"Ciao mi chiamo Carlo, e sono 6 giorni che non corro", intorno a me facce sorridenti e compiacenti, il Tutor mi dice "Bravo Carlo, hai fatto bene a dire tutto, siamo qua apposta per condividere le nostre esperienze".
Il posto è uno strano mix tra una clinica post futurista in cui tutto è studiato per ispirare calma e serenità, e gli stanzoni squallidi in cui si riunivano i gruppi di auto-aiuto di Fight Club. Quasi mi aspetto di vedere il Pinguino guida alzarsi e, sollevata una pinna, prendere la parola.
Poi mi sveglio.
Faccio una riflessione brevissima sul mio stato di salute mentale e decido che è meglio soprassedere. Segue altrettanto breve riflessione sullo stato di salute fisica. Perché se corpo e mente sono reciprocamente influenzati, allora la situazione è quantomeno compromessa. Meglio non soffermarsi.
Non ho sentito suonare la sveglia, e ne deduco che non sono ancora le sei e quaranta. Il display del cellulare me ne dà conferma. Le sei e trentanove. Trovo curiosa la capacità del nostro corpo di essere così inconsciamente preciso. Mentre tento di elaborare un pensiero più completo sul tema, inizia a vibrarmi in mano il cellulare e poi parte la sveglia. Abbandono il pensiero lì, a metà, e non lo riprendo più.
Comunque sia, stamattina era stata battezzata da tempo come quella del ritorno. E così è stato. Mi sono reso conto che era passato molto tempo dall'ultima corsa perché non trovavo le scarpe. Non so bene come mai, ma gli oggetti, in casa mia, occupano uno spazio più o meno visibile in modo direttamente proporzionale alla loro frequenza di utilizzo. Dopo sei giorni tendono a diventare sfondo omogeneo. Dopo qualche ricerca ho recuperato le scarpe e sono uscito.
Strana sensazione correre con la luce.
Il buio nasconde la città, la nebbia circoscrive il tuo campo di esistenza. Oggi, invece, la vista poteva spaziare libera per centinaia di metri senza ostacoli. E finalmente non faceva freddo, era ora. Da almeno tre settimane ero entrato in sofferenza da freddo. Non ce la facevo proprio più. La primavera sta bussando alle porte, e speriamo che varchi definitivamente l'uscio il prima possibile.
In conclusione una mezz'oretta in tutto per riprendere a correre, per l'ennesima volta, dopo l'ennesimo infortunio. E Roma, da miraggio che era diventata, torna ad essere un luogo reale, raggiungibile. Conquistabile.
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