E' un po' che non scrivo.
Il motivo è che sono profondamente amareggiato. L'amarezza nasce dalla constatazione che il lavoro e l'impegno non sempre premiano. Ne ha scritto Valerio. E siccome il desiderio è di essere, per quanto possibile, brillanti ed accattivanti, il mood non è dei più adatti per lo stile prefissato. Ma c'è anche altro, che dà ragione di esistere all'amarezza, e che merita di essere raccontato. Come sempre c'è la corsa, è lo sfondo.
Ho passato un'estate meravigliosa.
Due mesi e quindici giorni lontano dal lavoro. Due mesi e quindici giorni sui libri, sui codici. 75 giorni di puro studio. Senza il mare, senza discoteche, alcool e feste. Eppure due mesi bellissimi. Perché ho avuto modo di conoscere, per convivenza "forzosa", Valerio, Diletta (la donna più fortunata del mondo), Ilaria, e tanti altri con cui ho condiviso giornate e serate surreali, quasi iperrealistiche, tanto vive e ciascuna importante, fondamentale, imprescindibile per il risultato finale.
Due mesi di maglietta e pantaloncini. Di infradito. Di barbe sfatte al punto da fare il giro e diventare colte. Due mesi di sudore. Sudore della fronte, e testa pesante e intontita. E sudore che lava via la pesantezza. Corse a perdifiato. Da ammazzarsi di fatica.
Ricordi di caffè mattutini, portati al compagno che faceva la fila per il posto in biblioteca. Ricordi di succhi di frutta e plumcake, "così quando ti viene fame non ti devi alzare". Ricordi di partite a Scarabeo, con il tramonto sui monti sopra Lecco (le mie prime in assoluto, ci voleva un campione per farmi giocare, finalmente). Ricordi di sigarette nel cortiletto della biblioteca. Ricordi di Loacker.
Chiacchiere, parole, ricordi, progetti sono andati avanti e indietro. Un continuo rimbalzo. E invece, strano per due runner, mai una corsa assieme. Quando correva Valerio, io stavo fermo. E quando correvo io, viceversa. Tranne una, trionfale, a Luglio. Dopo sedici chilometri di città, abbiamo tagliato per primi, assieme, un traguardo. Poi la corsa è rimasta cosa di una nostra dimensione personale. Per me uno strumento per mantenere la tensione entro limiti accettabili.
Ci siamo separati solo alla fine. Durante gli ultimi dieci giorni prima del suo esame. Tempi di preparazione diversi. Proprio come per la corsa: due runner che preparano la stessa distanza, ma per date diverse, non potranno mai allenarsi assieme. Farsi compagnia si, darsi forza e sostegno a vicenda sì, ma non fare gli stessi allenamenti. E così è stato per lo studio. Il mio esame era quindici giorni dopo. Su due mesi e mezzo sembra un'inezia. Ma le 20.000 pagine accumulate, tra letture e riletture, in quei quindici giorni finali, danno un'idea della distanza che ci separava.
I miei ultimi quindici giorni parlano di Ilaria. Della stanza occupata da un tavolo, due sedie, e tanti libri. Del sole che entra di sbieco. Della sua ferma pazienza nel rimandarmi indietro le minchiate giuridiche. Della sopportazione e del sostegno di Lucia e Vanessa. Delle granite al caffè, e degli aperitivi alla coca cola (senza ghiaccio). Di Michele che ci preparava da mangiare.
Per un poco sono anche riuscito a correre, la mattina presto, poi mi sono spezzato. Primo segno di cedimento fisico. Infine è arrivata la febbre, ma ho retto sino al giorno dell'esame. Adesso, a distanza di venti giorni circa, la febbre non è ancora andata via e sono sotto antibiotici.
Non corro da trenta giorni circa. Per l'esattezza dal 19 settembre. Settimana prossima tornerò a correre, per lasciare indietro amarezza e, forse, anche febbre.
Grsnde Charles...
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