In questi giorni di Olimpiadi, mi sono chiesta spesso che cosa significhi vincere.
Che cosa significhi davvero, e se ci sia un modo solo di intendere la vittoria.
Se significhi tagliare quel traguardo, fare quell’ultimo punto a ridosso del tempo, prevalendo sulla fatica dell’avversario.
Se sia stringere una medaglia, o riporla in un cassetto.
Se sia chiudere gli occhi nel momento in cui la si raggiunge, quel preciso momento in cui si ha la consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande.
Oppure se la vittoria sia, come dice qualcuno, il viaggio, il percorso, la fatica che precede quel momento.
Il cammino e la determinazione necessari per arrivarci.
O forse qualcosa di ancora diverso.
Dopo alcune uscite, tanti pensieri e tanto smarrimento (interiore, ma anche geografico visto il mio correre in un quartiere estraneo) qualche giorno fa mi sono sentita vittoriosa.
Per esempio, perché tra i mille scatoloni ancora chiusi del mio trasloco, sono riuscita a trovarle.
Loro. Non vere scarpe da runner, ma scarpe migliori per correre. Nere. E non rosa!
Prima
Dopo
Secondo: perché ho salvato Teddy dalla spazzatura. (Ci sarebbe da scrivere un post solo per lui e sul perché, alle 6.15 di un giorno di fine luglio, Teddy giacesse sul marciapiede di via Rizzoli a Milano tra la spazzatura del mattino, ucciso dai cartoni della pizza di Melody. Forse Teddy era un compagno di sbornie di MR Wiggles? O forse semplicemente l’ennesimo caso di cieca violenza urbana senza ragione?)
Terzo. Perché sono riuscita a correre qui (anche se non ancora a fare un giro completo). In questo magnifico parco in cui in 29 anni non avevo mai messo piede, accanto a questo bellissimo fiume, davvero magico al mattino (sì, un poco maleodorante direte voi, ma è pur sempre Milano e per favore non interrompete la magia e fidatevi).
Quarto. Perché Valerio mi ha iscritto al gruppo podisti da Marte e ho un obiettivo di allenamento per sabato 8 settembre, la 40esima Missione Marziana!
Quinto. Perché uscendo per la quarta volta, ancora asfalto e tanto, tanto sonno, per la prima volta, mi sono sentita fiduciosa. Fiduciosa davvero. Una sensazione, vaga, sciocca, ma al tempo stesso forte, radicata e bellissima. La certezza di farcela, alla partenza. Di farcela davvero.
(Non stramazzerò per terra, riuscirò a tornare indietro, non mi aggrediranno nel parco. Respirerò e andrà tutto bene. Andrà tutto bene.)
Ecco la mia definizione di vittoria. Quella che vale per me. La vittoria è la conquista della fiducia e dell’ottimismo con cui, piano piano, uscita dopo uscita, mi sono ritrovata a correre la mattina, all’alba.
Mi sento su di giri e mi sento completamente dove vorrei essere.
Sola. Non di corsa né in affanno prima che una nuova giornata cominci, ma in corsa, per me stessa, per alimentare questa sensazione, in un limbo della giornata che prima semplicemente non esisteva. Sono, moderatamente, felice.
Terzo. Perché sono riuscita a correre qui (anche se non ancora a fare un giro completo). In questo magnifico parco in cui in 29 anni non avevo mai messo piede, accanto a questo bellissimo fiume, davvero magico al mattino (sì, un poco maleodorante direte voi, ma è pur sempre Milano e per favore non interrompete la magia e fidatevi).
Quarto. Perché Valerio mi ha iscritto al gruppo podisti da Marte e ho un obiettivo di allenamento per sabato 8 settembre, la 40esima Missione Marziana!
Quinto. Perché uscendo per la quarta volta, ancora asfalto e tanto, tanto sonno, per la prima volta, mi sono sentita fiduciosa. Fiduciosa davvero. Una sensazione, vaga, sciocca, ma al tempo stesso forte, radicata e bellissima. La certezza di farcela, alla partenza. Di farcela davvero.
(Non stramazzerò per terra, riuscirò a tornare indietro, non mi aggrediranno nel parco. Respirerò e andrà tutto bene. Andrà tutto bene.)
Ecco la mia definizione di vittoria. Quella che vale per me. La vittoria è la conquista della fiducia e dell’ottimismo con cui, piano piano, uscita dopo uscita, mi sono ritrovata a correre la mattina, all’alba.
Mi sento su di giri e mi sento completamente dove vorrei essere.
Sola. Non di corsa né in affanno prima che una nuova giornata cominci, ma in corsa, per me stessa, per alimentare questa sensazione, in un limbo della giornata che prima semplicemente non esisteva. Sono, moderatamente, felice.
p.s.
Entusiasta per questa sensazione ho provato a correre con gli occhi chiusi, per un tratto. Però ho sbandato. Vi consiglio di non provarci, o potreste ritrovarvi come Teddy...