Emozionati, timorosi e intirizziti come i sopravvissuti ad un day after post nucleare, i runners milanesi ieri hanno aperto la porta dei loro bunker e per la prima volta hanno rivisto il sole.
Il braccio, steso fuori dalla finestra a captare le condizioni climatiche, restituiva un ulteriore segnale: non c'era solo il sole, era un sole caldo, autentico.
Era quasi mezzogiorno quando con estrema calma e inedita fiducia avevo deciso di uscire dal letto per affrontare il lungo della domenica, che ieri misurava 24 km. In quel momento è arrivato il terzo segnale che, insieme al sole e al braccio-termometro, mi ha convinto che fosse finalmente arrivata la domenica che aspettavo da mesi. Era un messaggio e arrivava dal Piovono Runner Nizza che, con spirito pionieristico, era già uscito di casa e aveva già chiuso la sua corsa (tra l'altro complimenti per i miglioramenti, fratellino!). Anche lui, tra lo stupefatto e l'entusiasta, quasi con la paura di rompere l'incantesimo meteorologico, mi sussurrava che era una giornata quasi primaverile, quasi calda, quasi da maglietta a maniche corte.
Quasi mi commuovo.
E' il momento di armarsi di picozza, infilare la testa nell'armadio e andare a scrostare dal fondo la tenuta estiva da corsa, seppellita da mesi di disoccupazione e di monopolio della tutina integrale da black sperm.
Eccomi, modello numero 4, Girola:
Memore della precisione quasi svizzera con cui mi prendo un raffreddore ad ogni avvisaglia di cambio di stagione (Un grande classico: alè, fa caldo, giro nudo. Due giorni dopo rantolo e respiro come un tabagista centenario), mi concedo ancora la prudenza di un gilerino smanicato. Per il resto pantaloncino Nike con banda fluorescente della stessa nuance delle scarpe (devo smetterla di guardare Real Time con la Bionda, il mio vocabolario virile ne sta risentendo) e maglietta tecnica guadagnata con il sudore alla Mezza Maratona di Asti dell'anno scorso.
In tasca l'ipod touch con fotocamera, perchè la giornata va immortalata.
Come dicevo, ieri mi toccavano 24 km. La tabella, prudente, consigliava di farli a 5'20'' al km. Consiglia sempre di fare i lunghi a 5'20'' km. Bah.
In testa avevo un percorso a tema. Anzi, a due temi. Il primo erano i parchi, volevo attraversarne il più possibile, il secondo era il Memorial Carletto, ovvero il transito attraverso i luoghi dove di solito corre lui, una specie di via crucis per propiziare la sua guarigione.
Sono partito, al solito, dal mio parco delle Basiliche. Stretching e riscaldamento, con questa vista:
Esco e mi dirigo verso Porta Genova. Addocchio un paio di ristorantini da provare in Via Vigevano, ma sposto subito il pensiero altrove, memore dei mostri che può partorire la sovrapposizione di pensieri podistici e culinari.
Via Tortona mi aspetta al di là dei binari e mi porta verso via Bergognone. Da lì tutto dritto fino in Piazza Giulio Cesare, attraversando Piazza Piemonte, Wagner e Buonarroti. Pista ciclabile, quella che ho fatto centinaia di volte sulle due ruote, quando vivevo in zona Fiera/San Siro, e che un po'per questo le voglio bene (frase sgrammaticata, ma più affettuosa) fino a Lotto. Da lì si punta alla Montagnetta di San Siro, prima tappa del Memorial Carletto. Arrivato lì, con la gamba giusta e gli stimoli solari, decido di tentare una cosa mai fatta: arrivare in cima. Mi inerpico cercando di non abbassare il ritmo della corsa, accompagnato dalla fatica nei muscoli e dall fitte di invidia per quelli seduti sulle panchine, al sole, a sfogliare il giornale. Arrivo in cima. Se Milano fosse una città decente, la vista sarebbe meravigliosa. Ma chissenefrega, tra due settimane mi guarderò Roma dall'Aventino.
Per ora mi accontento di questo. Almeno lui è bello:
(é San Siro quella roba che emerge dal nulla meneghino)
Scendo dalla Montagnetta e la fiaccolata per chiedere la restituzione di Carletto al mondo della corsa mi spinge verso il Parco di Trenno, popolato di runner, passeggini e soprattutto animato da un serissimo torneo di calcio tra indiani/cingalesi (scusatemi, correvo e non mi sono soffermato sulle sfumature etnico antropologiche), con tanto di arbitri e folto pubblico.
Seguo il serpentone degli interisti senza emozioni o ribrezzo (il mio essere granata mi rende indifferente ai flussi calcistici domenicali) e arrivo a San Siro, nell'ora in cui la zona va
popolandosi. Dribblo polizia, chioschi e soprattutto giapponesi con la maglia di Nagatomo. Ne avrò visti almeno 20 e li ho trovati abbastanza surreali, ma quando la sera ho scoperto che il loro idolo aveva segnato ero contento, devo ammetterlo.
Punto nuovamente verso Lotto, taglio il Portello e arrivo al Velodromo. Inizio a essere perseguitato dalla sete, ma è un segno che fa caldo e sono quasi felice. Non mi fermo e sprinto verso il Sempione. Conosco già le sue insidie, il suo luna park e il suo zucchero filato, e questo mi aiuta a prepararmi all'agguato.
Anche qui non resisto e immortalo una Milano con dei colori che non vedo da troppo tempo:
Già che ci sono bevo anche alla fontanella. Va bene essere stoici, però...
Chiudo il mio tour girando attorno al Castello e attraversando i picnic delle badanti ucraine.
Il gps segna 24 km in circa due ore. Giro perfetto, gamba perfetta, tempo perfetto.
Ne avevo davvero bisogno, dopo le ultime settimane.
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