giovedì 3 febbraio 2011

Il tapiro urlante

Il tapiro urlante, conosciuto Oltralpe come tapis roulant, è strumento d'allenamento nonché argomento di discussione dei runner.
Il podista integralista di solito lo disprezza e lo considera una roba da profani. Per lui il tapiro sta alla corsa come il Tavernello al Barolo, Twilight a Dracula o l'altra squadra di Torino al Torino: roba di scarsa qualità, pallida evocazione, mangime per le masse indifferenziate.
Il tapiro urlante, per il podista integralista, segna la differenza tra chi in ogni condizione meteorologica e a ogni ora del giorno batte la strada (che in questo mondo è un complimento, intendiamoci) e chi si rifugia in palestra, tra le cinquantenni del pilates e i maschioni depilatis.
Il podista integralista un po' ha ragione e un po' no.
La strada è incomparabilmente più bella, è l'essenza della corsa, il piacere senza compromessi. E' il sesso senza il preservativo.
Il tapiro, è vero, è sesso inguantato. Io però sono tra quelli che pensano che sarebbe stupido rinunciare al sesso per un'avversione ideologica verso il preservativo. Quindi, quando serve, salgo sul tapiro (che nessuno visualizzi il doppio senso di questa frase, o chiudo il blog).
Il tapiro è comodo. Innanzitutto, a dispetto del nome, non urla. E' mansueto, tranne quando si inchioda di botto mentre stai correndo a 14km/h e ti ritrovi proiettato nell'ignoto spazio profondo come la cagnetta Laika (mi è capitato).
Poi è qui nella palestra del mio ufficio, a 100 mt in linea d'aria dalla mia scrivania. Ci posso andare in pausa pranzo, invece di svegliarmi alle 6 del mattino per correre o dover uscire nella nebbia alle 9 di sera. Aiuta con la regolarità, come il Bifidus actiregularis: imposti la velocità a cui vuoi correre e lui ti costringe a tenerla. Quest'ultima opzione è utilissima fino a quando all'estero, nel mio caso a Berlino, non incontri un tapiro settato in miglia: lì o ti abbandoni a raffinati algoritmi mentali di conversione - so che non è complicatissimo, ma io ho fatto il Classico - o rinunci ed entri in sauna (perchè a Berlino i tapiri sono settati in miglia? Se qualcuno lo sa, ci sono sempre quelle foto discinte di Carlo che sono rimaste in palio da un precedente concorso).
I tapiri della mia palestra si dividono in quattro categorie. La più prestigiosa è quella che comprende i modelli con televisore integrato e posti di fronte alla sala corsi. Questi ti permettono un'ampia gamma di visioni che aiutano a vincere la noia. Spesso la realtà, rappresentata da colleghi insospettabili che tarantolano al ritmo della Zumba o si accartocciano torturati dall'istruttore di Addominali, offre molti più spunti del bouquet di canali a disposizione.
La seconda categoria ha implicazioni motivazionali e morali più complesse, perchè è rappresentata dai tapiri dotati di televisore ma posti di fronte alla vetrata del ristorante. Il sadismo consapevole o inconsapevole dei progettisti di quest'area di Mediaset, ha creato uno scontro di culture. Particolarmente acceso, come è ovvio, nella fase della pausa pranzo. In quel momento si fronteggiano e si guardano negli occhi due mondi lontani. Chi accumula da un lato, chi disperde dall'altro. Non mi è mai stato chiaro chi invidi chi, se scorra ammirazione reciproca, tensione, immedesimazione, superbia, disincanto, empatia, entropia o antipatia. Aleggia comunque qualcosa, nell'aria che divide le due tribù.
Se avverte imbarazzo o invidia, la persona a tavola è comunque libera di concentrarsi sui suoi bucatini e quella sul tapiro può abbassare lo sguardo e dedicarsi al televisore.
Questa libertà di scelta è ridotta per colui il quale si trovasse a correre sulla terza categoria di tapiri, sempre posizionata fronte ristorante ma priva di televisore. A questa persona sarà necessaria una maggiore capacità buddistica di distacco dai piaceri terreni, in questo caso il cibo ostentato dai suoi dirimpettai, e di concentrazione sull'atto della corsa.
La quarta categoria è la più austera, monacale e punitiva della palestra. Vi sono infatti alcuni tapiri urlanti privi di televisore e posti di fronte a una vetrata opaca. Sono gli ultimi ad essere occupati, ovviamente. Richiedono dedizione totale, motivazioni altissime e doti di sublimazione dello sforzo. Anche perchè la presenza del televisore sul tapiro è strategica anche se non lo guardi. Mettere l'immagine a tutto schermo permette infatti di nascondere alla vista lo spietato, e solitamente lento, molto lento, scorrere dei due quadranti luminosi che conteggiano il passare dei minuti e l'avanzare della distanza percorsa.
Se quindi ti trovi sul tapiro di quarta classe non puoi guardare la tv e non puoi guardare la gente che mangia ma puoi solo affondare lo sguardo nella nebbia ipnotica del vetro opacizzato e sperare che vi rimanga intrappolato. Perchè se rimani schiavo del controllare ogni momento quanto hai corso e quanto tempo manca alla fine, la pausa pranzo diventa un supplizio e finisci per rimpiangere rabbiosamente non solo il ristorante e il suo menu di medio livello, ma persino la mensa, quel luogo triste ma democratico in cui il pesce spada, la salsiccia e il riso in bianco hanno tutti lo stesso rassicurante sapore.
Oggi 8 km a 4'55'' al km, come da Tabella. Sul tapiro urlante di quarta categoria, ça va sans dire.

mercoledì 2 febbraio 2011

Il buio oltre la porta

Ieri, mentre stavo andando a mangiare in pausa pranzo con i colleghi di Studio, mi è arrivata una di quelle chiamate che ti cambiano la giornata. In peggio.

La mattina ero andato a correre al Parco Sempione. Dovevo provare i nuovi acquisti.
Beh, si sono rivelati meravigliosi, il freddo percepito è stato abbattuto di quasi la metà. Credo proprio che comprerò un altro paio di magliette intime della Kipsta (Oramai, per me, mitica marca della Decathlon). Anche per andare a fare snowboard.
Arrivato al parco ho cercato inutilmente di rimanere al passo di Agnese e dei suoi scatti da un minuto con breve recupero sempre di un minuto (in gergo tecnico si chiamano fartlek). Parte della dignità era rimasta a terra, nei circa cinquanta metri e a crescere di distacco che mi dava ad ogni scatto. Ho conservato la poca avanzata grazie ad un'udienza alle ore nove, che mi ha "costretto" a tornare a casa prima.

Quindi casa, doccia, cravatta, metro, Tribunale. Prima udienza tutto bene. Rinvio breve al 20 ottobre 2014. Da un'aula all'altra, finisco in udienza con una collega. Conciliamo. Oramai si è fatta una certa, torniamo in Studio e andiamo a mangiare.

Arriviamo alla telefonata che trasforma.
Squilla il telefono. Ed è la portinaia. Mi dice che sono arrivati i tecnici della A2A. Le rispondo che non aspettavo nessun tecnico, "perchè sono lì?" chiedo. Per staccare la corrente, mi risponde.
Non è stato panico.Qualcosa di più simile a un buco nero.
Mi fiondo alla sala clienti della A2A in Francesco Sforza. Prendo il biglietto, alzo lo sguardo al tabellone. Tempo medio attesa 85 minuti. Dopo un'eternità parlo con un tizio. Pare che tra me e mia madre sia passata inosservata una bolletta di ottobre. Sotto silenzio è andato anche il primo sollecito di novembre e il sollecito di dicembre. Le altre bollette pagate (mistero).
Monviso a cattivo gioco (questa la capisce solo Cri, e anche io ho delle difficoltà, ero troppo ebbro ieri sera per ricordare), pago e chiedo come fare a ripristinare la corrente.
L'affabile impiegato mi assicura che non è stato staccato nulla (a saperlo non pagavo un cazzo!).

Il resto della giornata è noia e lavoro. Torno a casa, apro la porta, e... "clic".
Curioso che l'interruttore faccia lo stresso suono di una pistola che fa cilecca.
Perchè nel mio caso ha fatto cilecca anche l'interruttore. Ripenso all'impiegato e al suo sorriso caldo e sornione al tempo stesso Alla frase "di solito quando incontrano le portinaie non staccano nulla", e alla mia stupida ingenuità che gli ho anche creduto. Che fare? E che vuoi fare alle nove di sera? Ho utilizzato il flash del cellulare tipo torcia (il mondo delle App ha trovato impiego, finalmente) e brancolato per casa. Poi Kaputziner, birra e battutona sul Monviso a cattivo gioco.

Stamattina niente corsa. Posso anche farmi la barba dopo aver scaldato dell'acqua su un tegamino, ma la doccia post corsa non è proprio cosa da improvvisare. Verso le nove e mezza ottengo giustizia, riparte la caldaia, mi lavo mi cambio e arrivo in Studio.

Sipario

Alla rinfusa

Temo sempre il momento in cui decido di comprare qualcosa di veramente tecnico che riguarda le mie piccole distrazioni. Non riesco mai a capire se è l'evoluzione in passione dei miei hobbies, oppure il punto di massima altezza del mio interesse.
Così è stato quando ho comprato la tavola da snow la prima volta. Oppure quando ho acquistato l'abbonamento per la palestra anni fa. Lo stesso sentimento di lieve ansia mi è venuto anche quando ho comprato, a metà giugno dello scorso anno, il GPS.
Tra l'altro l'acquisto rivela quanto dilettantistico e poco meditato sia il mio approccio a qualsiasi cosa.
Non ho comprato, prima, le scarpe nuove, le magliette tecniche, o cose che potessero migliorare fisicamente la mia corsa. Sono passato direttamente all'oggetto dei desideri più figo, ma anche quello meno facile da riciclare se passa lo slancio.
Poi, a metà settembre, poco prima della Mezza Maratona di Monza, ho comprato tre magliettine tecniche.
Praticamente ho passato l'estate a infradiciare inutilmente magliette di cotone, ma in compenso sapevo esattamente quanti chilometri correvo e in quanti minuti completavo ogni chilometro. Poi, a settembre, ho comprato le magliette. Il primo oggetto veramente utile.
Ma il motivo è stato che non volevo correre la mezza maratona con l'aspetto del primo pirla che passa.
Corsa la mezza maratona sono passato all'acquisto delle scarpe da running nuove, da lì sono passato al gilerino smanicato semiimpermeabile per quando piove, e ai pantaloncini ultraderenti corti. Poi ho smesso di correre. Sino a fine dicembre.
Adesso ho riiniziato a correre da un mese.
Ho già acquistato due magliette tecniche per il freddo, dei pantaloncini aderenti che arrivano sotto il ginocchio, chili di creme e pomate, una fascia per le orecchie, e sono stato tentato da dei guantini veramente fighissimi.
Nel frattempo un'altra mezza maratona è finita alle spalle.
Ora ho puntato delle calze studiate apposta per il running.
Ogni tanto mi chiedo se non continuo a correre per sentirmi legittimato a fare questi acquisti. Per indossare, senza sentirmi un cretino, tutte questi oggettini tecnologicamente avanzati, studiati apposta per chi pratica a discreto livello uno sport.
Che, poi, discreto è un parolone. Più che altro arranco. Eppure ieri sera con Cristiano ci scambiavamo compiaciuti le nostre sensazioni muscolari per confrontare i reciproci progressi.
E se Cristiano avesse deciso di praticare lo sci di fondo? O la pelota? Ecco, la pelota mi ha sempre affascinato. Quella sorta di protesi ricurva che usano per lanciare la palla, prima o poi, la voglio provare.
Tra sabato e domenica devo piazzare un lungo di almeno una 20na di chilometri. Mi è stato proposto di andare a correre la Mezza Maratona delle due Perle. Tra Santa Margherita e Portofino.
Ci sto pensando.

martedì 1 febbraio 2011

Correre da fermi - Il nuovo gioco di Piovono Runners

Si può correre anche da fermi, certi giorni.
Io l'ho fatto ieri, dopo cena. Mi sono sdraiato sul divano e ho finito "La solitudine del maratoneta", una raccolta di racconti di Alan Sillitoe.
Un libro potente, viscerale, che racconta la strada. Non solo la strada di chi corre, ma di chi ne fa un campo di battaglia, un terreno di sopravvivenza, un orizzonte di avventura.
Me l'aveva regalato Carlo a Natale. In realtà me l'ha consegnato due settimane fa. Un ritardo che non si avvicina nemmeno minimamente al nostro record: io il regalo per il suo 30esimo compleanno, che cade il 31 maggio, glielo diedi il giorno di Natale successivo. Quindi tutto ok.

Ho terminato il libro e ho pensato di cominciare un gioco, da fare con voi. Creiamo insieme la biblioteca ideale, la videoteca a tema e la playlist perfetta per il runner, o aspirante tale. Le regole: non serve, soprattutto per film e libri (per la musica non ci si pensa nemmeno), che il tema principale sia la corsa. Possono essere opere che contengono scene memorabili legate al running o anche solo vaghi accenni. Basta pure, semplicemente, che vi evochino un mood di sfida, che vi carichino, che rappresentino la competizione per un obiettivo... Insomma, la regola è che non ci sono regole, ma semplicemente suggestioni personali.

Creeremo sul blog una pagina per ciascuna categoria, dove pubblicare le tre hall of fame scelte da voi e noi insieme. Se e quando raggiungessimo un buon numero di segnalazioni, potremmo anche aprire una votazione per decretare i top book, film & song a tema running.
Inserite i vostri titoli preferiti nei commenti sotto questo post, sulle nostre pagine di facebook, via mail o a voce e noi li riporteremo nelle pagine della hall of fame. Potete indicarne quanti ne volete, per ciascuna categoria o per una categoria sola. Si può anche votare più volte, man mano che vi vengono idee. Se volete aggiungere una motivazione bene, ma non è necessaria, può rimanere segreta e misteriosa.
Potete anche postare commenti anonimi. Su Piovono Runners abbiamo persino un collaboratore Anonimo, veneriamo la privacy.

Bene, comincio io:
  • LIBRI: L'arte di correre di Murakami Haruki
  • FILM: Burn after reading di Joel e Ethan Coen
  • MUSICA: Time is running out dei Muse
Have fun!

Momenti di trascurabile sudore

Giacomo Galli scrive su Piovono Runners per ricordarci che correre va bene, ma allenarsi è un'altra cosa...
Eccezzzziunale

La sveglia delle 7 15 e I'll buio caldo della notte appena trascorsa.
I'll rapido controllo del mercato cinese ed elettronico americano.
I'll tentativo subconscio di boicottare I'll progetto, l'iniziativa, che mai domo si presenta regolare alle 7 17.
La battaglia fra dovere e dormire.
Vince I'll dovere.
Immagine di leonida e degli addominali dei suoi 300.
6 x 300 = 2400 addominali scolpiti.
Alzarsi dal letto e scattare in piedi.
Senso di disorientamento, ma I'll peggio e' passato.
Calzoncini, maglia, no calze, scarpe
Lavaggio denti, borsa con cambio
Asciugamano usato, settimana scorsa.
Dopo oggi, lo lavo.
Motorino, -1 gradi
Freddo, cazzo, svizzera di merda.
Perche' vivo qui?
Palestra: Let's go. Where? Gli svizzeri e I'll marketing, due linee parallele.
Bonjour - Bonjour
Swap tessera chiave armadietto
3 persone
Arrogante personal trainer con fastidioso accento francese.
I'll francese andrebbe parlato dalle 11 in avanti. Prima silenzio.
Flaccido grassone in equilibrio precario su Bosu. Sudore.
Un deux trois, bien, bien fait.
Armadietto, lancio borsa, via giaccone
Virgin radio. Diofa, stessa musica di ieri.
Dumbells da 6 kg
Slancio braccia, circonduzioni spalle, flessioni in negativo, spalle.
Warming up.
Leonida che urla. Jean Pierre Rives con faccia insanguinata dopo placcaggio su un inglese.
2 febbraio al campo.
Ok, ci vado
Trazioni alla spalliera, 10.
Leonida ne faceva 50.
Sti cazzi, comincio con 10
1 2 3 ...... 10
Stazione due preparata meticolosamente attende
Personal trainer arrogante ne chiede impellente uso.
Sguardo fermo. Silenzioso.
Se ne va.
Burpees, 15, prima, poi bilancere, 70 kg, steso a terra.
Sollevo.
Equilibrio.
Addominali. Gambe al bilancere: centro, dx e sx.
50 volte.
I'll tappetino e' da figa.
Meglio freddo pavimento.
Flessioni.
Sudore crescente. Prime soddisfazioni.
50 flessioni.
20 bene
30 bene
35 stanco
Leonida e I'll muro dei persiani trucidati.
36 bene
45 ok
50. Bruciore.
Spalle: bilanciere, 35 kg
Olympic lift.
Nessuna protezione sulla zigrinatura centrale della barra.
25 volte.
Graffi alla base del collo, e piccola goccia di sangue.
Soddisfazione.
Trazioni, 10.
Esitazione.
Leonida. Coppa del mondo di rugby. Pockoc: 180 in panca piana.
Trazioni, 10, fatica.
10 minuti.
Ripeto 2 volte.
20 minuti.
Lunedi' oggi, tempo di petto e schiena.
Panca piana: dischi da 25
25 x 2 = 50 + barra da 15 = 65
Warming up
12 ripetute.
85 kg
8 ripetute
100 kg
5 ripetute.
50kg
Fino ad esaurimento energia.
Leonida si congratula con me. Grazie mate.
40 minuti, ancora 10 poi doccia.
Prime donne in palestra.
Nn ti tirerebbe neanche mangiassi 3 viagra
65 anni media.
Abbigliamento anti stupro
Sudate.
Sorrisi maliziosi, al bicipite tirato.
Orrore.
Schiena: pulley basso.
70kg
Warm up.
Interroto
Monsieur, dovrebbe usare l'asciugamano per rispetto agli altri utilizzatori della palestra.
Silenzio,
Aggiungo 5, 75kg.
Che si fottano.
Gli altri.
12. Ripetute
85kg
10 volte
95kg
8 volte
Acqua, fresca.
Corpo allenato.
Sonno passato.
Doccia calda, shampoo e bagnoschiuma rubati in albergo.
Asciugamano che puzza e umidiccio.
Oggi lo lavo.
Deo e profumo omaggio della palestra.
Der zurfen for men.
swap chiavi armadietto tessera.
Motorino
Freddo, soddisfazione, carico.
Affamato.

lunedì 31 gennaio 2011

L'amaro risveglio

Lunedì 7 febbraio ore 10:20.
Ci penso da questa mattina. Da quando ho chiamato, e una segretaria perfetta (cortese e professionale. Quel tanto di cortesia che evita l'antipatia, quel tanto di professionalità che tiene la distanza) mi ha liquidato in meno di un minuto, con questa frase "Lunedì 7 febbraio ore 10:20, per Lei va bene?".
L'appuntamento è fissato, il verdetto temuto, ma non c'è altra soluzione.

La prendo larga.
Venerdì mattina, verso la fine dell'allenamento, ho avuto di nuovo dolore al ginocchio sinistro. Nel resto della giornata, però, a parte del leggero fastidio, non ho avuto alcun problema. Salivo e scendevo le scale tranquillamente, camminavo senza alcun dolore; insomma, tutto a posto e il ginocchio in apparente miglioramento.
La sera, mentre buttavo giù un buon sorso di miracoloso amaro alle erbe, mi sono impiastricciato di pomata e sono andato a nanna. Il risveglio del sabato mattina non ha portato grosse nuove. Nessuna nuova, buone nuove, si dice. E così mi sono organizzato per la domenica.

Sono andato a fare un po' di acquisti compulsivi: pantaloncini sotto al ginocchio per il freddo, maglietta fluo con inserti tecnici e bande a traspirazione differenziata, gel all'Arnica al 30%, maglietta strafica nera ultraderente con inserti anatomici, e anche un paio di quelle robe gelatinose al gusto arancia che servono a pompare carboidrati durante la corsa.
Il ginocchio, in tutto ciò, ogni tanto mandava segnali, ma nulla di preoccupante. Solo verso sera, con la stanchezza della giornata addosso, è ridiventato fastidioso. Ma la soluzione oramai è bell'e pronta. Antico amaro alle erbe e pomata.

Domenica mattina alle ore sette aspettavo con impazienza due compagni di avventura. Carichiamo tavole, sci, zaini e, fatte due battute sulla bottiglia di Cabernet che si può sempre trovare nella portiera della mia macchina, partiamo alla volta di Madesimo. Lasciamo Milano sotto la neve, arriviamo sulla neve sotto un gran Sole. All'una mega piatto di pizzoccheri. Metà della Valtellina, metà della Valchiavenna. La libidine suprema, da soli valgono la levataccia.
All'improvviso, verso le tre e mezza, qualcosa inizia a tirare là sotto. Mi spiace davvero, ma non è un doppio senso; è il ginocchio che inizia a farsi sentire. Non è dolore e vado avanti fino a fine giornata. Solito rito voodoo e, arrivato a casa, ingollo amaro e mi spalmo di crema.

Peccato che non abbia funzionato granché. Oggi le scale le faccio male, il ginocchio non sopporta le sollecitazioni e stamattina, mentre andavo in Tribunale, era dolente. Sono sicuro che domani non farà più male, ma la Maratona non perdona. Così ho preso la decisione di chiamare un ortopedico. E la sua professionale segretaria mi ha fissato l'appuntamento.

Dita incrociate

p.s. Domani mattina, comunque, vado a fare corsetta.

Beer / Grylls (storia di un weekend a due facce)

Il sabato lo liquidiamo in un paragrafo: sveglia alle 8, precipitarsi alla new Bionda's Mansion (di cui ambisco a diventare l'onnipotente Hugh Hefner in vestaglia intarsiata e babbucce viola) per sovrintendere ai lavori di ristrutturazione, rimbalzare all'Ikea, lottare per due mensole e una lampada, casa, partita del Toro. Un calvario a salire. La serata è finita in birra, non poteva essere altrimenti. Molta Birra. Quasi tutta birra Singha, che evoca viaggi in Thailandia con cinque donne, estate 2006. Allora sì che ero Hugh Hefner, cazzo.

Se il sabato è stato Beer, la domenica doveva necessariamente essere la sua nemesi. Doveva essere Grylls. Dopo questa affermazione roboante, un post di Carlo sarebbe necessariamente continuato a tono, tipo "Sveglia alle 6, buio, vampiri". Non è andata così, fughiamo subito i dubbi.
Sveglia a mezzogiorno, colazione a letto con spremuta, toast, yogurth. Io la vedo così, la corsa bisogna godersela, soprattutto la domenica: se diventa un dovere è finita.

Ieri, per altro, il godimento era doppio: a Milano c'era il blocco del traffico. Io odio le automobili, odio vederle tutte in coda in serpentoni claustrofobici, odio vedere la gente incapsulata lì dentro ad ascoltare Fabio Volo, scaccolarsi e bestemmiare. Io sottopongo la mia ragazza ad estenuanti
viaggi artici su uno Scarabeo smarmittato che presto tirerà le cuoia e si meriterà un funerale di Stato. Scusa, la bionda. Io, appena lei non c'è, salto sulla bici e l'Artico lo affronto in solitaria, spingendo sui pedali e traendone una sensazione di libertà inspiegabile.
Io, ieri, ero felice.
Abbandono il letto coniugale ed esco. Oggi non è giornata da parchi, navigli, piste ciclabili, nemmeno marciapiedi. Oggi si corre in strada, in mezzo alla carreggiata, con spocchia inaudita. Oggi ci si sposta solo quando passano i taxi e gli autobus. Oggi devo fare 28 km e mi riprenderò Milano, per un giorno.
Circonvallazione interna, correndo contromano nella corsia riservata. Corso Venezia in contromano, sull'asfalto, guardando in faccia la Porta che si avvicina. All'inizio di Buenos Aires incrocio finalmente un altro runner sovversivo, che procede in mezzo alla carreggiata. Siamo i maschi alfa della circolazione urbana, oggi. La dominiamo con la spocchia e la sensazione di superiorità sugli altri che in un giorno normale puoi leggere solo nei volti di quelli che guidano i Suv, se non hanno i vetri oscurati. Oggi i Suv siamo noi. Se avessimo un clacson lo suoneremmo per salutarci.
Svolto in via Casati, futura location della Bionda's & Girola's Mansion. Quando vivremo là non dovrò solo cambiare residenza, ticket parcheggio e supermercato di riferimento. Dovrò anche cambiare Naviglio e per un runner non è facile. Decido quindi che oggi testerò la distanza tra via Casati e la Martesana, il candidato principe alla sostituzione. Sono 3 km. Corsi, ovviamente, in mezzo a Melchiorre Gioia.
Torno indietro. Isola, Garibaldi, Monumentale. Arrivo in Chinatown. E' veramente piena di cinesi, è tutto vero come dicono. Ciò non toglie che la presenza più esotica sia io, con la mia mise abituale da Black Sperm. Arrivo all'Arco della Pace. Penso per un attimo al Parco Sempione, ma mi ripeto il mantra con cui ho iniziato l'allenamento: oggi si corre in strada, i parchi ce li teniamo per quando dovremo tornare nelle catacombe, quando ricominceranno le persecuzioni dei tiranni a quattro ruote.
Con coerenza, mi piazzo nel centro esatto di Corso Sempione. Mi ricorda la mia prima gara, la Mezza a Milano l'anno scorso, con la differenza che oggi sono da solo e nessun idiota suona il clacson dalle vie accanto perchè vorrebbe attraversare il corso invaso dai podisti e bloccato dai vigili. Oggi gli idioti sono a casa a scaricare l'inattività su Gran Turismo, con la Playstation. Scaccolandosi, probabilmente.
Guardo il gps, manca ancora parecchio alla meta. Taglio verso la Fiera.
In Piazza Giulio Cesare un anziano mi vede arrivare, si sposta leggermente e mentre passo si mette sull'attenti, mi fa un saluto militare portandosi la mano alla fronte, mi sorride e mi augura buona corsa. Poteva succedere solo in una domenica come questa. Torno verso il centro, sempre improvvisando i percorsi con una libertà totale. Decido di portare l'attacco al cuore dello Stato e di puntare su Piazza Duomo. Ci arrivo, ed è il 24esimo chilometro della mia Reconquista urbana. Ne mancano solo 4, la vittoria è in pugno, gli automobilisti piangono nei loro garage, come coppe dell'olio forate. Rallento, perchè il mio entusiasmo solitario da Io sono Leggenda mi ha fatto correre molto più veloce di quanto avrei dovuto e adesso avverto qualche dolore alla gamba sinistra. Chiudo (il percorso) piantando le mie bandierine in Via Larga e Porta Romana. Apro (la porta di casa) e trovo questo:

Pasta al forno, tonno scottato in sesamo e pistacchi, peperoni. Ne è valsa la pena, anche stavolta. Grazie, la bionda.
E per finire, un appello a tutti voi: questa settimana alzate i riscaldamenti a palla in casa, usate la macchina anche per pisciare il cane, sgasate ai semafori e sfidate quelli che vi guardano negli occhi. Lasciatela accesa in doppia fila per ore e ore. Vi prego, sono serio. Lo farò anch'io, svegliando dal letargo la mia Mini.
Regalatemi un'altra domenica di blocco, tutta da correre, e vi abbuono il regalo per il mio prossimo compleanno.

La vera iniziazione

Ciao come state?
Passato un buon we?
…che silenzio, fate i timidi? Ok ho capito, inizio io.
Ieri, prima domenica di blocco delle auto, ho avuto la mia seconda volta outdoor, ma la mattina non era iniziata nei migliori dei modi.
Un mal di testa martellante assieme a un malessere interiore di ispirazione azteca mi avevano dato il buongiorno alle 9,30 del mattino. Per il mal di testa ho seguito il mio solito metodo ampiamente collaudato, bicchiere di spremuta di arancia, mentre per il resto, ho solo potuto aspettare che le acque si calmassero. E quindi bello tranquillo mi sono messo a decidere dove sarei andato a correre. Perchè non sapevo quanto avrei dovuto aspettare ma sapevo che sarei andato. Non potevo paccare. Alla fine dopo aver pianificato vari tragitti, ho deciso che avrei dovuto dare una seconda possibilità al Monte Stella e così, aggiungendo uno strato per via della pioggia, sono uscito.
Bello correre per strada e non essere relegato ai marciapiedi, bello vedere il paesaggio che cambia e non avere uno sfondo fisso come sul tapis, ma soprattutto sono stati belli tutti gli scambi di sguardi con gli altri.
Non so spiegare questa sensazione, ma mi piace pensare che tutte le volte che incontravo qualcuno e ci scambiavamo uno sguardo, seppur di sfuggita, guardandomi capissero che ero uno nuovo della cricca ed erano sguardi di approvazione. Lo so è una cosa strana, ma mi è piaciuto davvero tanto essere li nel parco sotto la pioggia a correre, assieme ad altra gente che non conoscevo. È come se ieri sia stata ufficializzata la mia appartenenza a un gruppo. E nonostante io faccia ancora tanta fatica, e questo alle volte mi fa pesare il dover uscire e andare a correre, penso che ieri io abbia avuto davvero la mi iniziazione.

Solo sotto la pioggia, su strade deserte con nelle orecchie della musica a palla, che non è ancora perfetta, ma stiamo migliorando anche li.
Cavolo non sembro un vero runner da spot pubblicitario?