io intanto corro, che tanto alla fine sono lì per quello.
Si palesano un paio di dolorini (alluce sinistro, polpaccio destro), ma non li ascolto, sono sovrastati dalla voce della nana e dalla mia ansia da prestazione.
Il percorso è vero, è molto veloce. Asfaltato, lineare, in leggera discesa. Però è di una monotonia sconfortante. Se quello che si cerca è la pace contemplativa, la dispersione della coscienza o semplicemente il sonno, la campagna ininterrottamente piatta è l'ideale. Se cerchi motivazione adrenaliniche per correre o la distrazione dallo sforzo, sei capitato nel posto sbagliato.
Indi per cui il consiglio è: scegliete gare così quando già vi conoscete bene come podisti, quando sapete che potete farcela da soli, quando puntate un obiettivo specifico e quello vi basta. Non se cercate un supporto nella varietà del paesaggio o sperate in un'esplosione di scenari che vi facciano dimenticare la fatica. Finireste per implodere voi.
A Treviso c'è però qualcosa di speciale, che ti sostiene: il pubblico. C'è tantissima gente, lungo tutto il percorso. E non sono lì a smadonnare in attesa che si liberi l'incrocio, come a Milano. Non ti guardano nemmeno con un distratto e perverso interesse entomologico, come in molti altri posti d'Italia. No, lì ti applaudono, ti incitano, ti incoraggiano, ti fanno i complimenti. Organizzano persino banchetti abusivi di rifornimento: ho visto un gruppo di attempate signore che offrivano frutta e, più avanti verso il 40°km, un gruppo di ragazzi che distribuiva Coca Cola (sull'efficacia di quest'ultima nello sprint finale si può discutere, ma il gesto era carino comunque).
Io intanto continuo a correre, che tanto alla fine sono sempre lì per quello. 
Arrivo alla Mezza con tempi non umani, per me: sotto 1h44', che significa una proiezione sotto le 3h28' al traguardo. Inizio a capire che no potrò reggere quel ritmo ancora per molto. Nel frattempo una tizia, accanto a me nel gruppo dei seguaci del pacer, tira fuori un cellulare dalla tasca e inizia a chiacchierare con qualcuno, annunciandogli che eravamo arrivati alla Mezza, che lei stava bene, che il tempo era bello... Ma Cristo.
Ho odiato pure lei, quasi quanto la nana.
Tra il 20° e il 30° inizio lentamente a ritrovarmi nella terra di nessuno della solitudine. Enzo si allontana all'indietro, per lui non è tanto giornata. Il nonnino di Up e i suoi nipoti si allontanano in avanti, sfilacciandosi e perdendo di km in km podisti rallentanti, che si staccano dal gruppo come stelle filanti. Io sono uno di quelli. Uno che ha capito che a questo ritmo a Treviso non ci arriva. Cerco di settarmi sui 5'/km.
Quando arrivo ai 30' sono passate 2 ore e 28 minuti. E' una bella notizia. Significa che, rispetto a un ritmo ipotetico sui 5'/km, ho un margine di 2 minuti da giocarmi negli ultimi 12 km per arrivare comunque entro le 3 ore e trenta.
Al 35° decido (le mie gambe decidono) che è arrivato il momento di giocarsi il primo bonus. Mi metto a passeggiare nei pressi del ristoro, sgranocchiando due biscotti e bevendo dell'acqua. Mi si avvicina un tipo.
Ha lo sguardo della mucca al pascolo. O dello juventino allo stadio. Dietro le iridi vagamente azzurre, l'attività cerebrale è assente.
Ci parliamo. Questo è il resoconto accurato del nostro dialogo:
Lui: "Shnvfg hfff dolore agfrrr"
Io: "Eh sì"
Lui: "Errrrrrrgghhjkl uhmp faccio più"
Io: " Anche a me fanno un po' male le gambe, soprattutto i polpacci"
Lui: "Drvessxxsj cammino kutfg"
Io: " Beh, ciao"

Ricomincio a correre, dopo questo breve fuori programma sul set di Walking Dead.
Porto a casa ritmi incerti e consapevolmente placidi, un po' sopra i 5' al km. Nessuna crisi stavolta. Le visioni mistiche vissute a Roma negli ultimi km sono impossibili nella concretezza terrosa della campagna trevigiana. La testa c'è, insomma. Le gambe no, ma mi hanno portato fin qui alla grande e non posso avercela con loro. Le assecondo, rallento. Al 38° mi concedo una seconda pausa e mi fermo pure a fare stretching.
Chissenefrega delle 3h30'. Se le faccio adesso, poi nella prossima maratona rimango senza obiettivo. Mi dico così e decido che è una splendida scusa per smetterla di preoccuparsi del tempo finale.
Ri-ricomincio a correre. Al 39°, la svolta. In tutti i sensi.
Svolto un curvone e vedo laggiù, in fondo,  le mura di Treviso. E' il momento magico in cui avviene lo scarto. La gara - con il suo corredo di crampi, fatica, km percorsi, attese, timori - si sposta dal corpo, ormai allo stremo, alla testa. Ad una testa felice, carica, che ha capito che è fatta. E non senti più niente, nessun dolore conta più. Il corpo è tornato ad essere solo il mezzo, la testa torna a comandare.
Galoppo in quel lungo vialone, trascinato dalla consapevolezza che la mia piccola impresa è alle porte, che è stato più facile della prima volta, che forse sono diventato un po' più runner quest'anno, che la Maratona non è più la montagna da scalare con l'unico obiettivo di arrivare in qualche modo in cima, ma che è diventata per me una sfida in cui posso darmi degli obiettivi, in cui posso migliorarmi. In cui posso divertirmi.
Entro in Treviso per l'ultimo km nel centro storico. E' tutto particolarmente bello perchè sono praticamente solo. Il percorso, fino ad allora molto lineare, è diventato tortuoso tra le stradine della città vecchia. Spesso in quelle stradine mi trovo da solo. Io e il pubblico. E decido di fare il pagliaccio: saluto tutti, applaudo, mi metto in posa davanti ai fotografi, cerco la Bionda e Nicolò che mi aspettano.
Ultima svolta e mi trovo il traguardo di fronte. Tra me e lui c'è solo un podista.
 In quel momento è molto più lento di me, che volo sulle ali dell'entusiasmo. Accarezzo per un attimo l'idea dell'arrivo sprint. Poi decido di guadagnarmi il mio angolo di paradiso. Non ho più obiettivi di tempo, perchè devo dare uno schiaffo virtuale a questo tizio, che ha faticato quanto se non più di me, bruciandolo a dieci metri dal traguardo?
Perchè è un gesto deliziosamente bastardo.
Non ascolto la voce, rallento un pochino, mi accodo a lui e varco la linea d'arrivo.
3 ore, 32 minuti, 34 secondi. Dieci minuti in meno che a Roma.
a scanso di accuse di brogli, quello che leggete in alto è il tempo dallo sparo, non il mio real :)
eccolo il real..

Una bottiglia d'acqua, una medaglia, un bacio alla Bionda, gesti inconsulti di vittoria per i fotografi: non manca nulla del tipico rituale dell'arrivo.
Spazio alle foto, ho parlato troppo:





 E un omaggio finale ai miei due compagni di viaggio. La Bionda è la Bionda, e chevvelodicoaffare, è sempre straordinaria.
 Nicolò mi ha ospitato, fatto da guida per Treviso, rifocillato, ha subito una sveglia mattutina violenta e dopo tutto questo mi ha pure trovato un posto che ci facesse pranzare alle tre e mezza del pomeriggio di domenica (dalle mie parti in Monferrato alle tre e mezza stanno già apparecchiando per la cena).
GRAZIE!!!

lunedì 5 marzo 2012

Ripetute in gara

Questo post cercherà di essere breve. Racconta di una gara, ma una gara vissuta come allenamento. Ed è una gara decisamente minore, essendosi tenuta lo stesso giorno della GARA di Cristiano.

Sono stato a Piacenza. Domenica 4 marzo 2012 d.C.. Gli intrepidi piacentini hanno organizzato una mezza maratona (21,097 km), una trenta chilometri (30 km) e una maratona (42,195 km). Tutto lo stesso giorno. Ho escluso la maratona, non sono ancora pronto. Ho visto il percorso della trenta chilometri e ho optato per la mezza maratona.

A Piacenza ho incontrato tante persone. La sveglia alle 5.30 non mi ha consentito di essere vispo e allegro alla partenza e mi scuso da questo blog con loro. C'erano i marziani Walter (sostenitore della buona causa), Francesco (sostenitore della  buona causa), Hanna, Elena (che mi ha salvato dal raffreddore con una busta da indossare prima della gara), Igor, Brisc, Georgiana, Bigno, La Giessica, Francesca, Laura (chiedo scusa se me ne sono dimenticato qualcuno). C'era Manlio, sorridente e in splendida forma. C'era Roberto Torti, che incontrerete alla cena del 19 marzo 2012 d.C.. Roberto non è ancora ai livelli pre infortunio (spina calcaneare, al solo nome rabbrividisco), ma è comunque in buona forma. All'arrivo, nel suo sguardo c'era la soddisfazione di chi ha creduto di non poter più correre e si è ricreduto. Lo sguardo di chi non ha ancora visto Inter-Catania. C'era Oliviero, che ha rinunciato a rincorrere Cristiano a Treviso per una serie di acciacchi. E ha corso una mezza maratona.

Non c'era Stef, piacentino acquisito dopo aver vissuto a Londra per troppo tempo. E' rimasto bloccato dalla burocrazia solo italiana del certificato medico agonistico.

Piacenza è anche la città natale di Lucia, una intrepida podista che conoscerete presto.
(nella foto: the Beast and the Beauty)
Lucia ha corso qui la sua seconda mezza maratona, migliorando il personale di due minuti.

La mia intenzione non era certo di migliorare il personale sulla mezza maratona. Sono troppo legato a Verona, è lì che deve restare il personale. E' a Verona che Zia Carmela urla a squarciagola "VALEEEE!!!" all'arrivo.

Come essere sicuro di non correre a Piacenza il personale?

Ho adottato un metodo shshscientifico. Ho corso 21 km il giorno prima, per affaticare le gambe. E ho sperimentato le ripetute sui 21 km, ispirato dal post algebrico comparso su Piovono Runners qualche giorno fa.

Non avendo capito manco per un ciufolo la formula di Cristiano, mi sono dedicato a operazioni più semplici: 5+4+3+2+1. Addizioni. Certo, il numero totale supera le dita di entrambe le mani. E se si includono i recuperi perfino le dita dei piedi. Però almeno non devo prendere la calcolatrice o il foglio excel.

In breve: riscaldamento + allunghi di lunghezza decrescente cercando di stare tra 3'50'' e 3'55'' al km di media + recuperi di 1km cercando di stare tra 4'05'' e 4'15''. Quindi: 1 km a 4'05'', 5 km a 3'50'', 1 km a 4'07'', 4 km a 3'50'', 1 km a 4'07'', 3 km a 3'55'', e così via...

Pesantissimo ma molto soddisfacente. Aver preso la gara come allenamento mi ha consentito di poter fare il buffone con il pubblico. Urli, inchini, baci. E Piacenza rispondeva alla grande, un pubblico così caloroso è una gioia per il cuore e le gambe. Ultimi 100 metri sventolando la bandiera marziana, zompando e con retrorunning finale.
(nella foto: ognuno arriva a modo suo)
L'unico inconveniente era per i podisti che incontravo in gara. Quando li superavo, durante le ripetute, cercavano di starmi dietro. Quando rallentavo, nei recuperi, rallentavano anche loro. Dopo 10 km di questa storia ho iniziato a urlare: "sono ripetute!" e la situazione si è normalizzata. Tranne che sul 20° km, dove ho fatto da lepre alla terza donna arrivata al traguardo. (sono arrivato dopo la 3° donna, che soddisfazione!!)

Alla fine sono riuscito a non battere il personale.
[Qui la classifica completa]
1 ora 22 minuti e 58 secondi tempo effettivo. 48 secondi in più di Verona. Zia Carmela è contenta e sono potuto andare a mangiare i cannelloni della madre di Lucia senza rimorsi. I rimorsi li ho lasciati al bis (e i trimorsi al tris).
(nella foto: cannelloni... cannelloni... cannelloni...)

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sabato 3 marzo 2012

Caro barista

Nella mia testa doveva nascere come un tweet. Poi è diventato troppo lungo e lo pubblico qua. Così ne approfitto per invitare a donare ORA, cliccando QUA, per la Fondazione de Marchi.

Caro barista che mi porti il cornetto dieci minuti dopo avere portato il cappuccio e dopo aver servito tutti gli altri amici tuoi che sono arrivati dopo di me; caro cliente che contratti sul prezzo alla expert e mi blocchi la fila - invano - per 20 minuti; caro supermercato che mi vendi a 8 € al chilo le sardine "fresche", solo perché sarebbero state pulite,  e quando arrivo a casa scopro che le hanno pulite togliendo solo la testa che so bravi tutti a farlo e mi tocca deliscare le sardine all'una che c'ho una fame che mi mangerei lische di sardine crude; caro carabiniere che mi fai compilare i moduli perché la denuncia online non è possibile - ma come mi avete inviato un'email con la conferma?! - eh dipende, c'è quello che lo sa fare e quello che non lo sa fare, e mi fai compilare due moduli che sennò devi fare la fotocopia ed è un casino, e ce l'ha una penna? ah no? ahiahiahiahiahi, vabbé eccola qui.

Cari tutti, sappiate che se vi ho risposto con un sorriso è che stamattina mi sono svegliato alle 7 e ho corso 21 km a 4'28'' al km. E sono contento.


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giovedì 1 marzo 2012

Breaking News!

Update 5/3/12
BREAKING NEWS!/2
La voce alla fine non è stata confermata. Hanno dato il posto di Valerio a un altro. Il 18 marzo Valerio non sarà a Roma ma a Vigevano come inizialmente programmato. Che poi Roma è pure acerba.

Neanche si fa in tempo a dare gli aggiornamenti sulla Maratona di Treviso e a comunicare della Cena per la De Marchi (19 marzo, ore 19.30, Panta Rei, Viale Pasubio 14, Milano, qui il gruppo Facebook) che subito arriva un'altra notizia.

Il 18 marzo 2012 i Piovono Runners tornano a Roma. Un anno fa Carletto e Cristiano corsero la Maratona di Roma ed entrarono a pieno titolo nell'Olimpo dei Maratoneti. Quest'anno Valerio percorrerà il solco da loro tracciato.

Voci non confermate dicono che seguirà uno degli atleti che prenderanno parte al documentario The Spirit of the Marathon II. Voci confermate dicono che domenica scorsa Valerio ha visto la prima edizione del documentario e ha pianto come un bebè. Speriamo che mantenga il controllo durante la gara.
(nel video: il trailer di The Spirit of the Marathon)

E la Maratona di Milano da correre sotto le 3 ore? Quello resta sempre l'obbiettivo, cari lettori che piovono. Quello resta l'Obbiettivo.


Questo post sostiene la campagna: Di corsa per la De Marchi. Che te ne freghi qualcosa o no che io vada alla Maratona di Roma, puoi fare una donazione cliccando sul link qui sotto e sostenere una buona causa

mercoledì 29 febbraio 2012

A cena per la De Marchi

Save the Date!!

Lunedì 19 marzo 2012, dalle 19.30 in poi, cena al Panta ReiVia Pasubio 14, Milano.

Il tema della cena sarà Babbo Natale, amico di tutti i bambini, in perfetta sintonia con il clima equatoriale che stiamo vivendo a Singapore Milano.

La cena prevede due primi caldi, un secondo caldo, trenta tra antipasti, contorni e cazzatielle varie, dolci, vino, acqua, caffé, tovaglioli e centrini da tavola.

Ma tutto ruota, come detto, intorno alla figura paciosa e rassicurante di Babbo Natale.

Babbo Natale. Tutti noi nati prima del 2000 ricordiamo con affetto il simpatico panzone dalla barba lunga e bianca e dal vestito rosso abbondante. Ebbene, un grave pericolo incombe sui fanciulli del terzo millennio. L'icona del gioviale Babbo sta per essere soppiantata dall'anoressico scalatore di balconi. Un pupazzo di plastica che famiglie di onesti ma incauti lavoratori appendono ai davanzali. Tradizione? Ancora, per fortuna, no. Ed è nostro dovere civico lottare affinché non lo diventi mai.

Babbo Natale è godereccio e rubicondo. Ama i bambini. Non si sognerebbe di imitare un qualsiasi ladruncolo per entrare nelle loro case. Con slitta e renne approda su tetti, e scende da camini.

Il tentativo di distruggere l'icona classica di Babbo Natale non è il mero, ennesimo, strumento adoperato per invadere l'occidente di paccottiglia cinese. C'è qualcosa dietro, di ben più profondo e pericoloso. I poteri forti? L'ombra di D'Alema? Bildenberg? A queste e ad altre domande risponderà Roberto Torti, maratoneta, blogger, ma soprattutto autore dell'audace pamphlet Liberiamo Babbo Natale!

"Credere a Babbo Natale
è esercitare l'immaginazione,
è vivere a cavallo tra magia e realtà.
E noi cosa facciamo?
Appendiamo un orribile
fantoccio al balcone."
Il costo della cena è di 20 euro, dei quali 15 andranno per pagare cibo, vino, locale e bicchieri. Tutto il denaro raccolto durante la serata sarà versato alla Fondazione De Marchi il giorno dopo, con un'unica donazione, attraverso la pagina di Rete del Dono.

Chi vuole partecipare può iscriversi all'evento facebook e inviare un'email all'indirizzo race4charity@gmail.com

Per iscriversi c'è tempo fino al 15 marzo, per consentire a Marilena di Panta Rei di preparare abbastanza cibo per tutti.

Lottiamo!! Affinché immagini del genere diventino presto uno sbiadito, benché sempre doloroso, ricordo.

La banalità del male
(Nella foto: babbonatale e alluminio anodizzato deturpano un borgo medievale)

Questo post sostiene la campagna: Di corsa per la De Marchi. Che tu venga o no alla Cena, puoi fare una donazione cliccando sul link qui sotto e sostenere una buona causa