lunedì 17 gennaio 2011

Finger Food & Running Mood (con immagini)

(ovvero come ho accumulato e disperso calorie nel weekend appena trascorso)

La vita di uno sportivo contempla molte rinunce. In rigorosa sintonia con questo principio, nel weekend ho rinunciato al sonno, ad'un alimentazione equilibrata e alle bibite analcoliche.

Sabato: sveglia alle 9.30 e giornata interamente santificata al rito della gara di cucina. Lo ammetto, sento la pressione di questo appuntamento che torna dopo anni e temo i miei avversari: abbiamo un paio di rinomati animali da fornello (Ciccio e Carlo), un raffinato gourmet e bravo cuoco a cui mi mi sarebbe piaciuto tanto dare una sverniciata (Coppola, ti voglio tanto bene), due che fino a qualche anno fa si cibavano di muschi e licheni ma che adesso si sono evoluti (Galli e Persia) e una incognita totale, una di quelle sorprese temibili tipo Danimarca e Grecia all'Europeo, per capirci: tecnica semplice, mentalità proletaria e dritti al'obiettivo (Bindo). Poi c'erano i miei due avversari più diretti, quelli che avrei sfidato sul terreno della mia categoria (antipasti): una donna baffuta (Franco) e un uomo il cui ideale di haute cuisine è Bear Grylls (Nizza).

Capite bene che non posso perdere, pena l'onore, il pubblico ludibrio e la sodomizzazione con lo strudel finale di Fantoni.

Affronto con sprezzo del pericolo una situazione in cui, personalmente, non ho mai visto cimentarsi nemmeno il suddetto Bear Grylls: fare la spesa al supermercato il sabato mattina. La Tunisia di questi giorni, in confronto, è Pleasantville. Raccatto tutto, in uno scenario da saccheggio, e nel panico mi faccio anche convincere da una vecchia stagista di un caseificio, messa al banco fresco a gabbare i clienti, che la sua stracciatella è migliore della burrata che avevo già in mano. Va bene, vecchia stronza, non me ne frega niente che costi meno dell'altra, no non lo voglio il cazzo di ciliegino in assagio, dammi questa stracciatella e finiamola qui. Tutto, pur di uscire dal Pam a tempo di record.

Non è finita, parte ora la caccia ai bicchierini dentro i quali presentare i miei piatti. Finger food oblige. Spendo una discreta fortuna in un emporio di casalinghi che appartiene a quella misteriosa categoria di negozi vecchio stile che in 30 mq hanno tutto e nei quali l'unico antidoto al caos totale degli scaffali è la flemma monacale del proprietario, sensitivo nel capire cosa desideri e rabdomantico nell'infilare la mano tra cento oggetti accatastati alla rinfusa per trovare ciò che nel profondo tu volevi,ma nemmeno sapevi di desiderare.

Nel pomeriggio non succede niente di interessante. Ha giocato il Toro, ma non mi ricordo come sia finita. Alle 19 i primi chef si presentano a casa Soncini. Io arrivo armato di un trolley rigido Samsonite a combinazione segreta, contenente attrezzi e ingredienti per le mie ricette. Mai fidarsi del tutto di Casa Soncini: potresti trovarci quattro coltelli in ceramica ottimizzati per affettare i legumi, tre schiumarole per il goulasch e nessuna padella. Meglio essere preparati. Tempo mezzora e la cucina di Carlo si trasforma in un campo di battaglia. Gordon Ramsey sarebbe scappato frignando dopo sette minuti di fronte alla sfida di reggere il clima nervoso di quel luogo e Tunisi sembra ancora una volta un'oasi di felicità agli occhi di chi si ritrova lì.Se non partono coltellate tra di noi e solo per un antico sentimento di amicizia che ci lega, ma che è davvero l'unica cosa che fa sembrare inopportuna l'idea di un'omicidio, che per il resto parrebbe del tutto giustificato. Dal delirio creativo escono nove piatti nell'arco delle successive cinque ore.

Alla fine di questa faticosissima maratona (altro che correre...) escono vincitori il sottoscritto sugli antipasti, Bindo sui primi (e assoluto) e Coppola sui secondi (e miglior outfit).Come in ogni gara che si rispetti, però, bravi tutti: la vera sfida era sopravvivere ed arrivare in fondo, servendo qualcosa di personale e, possibilmente, commestibile. Ce l'abbiamo fatta.

Domenica: niente sveglia, bisogna arrivare freschi all'appuntamento con il lungo della settimana.Quando il corpo sarà pronto, si sveglierà e partiremo. Oggi abbiamo una compagna in più, a spezzare la routine: la bionda, quella del mio post di presentazione sulla pagina Chi Siamo, all'anagrafe Roberta, ha deciso di abbandonare il suo ducato orizzontale tra colline di cuscini e pianure di lenzuola (che di solito nel weekend presidia con morbida ostinazione) per accompagnami in bicicletta.Ci vestiamo e partiamo. 21 km, per noi. Per me la prova generale della mezza maratona di domenica prossima, per lei l'equivalente di quanto abbia pedalato nella sua vita da quando suo padre le ha tolto le rotelline dalla bici, 27 anni fa.

In Ticinese e sul Naviglio ritroviamo i nostri punti di riferimento: la nebbia, le bancarelle dei cingalesi, i coglioni che fanno il brunch nei tavolini all'aperto della California Bakery, con 2° di temperatura esterna, intabarrati come esploratori artici solo per mangiarsi il bagel più "cool" di Milano (scusate, li vedo e li disprezzo tutte le domeniche, avevo bisogno di denigrarli per una volta in pubblico).

La cosa bella del Naviglio, però, è che da Porta Genova in poi non c'è più nessuno, se non ciclisti e runner. Insomma, nonostante il clima ce la godiamo. Io per tutti e 21 i km, perchè avere una bella ragazza che ti pedala davanti ha un non so che di motivazionale (lo so benissimo, in realtà, e lo sappiamo tutti...).



Lei per 15-16 km sembra godersela, ad essere inseguita da una versione nera del Woody Allen vestito da spermatozoo di "Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso..."

Riesce anche, a tempo perso, a fermarsi e a dedicarsi a scatti che immortalino l'anima del Naviglio, mentre io sono più prosaicamente impegnato a mettere un piede davanti all'altro..

Poi, a un certo punto, inaspettata cala sul suo volto (la immagino sul suo volto, io più che altro l'ho vista sulla sua nuca) la fase introspettiva. Si piazza lì, una quindicina di metri davanti a me, a ritmo costante, testa un po' bassa, pedalata meccanica. Non si gira più a farmi le linguacce, non canticchia più ad alta voce i ritornelli delle canzoni che sta ascoltando con l'Ipod, non fa più l'elastico, rallentando ogni tanto per aspettarmi. Ho capito che l'effetto entusiasmo è finito, che il freddo ha prevalso, che la fame ha eroso il piacere della gita, che il suo cervello sta pensando esclusivamente a cosa mangeremo appena tornati a casa. Dopo essermi avvicinato per comunicarle che mancavano solo quattro chilometri, ed avendo ricevuto in cambio un grugnito, capisco che è il caso di starmene lì tranquillo, a quindici metri da lei.
Non mi odia, lo so, ma quasi: odia la situazione. La bicicletta le fa questo effetto dopo un po', ero preparato. Un giorno, magari, con la sua autorizzazione vi racconterò esperienze in bicicletta che ci hanno portato molto più vicini al divorzio di questa... :-)
Comunque è andata bene, siamo arrivati a casa, abbiamo di nuovo preso per il culo quelli della California Bakery e stiamo ancora insieme felici come prima.
Abbiamo concordato che la prossima volta che usciremo insieme, io di corsa e lei in bici, sarà il 13 marzo. Quando la Tabella prevederà solo 16 km.
Quel giorno sarò pieno di motivazioni: sarà l'ultimo lungo prima della Maratona di Roma.
E, soprattutto, farà più caldo e lei non indosserà quel lungo giaccone coprente che aveva ieri. Correrle dietro, mentre lei mi pedala davanti, sarà molto più bello.
Running mood oblige.














5 commenti:

  1. woody sarebbe fiero di te. in tutti i sensi.

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  2. certo che paragonato a Persia sotto l'aspetto culinario mi deprime non poco. Vado a scaldare i sofficini in padella...... cmq il blog mi gasa, quel tuo misto di umorismo e proprieta' di linguaggio che lo rende un must tra i favorites di internet. bravi.

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  3. Io vorrei dire anche, oltre a sottoscrivere i complimenti umoristicolinguistici di Sofficino, un brava alla roba. Hai tutta la mia stima (e comprensione).

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